La normativa in materia di terre e rocce da scavo
Il T.A.R. Lazio, Roma, sez. II bis, nella sentenza del 10 giugno 2014 n. 6187, si occupa di numerose questioni in materia di terre e rocce da scavo che verranno riportate nei seguenti post.
Le questioni, in particolare, vertono sul contenuto e sull’interpretazione del Decreto del Ministero dell’Ambiente del Territorio e del Mare del 10.08.2012 n. 161, con cui sono stati stabiliti i criteri qualitativi e quantitativi da soddisfare affinché i materiali da scavo possano essere utilizzati come sottoprodotti, sulla base delle condizioni previste dall’art. 184-bis del D. Lgs. n. 152/2006.
Innanzitutto i Giudici si soffermano sulla disciplina delle terre e rocce da scavo succedutasi nel tempo: “Le terre e rocce da scavo – ovvero come è evincibile dalla stessa dizione letterale, provenienti da escavazione - in un primo tempo risultavano escluse dall’applicazione del d.lgs. n. 22 del 1997 (c.d. decreto Ronchi) ai sensi dell’art. 10 della l. 93 del 2001, successivamente confermato dall’art. 1 commi 17, 18 e19, l. n. 443 del 2001 (c.d. legge Lunardi).
Con la legge comunitaria n. 306 del 2003 all’art. 23 (disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee) in modifica all’art. 1 della 443/01, erano definite le condizioni per tale esclusione delle terre e rocce da scavo dalla materia dei rifiuti; in particolare, prevedendosi a tal fine che il loro riutilizzo sia “certo ed autorizzato secondo le modalità previste dal progetto di VIA o, in mancanza, secondo le indicazioni date dalle competenti autorità amministrative”.
L’esclusione delle terre e rocce di scavo dalla materia dei rifiuti veniva in seguito regolamentata dall’art. 186 del d.lgs. 152 del 2006.
Lo stesso decreto d.lgs 4 del 2008 (correttivo del d.lgs 152/06), entrato in vigore il 13 febbraio 2008, consentiva di escludere dalla disciplina sui rifiuti le terre e rocce da scavo non provenienti da siti contaminati, purché destinate a determinate e previste utilizzazioni, da inserire preventivamente nei progetti approvati. La novella introdotta dal d.lgs. n. 205 del 2010, in attuazione della direttiva 2008/98/CE, modificava il precedente testo normativo, in particolare introducendo gli artt. 184 bis e 184 ter al d.lgs. n. 152.
L’art. 184 bis, richiamato anche dall’art. 183 comma 1, lett. “qq”, infatti, definisce il concetto di sottoprodotto, ponendo le condizioni essenziali affinché un materiale possa essere classificato in tal senso.
L’art. 184 ter, d’altro canto, nel definire la cessazione della qualifica di rifiuto, stabilisce i termini da soddisfare affinché ciò accada, fissando il presupposto che il materiale sia stato sottoposto ad una operazione di recupero e abbia di conseguenza acquisito caratteristiche effettive di utilizzabilità e collocabilità sul mercato.
Il d.l. n 1 del 2012, convertito dalla l. 24 marzo 2012 n. 27, all’art. 49 ha previsto l’emanazione entro 60 gg. del d.m. di armonizzazione della disciplina di riferimento, di cui si verte, con l’art. 184 bis sui sottoprodotti, con la contemporanea abrogazione dell’art. 186 del d.lgs. 152 del 2006.
Il Regolamento è entrato in vigore il 6 ottobre 2012.
II - In primo luogo, dunque, risulta necessario definire l’ambito di applicazione del decreto impugnato, ad esito delle modifiche legislative intervenute per effetto dell’art. 8 bis, l. n. 71 del 2013 ed, in particolare, del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, al fine di delimitare l’oggetto della presente controversia.
In vero, l’art. 49, del d.l. 24 gennaio 2012 n. 1 disponeva che “….L’utilizzo delle terre e rocce da scavo è regolamentato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto”.
In sede di conversione, la legge n. 27 del 2012, modificava detto articolo nei seguenti termini:
- “L'utilizzo delle terre e rocce da scavo è regolamentato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti [da adottarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto].” (comma 1);
- “Il decreto di cui al comma precedente, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, stabilisce le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo sono considerate sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006”. (comma 1 bis);
- “All'articolo 39, comma 4, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, il primo periodo è sostituito dal seguente: "Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, è abrogato l'articolo 186”. (comma 1 ter);
L’art. 49, dunque, come sopra modificato, disponeva l’abrogazione dell’art. 186 del T.U. A., di cui all’art. 39, del d.lgs. 205/2010 (“Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”) alla “data di entrata in vigore del decreto ministeriale” di regolamentazione dell’utilizzo delle terre e rocce da scavo (previsto dall’art. 184 bis, comma 2, T.U. cit.).
Per un verso, è chiaro, dunque, che la l. n. 27 del 2012 di conversione del d.l. n. 1 del 2012, secondo il meccanismo della ‘delegificazione’, ha demandato la disciplina dell’uso delle terre e rocce, come sottoprodotti, alla fonte regolamentare, autorizzando specificamente il Governo ad adottare la norma secondaria e abrogando l’art. 186 cit..
Tuttavia, in fase di conversione del d.l. 21 giugno 2013 n. 69 (c.d. ‘Decreto del Fare’) è stata operata una rilevante modifica sul regime delle terre e rocce da scavo.
Infatti, la l. 9 agosto 2013 n. 98 (pubblicata in G.U. n. 194 del 20 agosto 2013 – Suppl. Ordinario n. 63) ha introdotto un nuovo art. 41 bis nel contesto del d.l. n. 69/2013.
Ne è derivato che, quanto all’ambito di applicazione del d.m. n. 161 del 2012, risulta confermata l’interpretazione iniziale che vedeva la complessa disciplina dettata dal decreto limitata alla gestione dei materiali da scavo che derivano dalle “grandi opere”.
Infatti, in forza dell’art. 184 bis, comma 2 bis, d.lgs. n. 152 del 2006 – di cui all’art. 41, comma 2, d.l. n. 69/2013 - l’ambito di applicazione del Regolamento in esame è circoscritto esplicitamente solo alle terre e rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale”.
In considerazione di quanto esposto i giudici ritengono che i cantieri di piccole dimensioni sono sempre esclusi dall’applicazione del D.M.: “Per quanto appena rilevato, dunque, deve essere dichiarato improcedibile il terzo motivo di ricorso, con cui si censurava l’illegittimità dell’assimilazione, operata dal decreto per cui è causa, dei piccoli cantieri a quelli di medio-grande dimensione con riferimento alla gestione dei materiali da scavo”.
dott. Matteo Acquasaliente
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