Quando il Comune può derogare al vincolo cimiteriale?

09 Lug 2014
9 Luglio 2014

Il Consiglio di Stato, sez. VI, nella sentenza del 04 luglio 2014 n. 3410, torna ad occuparsi di vincolo cimiteriale chiarendo in quali casi l’Amministrazione comunale possa derogare al vincolo imposto ex lege. Di conseguenza, ove manchi questa deroga, l’ente non potrà concedere alcuna sanatoria al privato che abbia edificato all’interno della fascia di rispetto cimiteriale.

A tal fine si legge che: “A tale riguardo l’appellante prospetta sotto diversi profili la violazione della normativa di riferimento (art. 338 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 –Testo Unico delle leggi sanitarie – come modificato dall’art. 4 delle legge 30 marzo 2001, n. 130 e poi sostituito dall’art. 28, comma 1, lettera a, della legge 1 agosto 2002, n. 166), con prioritario riguardo alla prevista possibilità di riduzione dell’area inedificabile, che restringerebbe a soli 50 metri il vincolo inderogabile e consentirebbe fino al limite di 200 metri limitati interventi edilizi, fra cui locali tecnici e serre.

Detta argomentazione difensiva non può essere condivisa.

In base al citato art. 338, comma 4, r.d. n. 1265/1934, infatti, “Il Consiglio Comunale può approvare, previo parere favorevole delle competete azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purchè non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:

a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;

b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari”.

La norma sopra riportata ha carattere derogatorio, in via eccezionale, rispetto alla regola – enunciata al primo comma del medesimo articolo – secondo cui “I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici…”.

Per pacifica giurisprudenza, il vincolo cimiteriale determina quindi una tipica situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque per considerazioni di interesse pubblico. Quanto sopra, in presenza delle condizioni specificate nel ricordato comma 4 dell’art. 338, non anche per agevolare singoli proprietari, che abbiano effettuato abusivamente, o intendano effettuare, interventi edilizi su un’area, resa a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonchè per la peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura, senza esclusione di ulteriori esigenze di mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. Cass. civ. sez. I, 23.6.2004, n. 11669; Cons. St., sez. II, 7.3.1990, parere n. 1109; Cons. St., sez. IV, 11.10.2006, n. 6064; Cons. St., sez. V, 2.4.1991, n. 379, 29.3.2006, n. 1593, 3.5.2007, n. 1934 e 14.9.2010, n. 6671).

L’unico procedimento, attivabile dai singoli proprietari all’interno della fascia di rispetto, pertanto, è quello finalizzato agli interventi di cui all’art. 338, comma 7, dello stesso r.d. n. 1265/1934 (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti), restando attivabile solo d’ufficio – per i motivi anzidetti – la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione.

Fermo restando, quindi, che solo il Consiglio Comunale – non su istanza di singoli cittadini, ma per ragioni di interesse pubblico – può intervenire per ridurre l’ampiezza di detta fascia, per le decisioni da assumere su eventuali istanze di autorizzazione edilizia, anche in sanatoria, vale il riparto generale di competenze, che assegna ai dirigenti gli ordinari atti di gestione (come peraltro ribadito, in materia di sanatoria, dal terzo comma del citato art. 36 d.P.R. n. 380/2001)”.

dott. Matteo Acquasaliente

CdS n. 3410 del 2014

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