Chi è il proprietario della cappella gentilizia dedicata alla famiglia del santo papa Pio X?
La sentenza del TAR Veneto n. 1002 del 2014 esamina la questione circa la proprietà di tale cappella, giungendo alla conclusione che spetta al giudice ordinario la decisione in materia.
L'occasione della controversia è rappresentata da una deliberazione della giunta comune di Riese Pio X che afferma che la cappella rientra nel patrimonio indisponibile del Comune, mentre la famiglia Sarto (parenti del Sommo pontefice e santo Pio X) ritiene di esserne la proprietaria superficiaria.
Scrive il TAR: "appare palese come tale delibera non comporti alcuna determinazione autoritativa di tipo espropriativo od acquisitivo con riferimento alla cappella gentilizia della famiglia Sarto, trattandosi, invece, di un atto meramente ricognitivo o interpretativo degli effetti della concessione, rilasciata dal Comune di Riese alla famiglia Sarto, nel lontano 1913, al fine di costruire all’interno del cimitero una tomba di famiglia. E, d’altra parte, dalle premesse della delibera comunale impugnata si ricava come essa non trovi la propria causa giustificativa in una legge attributiva di un potere, ma sia occasionata dalla volontà di fornire una risposta alla richiesta di chiarimenti rivolta al Comune da Battista Parolin, e ciò al fine di dissipare “quei dubbi che mi risultano essere di recente sorti in relazione alla disponibilità e alla proprietà dell’immobile”. Per l’appunto, il Comune, con la delibera impugnata, ha dichiarato che l’area cimiteriale interessata dalla costruzione, e la tomba ivi eretta come monumento alla memoria di Pio X, sono sempre rimasti nella piena titolarità del Comune come beni del patrimonio indisponibile. Viceversa, Battista Parolin, con il presente ricorso, sostiene che la famiglia Sarto, dalla quale egli discenderebbe, godrebbe, in virtù della concessione del 1913, di una proprietà superficiaria sulla cappella gentilizia in questione, il cui accertamento dovrebbe costituire la vera sostanza del presente giudizio. E’allora evidente come il ricorrente non riceverebbe alcun vantaggio immediato e concreto dall’annullamento della delibera in questione, e come, d’altro canto, l’esame della consistenza effettiva delle posizioni giuridiche delle parti porti ad individuare una situazione di natura prettamente civilistica, che vede le parti in posizione del tutto paritaria nonostante la qualità di ente pubblico di una di loro, essendo oggetto di controversia, non l’esercizio del potere amministrativo, ma lo status proprietario di un determinato bene immobile. Ne consegue che le pretese del ricorrente potranno eventualmente trovare adeguata soddisfazione attraverso l’esperimento, dinanzi al giudice civile, di un’azione di accertamento o di altra azione a tutela del diritto di proprietà".
Dario Meneguzzo - avvocato
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