Segue: quindi un immobile condonato non ha lo stato legittimo neanche dopo il Salva Casa?
Lo afferma una sentenza del Consiglio di Stato, la quale, se è comprensibile dal punto di vista formale, fa capire che il legislatore ha creato un sistema incoerente, visto che oggi, dopo il salva casa, anche la fiscalizzazione dà lo stato legittimo e, quindi, non si capisce perchè non debba darla il condono edilizio: ci teniamo per l'eternità immobili condonati ma ancora e per sempre abusivi?
Evidentemente il giudice amministrativo non vuole rimediare a questo pasticcio in via interpretativa.
Una ipotesi per uscire da questo vicolo cieco potrebbe essere quello di sanare di nuovo l'immobile già condonato, ricorrendo alle sanatorie previste dal Salva Casa ((D.L. 69/2024, se vi siano i presupposti degli articoli 36 bis e 34 ter).
Si legge nella sentenza n. 482 del 2025: "9. Ebbene, occorre rilevare che le opere abusive che siano state regolarizzate con condono edilizio - e non con accertamento di conformità - non possono costituire il presupposto per ulteriori interventi edilizi. La sanatoria straordinaria disciplinata al Capo IV della L. n. 47/85, richiamata dalle leggi n. 724/94 e n. 326/2003 (c.d. “condono edilizio”) ha natura del tutto eccezionale, consentendo il mantenimento di opere edilizie, non altrimenti regolarizzabili, dietro pagamento di una sanzione, oltre che degli oneri concessori: tale straordinaria sanatoria opera solo nel senso che viene evitata la demolizione dei manufatti abusivi e ne viene consentita anche la circolazione giuridica, ma nulla di più, trattandosi di manufatti realizzati in difformità dalla normativa edilizia ed urbanistica. In altre parole: il condono edilizio non rende l’opera condonata legittima, ne evita solo la demolizione e ne consente il trasferimento, che sarebbe altrimenti vietato; conseguentemente le opere condonate non possono costituire il presupposto per la realizzazione di ulteriori interventi edilizi, che ne mutuano inevitabilmente la natura illegittima: opinando diversamente si finirebbe per attribuire al titolo edilizio rilasciato in sede di condono una sorta di “ultrattività indeterminata”, cioè una estensione oggettiva e temporale che va ben al di là dei limiti indicati nella L. 47/85 (e dalle successive leggi che hanno reso possibile la ripresentazione di domande di condono, i.e. la L. n. 724/904 e la L. n. 326/2003), limiti che nel caso della L. n. 47/85 consentivano di condonare solo le opere realizzate prima del 1° ottobre 1983 e alla condizione che la domanda fosse presentata entro 30 novembre 1985, poi prorogato fino al 31 marzo 1986.
9.1. Debbono quindi ritenersi ammissibili, sui beni oggetto di condono edilizio, solo gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e risanamento conservativo, per mera coerenza con il consenso che il legislatore ha dato al mantenimento delle opere medesime".
Post di Dario Meneguzzo - avvocato
TAR Sicilia con la sentenza n. 2191 del 9 luglio 2025, intervenendo su un caso che riguarda un immobile sito in area sottoposta a vincolo paesaggistico. Per tale immobile il proprietario aveva presentato una SCIA in sanatoria ai sensi del nuovo art. 36-bis del Testo Unico Edilizia, norma che consente oggi anche la regolarizzazione di opere con aumenti volumetrici e superfici utili, purché conformi alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione (c.d. doppia conformità “asimmetrica” o “alleggerita”).
Il TAR ha ritenuto fondato l’obbligo per la Soprintendenza di riesaminare la sanatoria alla luce della nuova norma, evidenziando come l’Amministrazione non possa ignorare il mutato quadro legislativo. Per farlo ha richiamato la circolare del Ministero della Cultura 4 aprile 2025, n. 19, indirizzata alle Soprintendenze, che afferma: “Alla luce delle suesposte considerazioni si può ritenere che la disposizione di cui all’art. 36-bis trovi piena applicazione […] anche in mancanza di un richiamo derogatorio dell’art. 167, comma 4”.
Quanto al precedente rigetto in sede di condono edilizio, il TAR chiarisce che ciò non preclude la presentazione di una nuova istanza ai sensi dell’art. 36-bis: si tratta infatti di un procedimento fondato su presupposti normativi diversi, da istruire autonomamente.
Conclusioni operative
Il TAR Sicilia ha accolto il ricorso e annullato il provvedimento di diniego, ordinando alla Soprintendenza di riesaminare l’istanza applicando correttamente l’art. 36-bis del d.P.R. n. 380/2001, come recepito dalla normativa regionale.
Una decisione che segna un punto fermo su almeno tre aspetti:
la nuova disciplina introdotta dal “Salva Casa” si applica anche in Sicilia per espressa previsione della L.R. n. 27/2024;
la Soprintendenza è tenuta a istruire la pratica in base all’art. 36-bis, valutando la compatibilità paesaggistica anche per opere con aumento di volume;
la precedente bocciatura in sede di condono edilizio non preclude la valutazione della nuova istanza, basata su presupposti normativi differenti.
Due aspetti: il “Salva Casa” si applica anche in Sicilia – il condono edilizio non preclude la valutazione della nuova istanza, basata su presupposti normativi differenti, ma solo se bocciato, immagino anche se in corso e mai concluso.
In questa sentenza non è chiaro come si possa parlare di Scia, e potere presentare un’ art.36bis per aumento di volume. Salvo che in Sicilia si possano fare certi interventi con Scia, il comma 4 dell art.36bis, richiama gli inteventi di cui al comma 1.
ART. 9BIS C. 1BIS
Si dice: “a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi.”
Segue:
Per le zone D, in cui rileva sempre la superficie coperta (a differenza delle altre zone dove, oltre all’indice, si considera anche il volume legittimato), la mancata verifica della legittimità dei titoli pregressi, in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, quali effetti ha comportato o potrebbe comportare?
Riflessione:
Per le zone D, in cui il parametro prevalente è la superficie coperta (a differenza di altre zone dove incide anche il volume legittimato), la mancata verifica della legittimità dei titoli pregressi al momento del rilascio non comporterebbe effetti sostanziali, purché i titoli esistano.
Infatti, anche in presenza di edificazioni che in passato abbiano superato il limite del 50% di copertura del lotto, tale limite resta oggi inderogabile: non è possibile “replicare” una condizione eventualmente non conforme, anche se non è stata formalmente contestata.
La norma sembra voler evitare il rilascio di nuovi titoli su presupposti non verificati, ma nelle zone D tale verifica risulta neutra, in quanto i parametri urbanistici attuali prevalgono comunque sui precedenti stati di fatto, anche se legittimati.
Si pensi ad esempio all’art. 34ter, che si sana senza conformità, oggi quell’eventuale sup. coperta in più non potrebbe essere sfruttata, in caso di demo / ricostruzione
Un chiarimento, in caso di applicazione della veneto 2050, ovvero dell’art. 3 lr. 55/2012!
Anche nelle zone D, in quanto compatibili(solo per la veneto 2050), viene comunque superato il limite inderogabile alla superficie coperta in regime ordinario, ed è collegato si, allo stato legittimato esistente, e che eventuali superamenti pregressi ora costituiscono un “diritto acquisito” da replicare o ampliare ulteriormente quella condizione.
L’art. 34ter, che sana in assenza di conformità, oggi l’eventuale sup. coperta in più può essere sfruttata, in caso di ampliamento
post del 24-06-2025-
Il TAR Basilicata si è allineato al Consiglio di Stato, nell’escludere l’applicabilità dell’art. 36-bis d.P.R. 380/2001 alle SCIA in sanatoria presentate in epoca anteriore a quella dell’entrata in vigore della disposizione.
Immaginando che si voleva applicare l’art- 36bis , in quanto più favorevole, di converso allora non è possibile sanare di nuovo un’immobile già condonato, come se fosse legittimo “sanare meglio” un abuso già sanato.
Se le tolleranze ex articolo 34-bis TUE non sono applicabili a immobili e parti condonate, come ci si deve comportare in caso di discordanze riscontrabili tra lo stato di fatto e le misure contenute negli elaborati progettuali di condono e sanatoria? fare una sanatoria al condono, per cui esiste in effetti il caso.
post del mese di marzo:
Commento all’art. 34ter legge n. 105/2024, in parallelo al condono edilizio.
La volumetria aggiuntiva condonata non rappresenta un diritto quesito o un “vantaggio” che il proprietario può fare rivalere in caso di indici edificatori minori.
Il condono edilizio non rappresenta un “diritto quesito” e quindi immutabile, di vedersi riconosciuta sine die la volumetria aggiuntiva dell’immobile sanato.
Questo perché il condono è un istituto di natura eccezionale e derogatoria che non può assolutamente dare vita a diritti quesiti per chi ne abbia usufruito.
Il Comune, con la nuova pianificazione, deve in quell’area predisporre un piano attuativo, finalizzato all’eliminazione degli elementi detrattori per l’ambiente e per il contesto urbanistico e all’individuazione delle aree a standard.
Premesso tutto ciò,
Cosa prevede l’art. 34ter della Legge n. 105/2024? Mi sembra che offra un vantaggio da far valere, riconoscendo una volumetria aggiuntiva. Questa norma ha una natura eccezionale e derogatoria, e non sembra indicare la necessità di individuare aree a standard.
Per cui sanare di nuovo l’immobile già condonato, sarebbe veramente da valutare…almeno rispetto all’art. 34ter che ne conferisce uno stato legittimo pieno senza rispetto di conformità urbanistica.
E, quindi, se un tecnico comunale nega un intervento di ristrutturazione per un immobile condonato, secondo lei il malcapitato cittadino cosa deve fare? In ogni caso, io non vedo alcun ostacolo giuridico a sanare di nuovo un immobile già condonato, visto che secondo questa sentenza il condono edilizio esclude solo la demolizione dell’abuso, ma non lo sana (e, quindi, l’abuso rimane).
questo post è un segue: nel post di prima si parla se le opere condonate non possono costituire il presupposto per la realizzazione di ulteriori interventi edilizi, che ne mutuano inevitabilmente la natura illegittima.
Debbono quindi ritenersi ammissibili, sui beni oggetto di condono, solo gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e risanamento conservativo, per mera coerenza con il consenso che il legislatore ha dato al mantenimento delle opere medesime.
Nel caso di specie, il privato vantava un’istanza di condono non ancora esitata e cercava di sanare ex artt. 36 o 37 d.P.R. 380/2001 un pergolato con area cementificata di 38 mq. Il Consiglio ha escluso che il Comune potesse mai rilasciare la sanatoria.
Da quanto ho compreso, l’avvocato intendeva sanare il pergolato con area cementificata di 38 mq mediante le procedure previste dagli artt. 34-ter o 36-bis del D.P.R. 380/2001. È evidente, tuttavia, il cortocircuito interpretativo che ne deriva. Se vogliamo andare a fondo, va riconosciuto che l’avvocato Antico ha ragione: il condono comporta una regolarizzazione più completa, prevedendo il completamento di tutte le opere accessorie e complementari, a differenza della sanatoria ex art. 34-ter o 36-bis. Paradossalmente, dunque, il condono risulta fornire un titolo legittimante più solido rispetto alla semplice sanatoria salva casa.
Del resto, va detto che – per come è stata oggi concepita – anche la sanatoria salva casa finisce per essere un condono a tutti gli effetti. Il risultato è che si abbassa costantemente il livello di guardia e di rigore nell’accertamento della legittimità edilizia.
Perché è sbagliato pensare di dover “sanare di nuovo”
Il suo ragionamento è sbagliato nella premessa: confonde la mancanza di effetti “moderni” del condono con la necessità di una nuova sanatoria.
Esempio: un proprietario, veranda abusiva costruita nel 1980: ottiene il condono- Resta in una “zona grigia”
Altro proprietario non fa nulla: Oggi presenta istanza con 36-bis-Ottiene stato legittimo pieno
Non si può dire che chi ha fatto il condono debba oggi presentare una nuova sanatoria, perché ha già un titolo edilizio.
Altrimenti cadiamo nel paradosso: la legge di ieri non vale più perché quella di oggi è più comoda?
Questa posizione, si fonda su un grave errore logico e giuridico.
Ipotizzare una duplicazione degli effetti: come se fosse legittimo “sanare meglio” un abuso già sanato.
È un’operazione giuridicamente discutibile e logicamente contraddittoria, perché l’ordinamento non prevede che un abuso già regolarizzato venga “risanato” con un’altra norma solo perché quella nuova produce effetti più favorevoli.
Il condono edilizio è uno strumento straordinario di sanatoria previsto da leggi speciali. Esso consente la regolarizzazione di abusi anche gravi, in deroga alle ordinarie regole urbanistiche. Quando il condono è stato concesso, ha prodotto un titolo edilizio definitivo, pienamente valido e opponibile.
Mi era sfuggito il passaggio(non so se provocatorio) che un immobile condonato potrebbe essere sanato… Io direi di aspettare la sanatoria giurisprudenziale a questo punto…. Ma scriverlo all art.9bis no?
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