Lo stato legittimo dell’immobile coincide con lo stato di fatto (o di partenza) di un progetto edilizio poi assentito?

28 Gen 2022
28 Gennaio 2022

L'articolo 9-bis del DPR 380/2001 disciplina la documentazione amministrativa e lo stato legittimo degli immobili.

L'art. 10, comma 1, lett. d, n. 1, del d.l. n. 76/2020 (convertito in Legge 11 settembre 2020, n. 120) ha aggiunto ad esso il comma 1-bis, il quale dispone quanto segue:

"1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia".

A qualcuno farebbe piacere e comodo interpretare tale disposizione nel senso che la rappresentazione dello stato di fatto (vale a dire quello di partenza, prima del nuovo intervento) di un immobile contenuta nel progetto allegato alla richiesta di un abilitativo edilizio (il più delle volte per un intervento limitato e parziale), sebbene non assistita da un precedente titolo legittimante (e, quindi, l'edificio di partenza sia nato più o meno abusivo), si possa considerare “stato legittimo”. Per esempio, nel 1968 è stato realizzato un edificio difforme dalla licenza edilizia; nl 1990 poi è stato presentato e assentito un progetto per un intervento di manutenzione del tetto oppure per la costruzione di un garage e in questo progetto è stato rappresentato in modo onesto l'edificio come davvero era (quindi con l'abuso): qualcuno vorrebbe che questa "autodenuncia"  non rilevata all'epoca dal Comune, che ha rilasciato  nel 1990 il titolo per il nuovo intervento parziale, valesse come "stato legittimo".

Con l’innovazione del comma 1-bis  il legislatore ha inteso semplicemente chiarire che lo «stato legittimo dell’immobile» è quello corrispondente ai contenuti (cioè a quello che è stato espressamente autorizzato) dei sottesi titoli abilitativi, relativi non solo alla sua originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative.

Questo anche perché, se altro il legislatore avesse inteso stabilire, e cioè se avesse ricollegato portata totalmente abilitante al titolo «che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o
unità immobiliare», a prescindere dalla relativa portata, avrebbe surrettiziamente introdotto una sorta di sanatoria implicita per tutti i manufatti assistiti di titolo abilitativo, seppure non sufficientemente (e interamente) legittimante. (Sentenza TAR Campania - Salerno n. 1577 del 2021)

Post di Daniele Iselle

Sentenza TAR Campania - Salerno 1577 del 2021

2 replies
  1. Avv. Andrea Faresin says:

    Segnalo che, invece, il T.A.R. Emilia Romagna, Sez. Bologna, con sentenza 31.08.2021, n. 773, ha stabilito che l’art. 9-bis, co. 1-bis, del T.U. dell’Edilizia consente di attribuire efficacia sanante – e cioè di legittimazione dell’effettiva consistenza dei volumi edilizi – al condono rilasciato per il solo cambio di destinazione d’uso di tali volumi (i quali erano stati realizzati in difformità dall’originaria licenza).

    In tale sentenza, infatti, si è esposto quanto segue:
    “2. L’ulteriore questione afferisce alla portata del condono edilizio del 1986.
    2.1 Il Comune afferma che esso ha avuto ad oggetto – oltre alle autorimesse (evocate dall’ordinanza impugnata del 28/8/2020) – il cambio d’uso della stalla/fienile e della porcilaia a magazzino e ripostiglio: rispetto a quest’ultimo, la licenza originaria del 1958 avrebbe previsto – per la costruzione della stalla/fienile – dimensioni maggiori rispetto al manufatto sanato per cambio d’uso.
    2.2 Come già rilevato nell’ordinanza cautelare di accoglimento, il Collegio è dell’opinione che la sanatoria di un minus rispetto a quanto assentito nel 1958 non si ripercuota sulla pratica edilizia (SCIA) depositata dalla parte ricorrente, alla luce dell’art. 9-bis del DPR 380/2001 che descrive il cd. “stato legittimo dell’immobile”, in base al quale deve essere valorizzato il provvedimento di condono”.

    Andrea Faresin

    Rispondi
  2. Anonimo says:

    Non capisco. È sempre stato così anche prima dell’ art 9bis, si è sempre verificato, e se non si è fatto non voleva dire che lo stato ante era legittimo… Se non si è mai preso atto delle opere abusive e sanate, non sono mai legittimati… Per questo, almeno nel nostro ufficio abbiamo sempre fatto scrivere stato di fatto e non stato legittimato, a limite che coincidevano… Giglio

    Rispondi

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