Norme sulle distanze: d.m. 1444/1968 e previsioni comunali contrastanti

31 Mag 2023
31 Maggio 2023

Il Consiglio di Stato ha affermato che l’art. 9 d.m. 1444/1968 è una norma imperativa – e, quindi, inderogabile – volta a predeterminare in via generale le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, che integra il regime delle distanze nelle costruzioni con efficacia precettiva.

Per l’effetto, le previsioni urbanistiche comunali contrastanti con tale norma sono illegittime e, perciò solo, sono disapplicate dal G.A. che conosca dell’impugnazione del titolo edilizio emesso sulla loro base, il quale, in omaggio al criterio di gerarchia delle fonti, applica la norma di livello superiore.

La distanza minima è imposta per qualsiasi forma di nuova costruzione da effettuarsi in tutto il territorio comunale, soggiacente, come tale, sia al regime di nuova costruzione (strictu senso, nuovi edifici; ampliamenti, sopraelevazioni, addizioni volumetriche, superficie), sia al regime ricostruttivo (lato sensu, demolizione e ricostruzione, integrale o parziale di edifici, traslazione volumi e area di sedime; modifiche di sagoma, anche a parità di volume, modifiche planivolumetriche).

Le uniche eccezioni sono: a) gli interventi di risanamento conservativo; b) le ristrutturazioni di edifici situati in Zona A, dove le distanze tra edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale; c) i gruppi di edifici che formano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con specifiche previsioni planovolumetriche; d) la particolare deroga prevista per finalità di risparmio energetico (cappotto termico).

A fronte di questo, l’art. 2-bis d.P.R. 380/2001 consente, nel quadro dei principi che informano la potestà legislativa concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio, la possibilità di prevedere con normazione a livello territoriale, a determinate condizioni, disposizioni derogatorie al d.m. 1444/1968.

Nel caso di specie, il Consiglio ha disapplicato le norme del P.R.G. di un Comune pugliese, nella parte in cui derogavano alle distanze minime di cui all’art. 9 d.m. 1444/1968 in assenza di una legislazione regionale che legittimasse i Comuni a prevedere siffatte deroghe.

Post di Daniele Iselle

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1 reply
  1. Anonimo says:

    Mi pare che la norma della regione veneto nella parte in cui derogava alle distanze minime di cui all’art. 9 d.m. 1444/1968 sia stata dichiarata incostituzionale per i singoli interventi- Per cui mi appare difficile che una legislazione regionale possa legittimare i Comuni a prevedere siffatte deroghe. Salvo le eccezioni, che comunque già sono previste per legge-

    Rispondi

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