Tag Archive for: Amministrativo

La servitù di pubblico passaggio impedisce l’occupazione dell’area

03 Apr 2014
3 Aprile 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. III, nella sentenza del 20 aprile 2014 n. 375, chiarisce che il suolo privato gravato da una servitù di pubblico passaggio osta ex se all’occupazione pubblica dell’area: di conseguenza l’Amministrazione non può rilasciare alcuna autorizzazione a riguardo. Sul punto si legge infatti che: “Considerato che il motivo unico si rileva infondato, in quanto l’Amministrazione, dopo aver instaurato il contradditorio, ha revocato l’autorizzazione di occupazione pubblica di cui trattasi motivando correttamente con l’incompatibilità di tale uso con la caratteristica di suolo privato gravato da servitù di pubblico passaggio;

Rilevato, infatti, che appare indubbio come la servitù di pubblico passaggio consente all’Amministrazione di disporre e gestire il suolo pubblico solo ai fini, appunto, del pubblico passaggio e non ad altri fini, quali lo svolgimento di attività commerciali da parte di un soggetto privato terzo concessionario (cfr. Cass. S.U., 18.3.99, n. 158; C.d.S., VI, 6/5/2013 n. 2416; Cass. II, 12/7/2007 n. 15661; Cass. II, 14.12.05, n. 27567; TAR Lombardia, III, 11.2.11, n. 466);

Ritenuto che nel senso di cui sopra si deve, quindi, interpretarsi anche il riferimento ai poteri di gestione in tali aree indicati nel regolamento comunale;

Sottolineato come difetti anche l’autorizzazione alla utilizzazione commerciale di tale suolo da parte del soggetto privato proprietario, controinteressato in giudizio”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 375 del 2014

Il Comune non può imporre delle modifiche all’istanza di condono

02 Apr 2014
2 Aprile 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 20 marzo 2014 n. 359, afferma che, dinnanzi ad un’istanza di condono edilizio, l’Amministrazione comunale non può imporre al privato la realizzazione di nuovi e/o diversi interventi edilizi subordinanti l’accoglimento dell’istanza, perché il compito dell’ente è soltanto quello di valutare la compatibilità urbanistico-edilizia e paesaggistico-ambientale della richiesta di condono avanzata: “si rileva altresì l’illegittimità del provvedimento impugnato con riferimento all’ulteriore profilo denunciato, con il quale è stata evidenziata la violazione delle normative in materia di procedimento amministrativo, sotto il profilo del divieto di aggravamento procedimentale, nonché, nello specifico, per quanto riguarda il procedimento di sanatoria (recte, condono), nella parte in cui viene richiesta, al fine dell’accoglimento della domanda, la presentazione di un progetto di ricomposizione volumetrica, da esaminare successivamente e contestualmente all’istanza di sanatoria.

Premesso che detta richiesta si pone in palese contrasto con il presupposto da cui parte, ossia la realizzazione di interventi di ricomposizione da realizzare su opere abusivamente realizzate e non sanate, è palese l’illegittimità del provvedimento laddove subordina la concedibilità della sanatoria, mediante condono, all’esecuzione di interventi di adeguamento delle opere abusive.

Invero, l’istanza di condono per opere realizzate in assenza di titolo su aree soggette a vincolo deve essere valutata di per sé, in rapporto alla compatibilità degli interventi realizzati con l’ambito tutelato, senza alcuna possibilità, per l’autorità competente, di imporre prescrizioni o condizioni ai fini del rilascio del parere in termini favorevoli.

Come invero osservato nella pronuncia, C.d.S., IV, n. 2438/2013, richiamata nella memoria finale dalla difesa istante, diversamente da quanto è consentito in occasione del procedimento per il rilascio di un ordinario permesso di costruire, in sede di esame dell’istanza di condono non è prevista la predisposizione di adattamenti progettuali alle opere già realizzate al fine di renderle ammissibili alla sanatoria, essendo compito delle autorità preposte alla tutela del vincolo valutare unicamente la compatibilità degli interventi abusivi, così come realizzati, con il vincolo stesso, senza possibilità di richiedere adattamenti di sorta, anche se finalizzati a rendere compatibile l’opera.

In buona sostanza, l’intervento abusivo, ai fini del condono, deve essere valutato nella sua oggettiva consistenza, senza alcuna possibilità di subordinare la sanatoria a progetti di adeguamento”.

Nella medesima sentenza il T.A.R. indica l’importanza di fornire una motivazione specifica, chiara ed approfondita nei provvedimenti amministrativi de quibus perché: “sussiste il vizio di difetto di motivazione, in quanto il mero riferimento al contrasto dell’opera “per tipologia e forma” con il contesto tutelato costituisce affermazione del tutto priva di contenuto, apodittica, inidonea a rendere edotto il richiedente delle ragioni della ritenuta incompatibilità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2008, n.2111, sez. V, 4 aprile 2006, n. 1750; sez. IV, 22 febbraio 2001 n. 938, sez. V, 25 settembre 2000 n. 5069, T.A.R. Veneto, sez. II, 22.6.2012, n. 866 e 3.4.2013, n. 483)”.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza TAR Veneto n. 359 del 2014

Il bando di gara vincola anche la stazione appaltante

02 Apr 2014
2 Aprile 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 13 marzo 2014 n. 328 dichiara che le indicazioni contenute negli atti di gara sono vincolanti anche per la stazione appaltante. Nel caso di specie il Comune di Padova aveva indetto una procedura negoziata da attribuire con il prezzo più basso ma, successivamente, dopo aver pubblicato il bando, aveva aggiudicato la gara utilizzando una procedura aperta: “Le gare pubbliche hanno, sia la finalità di individuare l'aggiudicatario secondo criteri trasparenti ed imparziali, che di determinare il contenuto del contratto in conformità alle esigenze dell'amministrazione e sulla base di previsioni che siano per essa le più convenienti (Cons. Stato, sez. VI, 19 giugno 2001, n. 3245).

La stazione appaltante ha adottato, per l’aggiudicazione della fornitura di cui alla gara, una procedura negoziata, provvedendo, però, al contempo ad utilizzare il criterio della procedura aperta, con pubblicazione del bando e del disciplinare.

Ciò ha comportato una significativa limitazione delle prerogative previste per tale metodo di aggiudicazione, in particolare la possibilità di limitare i candidati da invitare, la individuazione discrezionalmente dell’operatore cui stipulare il conseguente contratto secondo una successiva fase negoziata.

Nel caso di specie, pertanto, la stazione appaltante ha ritenuto di utilizzare una procedura non dissimile a quella prevista per l’evidenza pubblica e, segnatamente, dell’appalto di pubbliche forniture.

E’ evidente, quindi, che la disciplina normativa, che nel caso di specie deve trovare applicazione, è quella inerente alla natura sostanziale del contratto previsto dalla stazione appaltante e non il mero nomen iuris ad esso formalmente assegnato.

Pertanto nella presente vicenda, proprio alla luce delle indicazioni fornite dal bando di gara e dal disciplinare, si deve escludere qualsivoglia apporto dialettico, nella definizione dell’offerta, da parte dei concorrenti ammessi alla gara, avendo la stazione appaltante indicato in modo rigido ed esaustivo le caratteristiche del prodotto richiesto.

E’ la volontà espressa nella lex specialis che deve necessariamente prevalere secondo i canoni ermeneutici propri dell’interpretazione dei contratti.

Ciò comporta la immodificabilità della prestazione richiesta nei termini indicati dal bando e dal disciplinare proprio per tutelare la par condicio tra i vari concorrenti e non alterare le condizioni di partecipazioni alla selezione ( TAR Veneto, sez. 1°, 3 novembre 2003, n. 5439)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 328 del 2014

Nuovo Regolamento in materia sanzionatoria per l’A.V.C.P.

02 Apr 2014
2 Aprile 2014

Pubblichiamo il nuovo Regolamento che disciplina il procedimento per l’esercizio del potere sanzionatorio dell’A.V.C.P. per l’irrogazione delle sanzioni amministrative, pecuniarie ed interdittive, ai sensi dell’articolo 6, comma 11, articolo 7, comma 8, articolo 38, comma 1-ter, articolo 40, comma 9-quater, articolo 48, commi 1 e 2 del Codice Appalti nonché ai sensi degli articoli 73 e 74 del Regolamento di esecuzione ed attuazione.

RegolamentoSanzionatorio 26.3.14

Nuove norme per l’edilizia residenziale sociale

02 Apr 2014
2 Aprile 2014

Pubblichiamo il Decreto Legge  28 marzo 2014 n. 47 avente ad oggetto le "Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015" (G.U. Serie Gnerale n. 73 del 28 marzo 2014) che è entrato in vigore il 29 marzo 2014: particolarmente interessante è l'art. 10 che introduce delle novità in materia di edilizia residenziale sociale.

Misure urgenti per l'emergenza abitativa

 

La sanzione per omessa D.I.A./S.C.I.A. deve essere calcolata con riferimento all’area effettivamente occupata dall’abuso

01 Apr 2014
1 Aprile 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 05 marzo 2014 n. 286 chiarisce che la sanzione applicabile ex artt. 22 e 37 del D.P.R. n. 380/2001 alle opere abusive di manutenzione straordinaria, ex art. 3, c. 1, lett. b), del D.P.R. n. 380/2001, deve essere commisurata all’area effettivamente interessata dagli abusi edilizi che necessitavano della previa D.I.A./S.C.I.A. e non alla superficie dell’intero fabbricato: “3.1 Sul punto va, infatti, preliminarmente evidenziato come il provvedimento impugnato deve ritenersi corretto nella parte in cui sottopone gli abusi realizzati, alla fattispecie di cui agli art. 22 e 37 del Dpr 380/2001, risultando dirimente constatare come detti abusi siano relativi alla realizzazione di nuovi servizi igienici e quindi, alla costruzione ex novo di impianti, circostanza quest’ultima che consente di ritenere applicabile la fattispecie della manutenzione straordinaria di cui di all’art. 3 lett. b) del Dpr 380/2001.

3.1 A dette conclusioni è possibile pervenire sia esaminando il disposto di cui alla norma sopra citata laddove qualifica la manutenzione straordinaria nell’ipotesi in cui sussistano “modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari..” (in questo senso si veda TAR Liguria Sez. I 31/10/2007 n. 1895).

4. Ciò premesso va rilevato come il provvedimento deve ritenersi comunque illegittimo nel momento in cui mette in correlazione il mutamento di destinazione, agli abusi in corso di realizzazione e, ciò, considerando come la destinazione a magazzino/deposito fosse già acquisita e con riferimento all’area agricola di cui si tratta.

4.1 L’Amministrazione, pertanto, se ha correttamente individuato la fattispecie applicabile nel connaturato disposto di cui agli art. 22 e 37 del Dpr 380/2001 ha erroneamente fatto riferimento alla circostanza del mutamento di destinazione d’uso nel calcolo della sanzione, assumendo a riferimento l’aumento del valore venale relativo all’intera superficie dell’immobile di cui si tratta (per mq. 1600).

4.2 Detto aumento del valore venale avrebbe dovuto essere calcolato sulla base della sola superficie interna adibita ad ufficio e bagni per una superficie pari a mq. 103,6, ben potendo gli abusi in questione essere funzionali alla destinazione commerciale già acquisita e di cui alla nota del 2010”.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza TAR Veneto n. 286 del 2014

Sul risarcimento del danno connesso alla mancata aggiudicazione

01 Apr 2014
1 Aprile 2014

Nella stessa sentenza n. 303/2014 il T.A.R. Veneto si sofferma sul risarcimento del danno per mancata aggiudicazione chiarendo che, laddove non sia più utile il risarcimento in forma specifica, soccorre quello per equivalente in quanto: “atteso, peraltro, che nei procedimenti concorsuali la posizione giuridica sostanziale del partecipante assurge ad interesse legittimo (pretensivo) con riferimento all’ammissione a parteciparvi, e che nel caso di specie l’esecuzione del contratto è in fase conclusiva (cfr. la memoria 27.1.2014 di Viveracqua, pag. 4-5), il risarcimento del danno alla ricorrente non può essere disposto in forma specifica, mediante dichiarazione di inefficacia del contratto ai fini della riedizione della procedura, ma va somministrato per equivalente, in correlazione con la perdita della chance di aggiudicazione dell'appalto. Danno, questo, che si verifica tutte le volte in cui la perdita della possibilità di conseguire un risultato utile a causa dell’adozione colpevole di un atto illegittimo da parte della PA abbia determinato una lesione del diritto all’incremento del proprio patrimonio, e che dovrà calcolarsi in via presuntiva sulla base del valore dell'appalto ridotto in relazione alla chance di aggiudicazione in sede di riedizione della gara. Il danno, pertanto, data l’impossibilità di provarlo nel suo preciso ammontare (si tratta, infatti, della chance, cioè della teorica possibilità di un risultato favorevole), va risarcito ai sensi dell’art. 1226 c.c. ricorrendo al criterio di valutazione del danno globalmente considerato per la mancata aggiudicazione, diminuito di un coefficiente di riduzione proporzionato alla misura di probabilità di ottenere l’aggiudicazione. A tal proposito va anzitutto precisato che non si può accedere all’istanza, avanzata dalla parte, di commisurazione della perdita dell'utile di impresa pari al 10% del valore dell'offerta economica secondo il criterio desumibile dall'art. 345 della legge n. 2248/1865, all. F (riprodotto nell'art. 122 del DPR n. 554/1999), e ciò non solo perchè tale disposizione è valida per il settore dei lavori pubblici (e, dunque, non appare suscettibile di pedissequa estensione analogica ai diversi casi di appalti di servizi, come è quello di specie), ma anche perché le citate disposizioni attinenti alla liquidazione del lucro cessante sono state abrogate (cfr. l’art. 256 del DLgs n. 163/2006) e non risultano riformulate nel codice dei contratti e/o nel relativo regolamento. Con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 124 c.p.a., richiamato dall’art. 245-quinquies del DLgs n. 163/2006 (che prevede che, in assenza di dichiarazione di inefficacia del contratto, il risarcimento del danno per equivalente deve essere "provato") e al di fuori dell’ipotesi di liquidazione del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c., è sempre necessaria la prova rigorosa, a carico dell'impresa, della percentuale di utile effettivo che essa avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria. (cfr. CdS, IV, 2.12.2013 n. 5725; VI, 27.4.2010 n. 2384);

che, alla luce delle suesposte considerazioni – ed assodata la colpa dell’Amministrazione: il privato può, infatti, invocare l’illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa dell’Amministrazione: spetterà a quel punto all'Amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata – e precisato che in assenza di prova da parte dell’interessato il danno va liquidato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. (alla stregua dell’attuale crisi economica, invero, il criterio del 10% oltre a non essere, come si è detto, più vigente, sarebbe altresì illogico ed irragionevole, in quanto conduce al risultato che il risarcimento dei danni è per l’imprenditore ben più favorevole dell’impiego del capitale: è di questi giorni il dato – cfr. “il Sole 24 ORE” del 14 febbraio 2014 – che se nel 2008 “cento euro di fatturato producevano due euro di utili….nel 2013 cento euro di fatturato generano 50 centesimi di utile” al netto delle imposte), nel caso di specie il ristoro del danno da perdita di chance di aggiudicazione può essere quantificato - tenuto conto, altresì, che la ricorrente non ha dimostrato (anche mediante l’esibizione dei libri contabili) di non aver eseguito, nel periodo durante il quale sarebbe stata impegnata dall'appalto in questione, altre attività lucrative incompatibili con quella per la cui mancata esecuzione chiede il risarcimento del danno (cfr., in termini, CdS, IV, 7.9.2010 n. 6485; VI, 21.9.2010 n. 7004) - nella misura del 2% dell'importo contrattuale (tenendo conto che il relativo importo, configurandosi quale lucro cessante, è soggetto alle rituali imposte), somma che, poi, va ridotta all’1% tenendo conto dell'aliunde perceptum dell'impresa, ed ulteriormente ridotta ad 1/3 in ragione del numero dei partecipanti alla selezione (ove deve essere ricompreso pure il soggetto escluso per carenza di requisiti, potendo ricorrere tale evenienza anche nei confronti della ricorrente);

che, pertanto, alla stregua dei suesposti principi il risarcimento del danno per perdita di chance di aggiudicazione (comprensivo del danno curricolare, di regola corrispondente al 10% di quanto liquidato a titolo di lucro cessante: cfr. TAR Veneto, 8.11.2011 n. 1663) da corrispondere all’impresa ricorrente deve essere conclusivamente quantificato in complessivi € (1.678.351 x 1% : 3 =) 5.594,50”.

 

Per quanto riguarda gli interessi compensativi invece si legge: “Non spettano, invece, gli interessi compensativi sulla somma via via rivalutata: nei debiti di valore, infatti, gli interessi compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria dell'eventuale danno da ritardo nella corresponsione dell'equivalente monetario attuale della somma dovuta all'epoca della produzione del danno, sicchè essi non sono dovuti ove il debitore non dimostri la sussistenza di una perdita da lucro cessante per non avere conseguito la disponibilità della somma di danaro non rivalutata fino al momento della verificazione del danno ed averla potuta impiegare redditiziamente in modo tale che avrebbe assicurato un guadagno superiore a quanto venga liquidato a titolo di rivalutazione monetaria (cfr., per tutte, Cass. Civ., III, 12.2.2008 n. 3268). A decorrere dalla pubblicazione della sentenza, in conseguenza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta e, pertanto, saranno corrisposti gli interessi legali fino al soddisfo”.

dott. Matteo Acquasaliente

La scelta della procedura negoziata deve essere giustificata dalla stazione appaltante

01 Apr 2014
1 Aprile 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 05 marzo 2014 n. 303, si sofferma sulla procedura negoziata chiarendo la natura speciale della stessa: “che – come questa Sezione ha già avuto modo di precisare – la procedura negoziata, che si sostanzia in una vera e propria trattativa privata, rappresenta un'eccezione al principio generale della pubblicità e della massima concorsualità tipica della procedura aperta, con la conseguenza che i presupposti fissati dalla legge per la sua ammissibilità devono essere accertati con il massimo rigore e non sono suscettibili di interpretazione estensiva: l'urgenza di provvedere, pertanto, non deve essere addebitabile in alcun modo all'Amministrazione per carenza di adeguata organizzazione o programmazione, ovvero per sua inerzia o responsabilità (cfr. sent. 6.3.2013 n. 350)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 303 del 2014

Novità in materia di inquinamento

31 Mar 2014
31 Marzo 2014

Pubblichiamo il Decreto Legislativo 04 marzo 2014 n. 46 relativo all'"Attuazione della Direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento)" (G.U.R.I. n. 72 del 27.03.2014) che modifica il D. Lgs. n. 152/2006.

DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2014 n 46

A proposito di conflitto di interesse dei consiglieri comunali

31 Mar 2014
31 Marzo 2014

Nella medesima sentenza n. 371/2014 il T.A.R. Veneto chiarisce che, nei ricorsi avverso le deliberazioni in cui vi è un possibile conflitto di interesse di alcuni consiglieri comunali, occorre indicare sia i nomi di coloro che avrebbero dovuto astenersi dalla votazione sia allegare ogni elemento significativo della presenza di interessi personali tali da implicare un preciso dovere di astensione: “Il Consiglio si Stato con sentenza del 26 gennaio 2012, n. 351, ha infatti condivisibilmente stabilito sul punto che: “chi, in sede di ricorso giurisdizionale avverso la deliberazione consiliare, deduce la violazione dell'obbligo di astensione di cui all’art. 78, d.lg. n. 267 del 2000, da parte di alcuni consiglieri comunali, ha il dovere di indicare puntualmente i nominativi di coloro che ritiene abbiano partecipato alla discussione in aula e alla votazione finale, violando il dovere di astensione; in base a quali elementi, ed interessi concreti, si affermi che i consiglieri o i loro prossimi congiunti fossero concretamente interessati alla votazione al punto di incidere negativamente sulla validità della deliberazione e sulla serenità degli altri consiglieri comunali…L'obbligo di astensione dei consiglieri comunali relativamente alle delibere di approvazione del PRG, presuppone non il semplice fatto che lo stesso sia genericamente proprietario di fondi, ma la prova dell'effettivo vantaggio dal provvedimento”.

In carenza della dimostrazione degli elementi fattuali a sostegno della censura ed in mancanza di alcuna prova certa dell’esistenza di uno specifico interesse proprio dei consiglieri comunali, la censura è comunque infondata e deve essere respinta”.

dott. Matteo Acquasaliente

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