Trattamento economico dei lavoratori in quiescenza che entrino negli organi delle Camere di commercio

20 Mag 2025
20 Maggio 2025

L’art. 5, co. 9 d.l. 95/2012, come convertito dalla l. 135/2012, vieta alle PP.AA. e alle Autorità indipendenti di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza, nonché di conferire loro incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle PP.AA. e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli ordini, dei collegi professionali, dei relativi organismi nazionali e degli enti aventi natura associativa, in quanto non gravanti sulla finanza pubblica. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a due anni, non prorogabili né rinnovabili, presso ciascuna P.A. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall’organo competente della P.A. interessata. Gli organi costituzionali si adeguano nell’ambito della propria autonomia. Per le fondazioni lirico-sinfoniche, il divieto di conferimento di incarichi si applica al raggiungimento del settantesimo anno di età.

Si discuteva se tale divieto potesse applicarsi anche alle Camere di commercio, essendo enti di natura associativa che si mantengono con risorse proprie.

A tagliare la testa al toro era intervenuto un parere della Sezione consultiva del Consiglio di Stato, a favore dell’applicabilità del divieto.

Si segnala però che l’art. 13-bis, co. 2 d.l. 25/2025, come recentissimamente convertito dalla l. 69/2025, cd. decreto P.A. del 2025, recita: “Ai componenti degli organi degli enti di cui all’articolo 1 della legge 29 dicembre 1993, n. 580 [cioè le Camere di commercio e le loro Unioni, n.d.r.], non si applica comunque il divieto di cui all’articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135”.

La parola “comunque” potrebbe rivelare l’intenzione del legislatore di porre fine al dibattito creatosi.

Post di Alberto Antico – avvocato

parere CdS n. 1329-2024

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