Sanzione ex art. 26,comma 2, c.p.a. nel caso di lite temeraria e mancanza di sinteticità degli scritti difensivi
Il Consiglio di Stato con la sentenza in n.3210/13 ha rilevato l’inammissibilità del ricorso proposto poiché il ricorrente, nel caso di specie, aveva inteso rimettere in discussione una sentenza proponendo un ricorso per revocazione di cui erano palesemente insussistenti i presupposti, pertanto aveva rilevato il carattere temerario dell’azione.
Conseguentemente condannava il ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato ex art. 15 delle norme di attuazione del c.p.a.
Il Consiglio di Stato con la suddetta sentenza ha evidenziato che in base all’ar. 26, comma 2, c.p.c. nel testo novellato dal d.lgs. n. 195 del 2011, entrato in vigore l’08.12.2011 “Il Giudice condanna d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio”.
Ciò costituisce una previsione normativa di chiusura dell’ordinamento processuale amministrativo che consente di approntare , in via generale e residuale, un’adeguata reazione alla violazione del principio internazionale e costituzionale del giusto processo, espressamente richiamato dall’art. 2, comma 1, c.p.a.. Si evita così che norme prescrittive di oneri ed obblighi siano prive di sanzione.
Va rilevato, inoltre, che la sanzione prevista dall’art. 26, comma 2, c.p.a. prescinde da una specifica domanda, nonché dalla prova del danno subito, ed il suo gettito, commisurato a predeterminati limiti edittali, è destinato al bilancio della giustizia amministrativa, atteso che lo scopo della norma è quello di tutelare la rarità della risorsa giustizia, un bene non suscettibile di usi sovralimentati o distorti, soprattutto a presidio dei casi in cui il suo uso è davvero necessario.
Il consiglio di Stato ha anche evidenziato che a sanzione prevista dall’art. 26, comma 2, c.p.a. può essere applicata anche nel caso di violazione del dovere di sinteticità sancito dall’art. 3, comma 2, c.p.a. , strumentalmente connesso al principio di ragionevole durata del processo (art. 2, comma 2, c.p.a.) , a sua volta corollario del giusto processo, che assume una valenza peculiare nel giudizio amministrativo caratterizzato dal rilievo dell’interesse pubblico in occasione del controllo sull’esercizio della funzione pubblica. La sinteticità degli atti, infatti, costituisce uno dei modi – e forse tra i più importanti – per arrivare ad una giustizia rapida ed efficacie. Nel caso in parola, infatti, si è anche ipotizzato la violazione del dovere di sinteticità degli atti di parte sancito dall’art. 3, comma 2, c.p.a., atteso che le tesi della ricorrente erano state esposte in un ricorso di 30 pagine, ed ulteriormente illustrate in due memorie, una di 10 e l’altra di 19 pagine, con la conseguente applicazione dell’art. 26, comma 1 , c.p.a., ma il Collegio ha ritenuto che tali atti, benchè sovrabbondanti, non costituissero ancora pienamente – allo stato dell’evoluzione giurisprudenziale sul punto – un’ipotesi di violazione del predetto dovere di sinteticità.
avv. Gianmartino Fontana
CDS sent.3210-13 lite temeraria e sinteticità scritti difensivi
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