Domanda: La presentazione di una SCIA in sanatoria (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), in cui si dichiara falsamente la conformità dei requisiti igienico-sanitari — ad esempio, finestre non adeguate o mancanti in un locale destinato a ufficio — può configurare un falso dichiarativo rilevante e, in certi casi, giustificare l’annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della L. 241/1990.
(…) le Regioni adeguano, entro il 9 maggio 2025, i contenuti informativi dei moduli unificati e standardizzati alle modifiche di cui al comma 1, in relazione alle specifiche normative regionali. I comuni, in ogni caso, adeguano la modulistica in uso sulla base delle previsioni del presente accordo entro il 23 maggio 2025.
La Regione Veneto ha già dato indicazioni sulle proprie scelte al fine dell’adeguamento?
Il mancato recepimento formale da parte della Regione non è solo una grave occasione mancata sul piano del coordinamento interistituzionale, ma costituisce un chiaro segnale di irresponsabilità amministrativa. L’assenza di una presa di posizione formale mina il ruolo di indirizzo che le Regioni sono chiamate a svolgere, alimentando incertezza e disorientamento operativo.
In sostanza, l’inerzia regionale non è una semplice omissione tecnica: è un atto che rallenta, distorce e, in alcuni casi, annulla l’efficacia dell’azione pubblica.
Significa lasciare Comuni, professionisti e cittadini senza un quadro regionale chiaro, senza strumenti attuativi condivisi, e senza un presidio istituzionale in grado di garantire uniformità e coerenza nell’applicazione.
In un contesto in cui è urgente agire con responsabilità e visione comune, non fare nulla equivale a rallentare l’attuazione e a delegittimarla.
Si tratta di provvedimenti fondamentali che consentono ai rispettivi Comuni di operare con chiarezza e coerenza, utilizzando modelli standardizzati e aggiornati, in linea con le modifiche normative introdotte dal “Salva Casa”.
I Comuni dovranno entro e non oltre il 23 maggio 2025 aggiornare la modulistica, inserendo in piattaforma le indicazioni fornite, necessarie per la presentazione dei 4 moduli, e non solo apponendo il loro logo.
Grazie regione per essersi adeguata nei tempi con le indicazioni fornite; in questo modo ha ridotto quegli spazi di discrezionalità interpretativa; ora avendo un quadro certo, non si rischia di ostacolare l’efficacia stessa della riforma.
A seguito di quanto disposto con l’Accordo del 27 marzo scorso in Conferenza Unificata, i Comuni hanno l’obbligo adeguare la propria modulistica a quanto approvato dalla Regione, entro il 23 maggio 2025, previo adeguamento regionale entro il 9 di maggio-
-Qualcuno ha notizie in merito alla regione Veneto?
Non so se sia sfuggito, oppure non sia stato adeguatamente valutato nei vari incontri e webinar svolti, ma nella modulistica attuale (presumibilmente in applicazione dell’art. 36-bis) è ora presente una voce – al punto 1.1.5 – che recita: “Opere realizzate in variante alla SCIA e che rientrano nella variazione essenziale ai sensi dell’art. 32.”
Tuttavia, va evidenziato che questa formulazione solleva alcune criticità interpretative. In particolare, non risulta coerente con quanto previsto dalla normativa: l’art. 32 fa riferimento infatti alle parziali difformità (per esclusione), mentre l’art. 31 disciplina le totali difformità. Ciò che manca, di fatto, è un criterio chiaro di graduazione che consenta di stabilire entro quali limiti una modifica possa ancora essere considerata una variazione essenziale, superando la parziale difformità ma senza sconfinare nella totale difformità.
La domanda che pongo, quindi, è la seguente: in quali casi una variante alla SCIA può configurarsi come variazione essenziale?
Immagino che il percorso corretto sia quello di partire ex ante, valutando preventivamente se l’intervento sia ammissibile, per poi considerare – alla luce dell’art. 32 – se la modifica rientri in una variazione essenziale (pur ricordando che lo stesso art. 32, di fatto, non definisce esplicitamente quali siano le variazioni essenziali).
Rispetto a questo scenario, la disciplina previgente (ex art. 37, comma 4) risultava certamente più chiara e semplice da applicare.
Se si supera la soglia della variazione essenziale (ammesso che sia possibile stabilirlo con certezza), ci si deve chiedere se si ricada nell’ambito dell’art. 36 (ipotesi di totale difformità, anche se probabilmente non è questo il caso, salvo che la variazione riguardi opere realizzabili con permesso di costruire) oppure nell’art. 37 (difformità o interventi eseguiti in assenza di SCIA).
Rimane tuttavia una perplessità di fondo: come mai una variazione essenziale, se valutata ex ante, impone il rilascio di un nuovo titolo abilitativo, mentre in sanatoria può essere assorbita senza l’emissione di un nuovo titolo?
Ipotesi pratica:
Immagino che sulle pratiche edilizie, lo Sportello Unico dovrà preliminarmente valutare se le difformità evidenziate presentano o meno i requisiti delle diverse fattispecie di tolleranza descritte. In caso di esito positive di tale valutazione, lo S.U. non dovrà assumere alcun provvedimento, prendendo atto in fase istruttoria che dette difformità non costituiscono abuso edilizio; in caso di esito negative, dovrà comunicare al private e al professionista incaricato le proprie valutazioni, nell’osservanza di quanto previsto dall’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 e, dopo aver esaminato le eventuali osservazioni ricevute, cosa dovrà essere comminato se vengono riscontate parziali difformità / variazioni essenziali? nella tolleranza rientra pure la c.d. Agibilità “sanante”,art. 34ter, c4, per cui come si fa a dichiarare la tolleranza in questo caso visto che questa fattispecie è molto difficile da documentare dai verbali di sopralluogo dei Comuni. Esempio: si dichiara in tolleranza una diversa conformazione dl tetto di copertura, non rilevato nel verbale, siamo nel campo delle tolleranze o delle difformità?
Una cosa che salta subito agli occhi: Nel modello CILA sono state inserite le tolleranze, ma senza fare riferimento ai titoli autorizzativi.
Ma se si attestano le tolleranze, vuol dire si è verificato lo stato legittimo o no? l’inclusione delle tolleranze non implica automaticamente che sia stato verificato lo stato legittimo dell’immobile?
Quindi, sarebbe opportuno migliorare il modello includendo anche il riferimento ai titoli autorizzativi per garantire una verifica completa e chiara della legittimità dell’immobile.
Si potrebbe eccepire e dire: la CILA non è un titolo abilitativo che presuppone una verifica del pregresso, né contiene un quadro sullo stato legittimo. Allora ci si chiede: che funzione ha questa nuova dichiarazione?
Piuttosto che il quadro sulle tolleranze, forse avrebbe avuto più senso inserire il nuovo quadro sullo stato legittimo (all’interno del quale si dichiarano le tolleranze).
Anche perché alla base, è opportuno ricordare un principio ormai consolidato dalla giurisprudenza amministrativa per cui lo “stato legittimo” è una condizione che sta alla base per avviare qualsiasi intervento edilizio, anche di manutenzione straordinaria.
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Domanda: La presentazione di una SCIA in sanatoria (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), in cui si dichiara falsamente la conformità dei requisiti igienico-sanitari — ad esempio, finestre non adeguate o mancanti in un locale destinato a ufficio — può configurare un falso dichiarativo rilevante e, in certi casi, giustificare l’annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della L. 241/1990.
(…) le Regioni adeguano, entro il 9 maggio 2025, i contenuti informativi dei moduli unificati e standardizzati alle modifiche di cui al comma 1, in relazione alle specifiche normative regionali. I comuni, in ogni caso, adeguano la modulistica in uso sulla base delle previsioni del presente accordo entro il 23 maggio 2025.
La Regione Veneto ha già dato indicazioni sulle proprie scelte al fine dell’adeguamento?
Il mancato recepimento formale da parte della Regione non è solo una grave occasione mancata sul piano del coordinamento interistituzionale, ma costituisce un chiaro segnale di irresponsabilità amministrativa. L’assenza di una presa di posizione formale mina il ruolo di indirizzo che le Regioni sono chiamate a svolgere, alimentando incertezza e disorientamento operativo.
In sostanza, l’inerzia regionale non è una semplice omissione tecnica: è un atto che rallenta, distorce e, in alcuni casi, annulla l’efficacia dell’azione pubblica.
Significa lasciare Comuni, professionisti e cittadini senza un quadro regionale chiaro, senza strumenti attuativi condivisi, e senza un presidio istituzionale in grado di garantire uniformità e coerenza nell’applicazione.
In un contesto in cui è urgente agire con responsabilità e visione comune, non fare nulla equivale a rallentare l’attuazione e a delegittimarla.
Si tratta di provvedimenti fondamentali che consentono ai rispettivi Comuni di operare con chiarezza e coerenza, utilizzando modelli standardizzati e aggiornati, in linea con le modifiche normative introdotte dal “Salva Casa”.
I Comuni dovranno entro e non oltre il 23 maggio 2025 aggiornare la modulistica, inserendo in piattaforma le indicazioni fornite, necessarie per la presentazione dei 4 moduli, e non solo apponendo il loro logo.
Grazie regione per essersi adeguata nei tempi con le indicazioni fornite; in questo modo ha ridotto quegli spazi di discrezionalità interpretativa; ora avendo un quadro certo, non si rischia di ostacolare l’efficacia stessa della riforma.
A seguito di quanto disposto con l’Accordo del 27 marzo scorso in Conferenza Unificata, i Comuni hanno l’obbligo adeguare la propria modulistica a quanto approvato dalla Regione, entro il 23 maggio 2025, previo adeguamento regionale entro il 9 di maggio-
-Qualcuno ha notizie in merito alla regione Veneto?
Non so se sia sfuggito, oppure non sia stato adeguatamente valutato nei vari incontri e webinar svolti, ma nella modulistica attuale (presumibilmente in applicazione dell’art. 36-bis) è ora presente una voce – al punto 1.1.5 – che recita: “Opere realizzate in variante alla SCIA e che rientrano nella variazione essenziale ai sensi dell’art. 32.”
Tuttavia, va evidenziato che questa formulazione solleva alcune criticità interpretative. In particolare, non risulta coerente con quanto previsto dalla normativa: l’art. 32 fa riferimento infatti alle parziali difformità (per esclusione), mentre l’art. 31 disciplina le totali difformità. Ciò che manca, di fatto, è un criterio chiaro di graduazione che consenta di stabilire entro quali limiti una modifica possa ancora essere considerata una variazione essenziale, superando la parziale difformità ma senza sconfinare nella totale difformità.
La domanda che pongo, quindi, è la seguente: in quali casi una variante alla SCIA può configurarsi come variazione essenziale?
Immagino che il percorso corretto sia quello di partire ex ante, valutando preventivamente se l’intervento sia ammissibile, per poi considerare – alla luce dell’art. 32 – se la modifica rientri in una variazione essenziale (pur ricordando che lo stesso art. 32, di fatto, non definisce esplicitamente quali siano le variazioni essenziali).
Rispetto a questo scenario, la disciplina previgente (ex art. 37, comma 4) risultava certamente più chiara e semplice da applicare.
Se si supera la soglia della variazione essenziale (ammesso che sia possibile stabilirlo con certezza), ci si deve chiedere se si ricada nell’ambito dell’art. 36 (ipotesi di totale difformità, anche se probabilmente non è questo il caso, salvo che la variazione riguardi opere realizzabili con permesso di costruire) oppure nell’art. 37 (difformità o interventi eseguiti in assenza di SCIA).
Rimane tuttavia una perplessità di fondo: come mai una variazione essenziale, se valutata ex ante, impone il rilascio di un nuovo titolo abilitativo, mentre in sanatoria può essere assorbita senza l’emissione di un nuovo titolo?
Ipotesi pratica:
Immagino che sulle pratiche edilizie, lo Sportello Unico dovrà preliminarmente valutare se le difformità evidenziate presentano o meno i requisiti delle diverse fattispecie di tolleranza descritte. In caso di esito positive di tale valutazione, lo S.U. non dovrà assumere alcun provvedimento, prendendo atto in fase istruttoria che dette difformità non costituiscono abuso edilizio; in caso di esito negative, dovrà comunicare al private e al professionista incaricato le proprie valutazioni, nell’osservanza di quanto previsto dall’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 e, dopo aver esaminato le eventuali osservazioni ricevute, cosa dovrà essere comminato se vengono riscontate parziali difformità / variazioni essenziali? nella tolleranza rientra pure la c.d. Agibilità “sanante”,art. 34ter, c4, per cui come si fa a dichiarare la tolleranza in questo caso visto che questa fattispecie è molto difficile da documentare dai verbali di sopralluogo dei Comuni. Esempio: si dichiara in tolleranza una diversa conformazione dl tetto di copertura, non rilevato nel verbale, siamo nel campo delle tolleranze o delle difformità?
Una cosa che salta subito agli occhi: Nel modello CILA sono state inserite le tolleranze, ma senza fare riferimento ai titoli autorizzativi.
Ma se si attestano le tolleranze, vuol dire si è verificato lo stato legittimo o no? l’inclusione delle tolleranze non implica automaticamente che sia stato verificato lo stato legittimo dell’immobile?
Quindi, sarebbe opportuno migliorare il modello includendo anche il riferimento ai titoli autorizzativi per garantire una verifica completa e chiara della legittimità dell’immobile.
La domanda resta: che senso ha avuto inserire le tolleranze nella CILA senza lo stato legittimo?
Si potrebbe eccepire e dire: la CILA non è un titolo abilitativo che presuppone una verifica del pregresso, né contiene un quadro sullo stato legittimo. Allora ci si chiede: che funzione ha questa nuova dichiarazione?
Piuttosto che il quadro sulle tolleranze, forse avrebbe avuto più senso inserire il nuovo quadro sullo stato legittimo (all’interno del quale si dichiarano le tolleranze).
Anche perché alla base, è opportuno ricordare un principio ormai consolidato dalla giurisprudenza amministrativa per cui lo “stato legittimo” è una condizione che sta alla base per avviare qualsiasi intervento edilizio, anche di manutenzione straordinaria.
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