Per l’art. 21-octies, c. 2, L. 241/90 spetta alla P.A. provare che l’avviso di avvio del procedimento sarebbe stato inutile, ma il TAR indica un onere implicito per il ricorrente

22 Ott 2014
22 Ottobre 2014

L’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 stabilisce che: il “provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Ma il TAR Emilia Romagna ritiene che la norma in esame vada interpretata nel senso che il privato non può limitarsi a lamentare la mancata comunicazione di avvio, ma deve anche quantomeno indicare o allegare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione con la conseguenza che solo dopo che il ricorrente ha adempiuto questo onere di allegazione (che la norma implicitamente pone a suo carico) l’Amministrazione sarà gravata dal ben più consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato.

Si legge nella sentenza n. 946 del 2014: "Quanto, poi, alla denunciata inosservanza della disposizione generale di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990, il Collegio riconosce come la ricorrente, espressamente presa in considerazione dal provvedimento impugnato, rientri quanto meno nella fattispecie di cui alla seconda parte del comma 1 (“…qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento”). Va però anche considerato che, a norma dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 – disposizione introdotta nel 2005 ma applicabile anche ai giudizi instaurati precedentemente (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre 2012 n. 4925) – il “provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora  l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”; e secondo un orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide, se è vero che tale norma pone in capo all’Amministrazione (e non al privato) l’onere di dimostrare, in caso di mancata comunicazione dell’avvio, che l’esito del procedimento non poteva essere diverso, è altresì vero che, onde evitare di gravare l’Amministrazione di una probatio diabolica (quale sarebbe quella consistente nel dimostrare che ogni eventuale contributo partecipativo del privato non avrebbe mutato l’esito del procedimento), la norma in esame va interpretata nel senso che il privato non può limitarsi a lamentare la mancata comunicazione di avvio, ma deve anche quantomeno indicare o allegare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione, con la conseguenza che solo dopo che il ricorrente ha adempiuto questo onere di allegazione (che la norma implicitamente pone a suo carico) l’Amministrazione sarà gravata dal ben più consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato, sicché ove il privato si limiti a contestare la mancanza di avviso, senza nemmeno allegare le circostanze che intendeva sottoporre all’Amministrazione, il motivo con cui si lamenta l’omessa comunicazione di avvio del procedimento deve ritenersi inammissibile (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 20 agosto 2013 n. 4192 e 29 aprile 2009 n. 2737).

Nella fattispecie, allora, risulta decisiva la circostanza che la ricorrente ha tralasciato di indicare gli elementi di giudizio che avrebbe segnalato all’Amministrazione in caso di partecipazione al procedimento, e ciò di per sé osta all’accoglimento della censura, dovendosi precisare che, ancorché il ricorso sia stato formulato prima della novella del 2005, al suddetto onere di allegazione la ricorrente ben avrebbe potuto provvedere nel corso del giudizio – anche a mezzo di semplice memoria difensiva –, ma che ciò non ha fatto, così implicitamente ammettendo di non avere elementi concreti da addurre".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Emilia Romagna 946 del 2014 

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