Il vincolo aeroportuale è rispettato dai Comuni?

12 Mar 2014
12 Marzo 2014

L’art. 707, c. 5, del Codice della Navigazione, come modificato dal D. Lgs. 09.05.2005 n. 96, recita: “Al fine di garantire la sicurezza della navigazione aerea, l'ENAC individua le zone da sottoporre a vincolo nelle aree limitrofe agli aeroporti e stabilisce le limitazioni  relative agli ostacoli per la navigazione aerea ed ai potenziali pericoli per la stessa,  conformemente alla normativa tecnica internazionale. Gli enti locali, nell'esercizio delle  proprie competenze in ordine alla programmazione ed al governo del territorio,  adeguano i propri strumenti di pianificazione alle prescrizioni dell'ENAC.

Il personale incaricato dall'ENAC di eseguire i rilievi e di collocare i segnali può  accedere nella proprietà privata, richiedendo, nel caso di opposizione dei privati, l'assistenza della forza pubblica.

Le zone di cui al primo comma e le relative limitazioni sono indicate dall'ENAC su apposite mappe pubblicate mediante deposito nell'ufficio del comune interessato.

Dell'avvenuto deposito è data notizia, entro dieci giorni, mediante avviso inserito nel Bollettino ufficiale della regione interessata. Il comune interessato provvede inoltre a darne pubblicità ai singoli soggetti interessati, nei modi ritenuti idonei.

Nelle direzioni di atterraggio e decollo possono essere autorizzate opere o attività compatibili con gli appositi piani di rischio, che i Comuni territorialmente competenti adottano, anche sulla base delle eventuali direttive regionali, nel rispetto del regolamento dell’ENAC sulla costruzione e gestione degli aeroporti, di attuazione dell’Annesso XIV ICAO.

Per gli aeroporti militari le funzioni di cui al presente articolo sono esercitate dal Ministero della difesa e disciplinate con decreto del Ministro della difesa”.

 A tal fine il Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli aeroporti - II Edizione - Emendamento n. 8 del 21.12.2011, adottato dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (E.N.A.C.), per quanto ivi interessa, al Capitolo 9 del Paragrafo 6 prevede che: “6.6 Prescrizioni per la redazione del piano di rischio

Fermo restando il mantenimento delle edificazioni e delle attività esistenti sul territorio, per i nuovi insediamenti sono applicabili i seguenti indirizzi, in termini di contenimento del carico antropico e di individuazione delle attività compatibili, che i Comuni articolano e dettagliano nei piani di rischio in coerenza con la propria regolamentazione urbanistico – edilizia.

  • Zona di tutela A: è da limitare al massimo il carico antropico. In tale zona non vanno quindi previste nuove edificazioni residenziali. Possono essere previste attività non residenziali, con indici di edificabilità bassi, che comportano la permanenza discontinua di un numero limitato di persone.
  • Zona di tutela B: possono essere previsti una modesta funzione residenziale, con indici di edificabilità bassi, e attività non residenziali, con indici di edificabilità medi, che comportano la permanenza di un numero limitato di persone.
  • Zona di tutela C: possono essere previsti un ragionevole incremento della funzione residenziale, con indici di edificabilità medi, e nuove attività non residenziali.
  • Zona di tutela D: in tale zona, caratterizzata da un livello minimo di tutela e finalizzata a garantire uno sviluppo del territorio in maniera opportuna e coordinata con l’operatività aeroportuale, va evitata la realizzazione di interventi puntuali ad elevato affollamento, quali centri commerciali, congressuali e sportivi a forte concentrazione, edilizia intensiva, ecc...

Nelle zone di tutela A, B e C vanno evitati:

-        insediamenti ad elevato affollamento, quali centri commerciali, congressuali e sportivi a forte concentrazione, edilizia intensiva, ecc... ;

-        costruzioni di scuole, ospedali e, in generale, obiettivi sensibili;

-        attività che possono creare pericolo di incendio, esplosione e danno ambientale.

I piani di rischio sono redatti sulla base dei piani di sviluppo aeroportuali; in mancanza di tali piani, il piano di rischio è redatto sulla base della situazione attuale.

Nella redazione dei piani di rischio i Comuni possono adattare il perimetro e l’estensione delle zone di tutela sulla base della configurazione del territorio”.

 Alla luce della citata normativa appare evidente che le Amministrazioni comunali devono contemperare le indicazioni contenute nel Regolamento, ovvero l’esigenza di garantire la sicurezza e l’incolumità pubblica, con le proprie esigenze pianificatorie e la propria normativa urbanistico-edilizia, come conferma la sentenza del T.A.R. Trentino-Alto Adige, Bolzano, sez. I, 12.09.2011 n. 312, ove si legge che: “Ciò significa che nel predisporre il Piano di rischio occorre considerare non solo la lunghezza della pista, ma anche la tipologia di traffico che opera sullo scalo aeroportuale, al fine di poter adottare misure di tutela connesse alle effettive potenzialità di rischio. Si deve, anche, tener presente che il piano di rischio è inteso alla salvaguardia dell'interesse pubblico della tutela del volo ed è, quindi, improntato al principio di precauzione, al fine di evitare incidenti in un'attività potenzialmente pericolosa; con la conseguenza che, al fine di valutare la legittimità delle previsioni del Piano, occorre aver riguardo al principio che l'interesse pubblico de quo deve essere salvaguardato in via prioritaria” ed ancora: “Occorre, innanzitutto, precisare che il Regolamento, al paragrafo 6.6 del capitolo 9, stabilisce espressamente che "per i nuovi insediamenti sono applicabili i seguenti indirizzi in termini di contenimento del carico antropico e di individuazione delle attività compatibili, che i Comuni articolano e dettagliano nei piani di rischio in coerenza con la propria regolamentazione urbanistico-edilizia"; da ciò consegue che le "attività compatibili" vanno valutate con la finalità di limitare il carico antropico e che queste, conseguentemente, a seconda della diversa tipologia, determinano un differente carico antropico, in termini quantitativi. Quanto sopra viene confermato dall'art. 707, comma 5, del codice della navigazione, che, con riferimento ai "Vincoli della proprietà privata", statuisce che: "Nelle direzioni di atterraggio e decollo possono essere autorizzate opere o attività compatibili con gli appositi piani di rischio, che i Comuni territorialmente competenti adottano, anche sulla base delle eventuali direttive regionali, nel rispetto del regolamento dell'ENAC sulla costruzione e gestione degli aeroporti, di attuazione dell'Annesso XIV ICAO"”.

Per quanto concerne l’iter che il Comune deve seguire per adottare il Piano di rischio, il paragrafo 6.7 del Capitolo 9 del Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli aeroporti – II Edizione – Emendamento n. 8 del 21.12.2011, stabilisce che: “6.7 Adozione dei piani di rischio

Il piano di rischio è redatto dal Comune il cui territorio è interessato dalle zone di tutela e, qualora tali zone interessino i territori di più Comuni, il piano è redatto in maniera coordinata.

L’ENAC, ricevuto il piano di rischio dai Comuni, esprime il proprio parere sulla base di valutazioni di tipo aeronautico.

Nelle proprie valutazioni l’ENAC tiene conto dei dati aeronautici che caratterizzano l’aeroporto nello scenario attuale e futuro così come delineato nel piano di sviluppo segnalando le eventuali esigenze di adeguamento.

I cambiamenti significativi di tali parametri, se hanno impatto sui piani di rischio adottati, sono comunicati dall’ENAC ai Comuni al fine di valutare le ricadute sul territorio e di procedere all’eventuale aggiornamento del piano”.

 Alla luce di ciò la giurisprudenza ha affermato che, fermo restando l’obbligo dell’ente comunale di adottare il Piano di Rischio, se sono le altre Amministrazioni pubbliche coinvolte a non partecipare “sollecitamente” e “tempestivamente” all’adozione definitiva del Piano, al Comune è precluso rilasciare dei titoli edilizi nelle aree che saranno soggette al (futuro) vincolo aeroportuale. Sul punto infatti si legge che: “Pertanto, come eccepito dal Comune e non contestato dalle altre parti, l’Amministrazione comunale ha fatto quanto era nelle sue competenze per l’adozione del piano, per cui non le si può addebitare alcuna inerzia.

Allo stato risultano viceversa inadempienti le altre Amministrazioni chiamate dal legislatore a partecipare al procedimento per l’adozione dello strumento urbanistico.

Ne consegue, per converso, che la parte ricorrente dovrà compulsare, con gli strumenti assicurati dall’ordinamento (in particolare, con l’azione di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a.) le altre Amministrazioni, il cui contributo decisionale è necessario per l’adozione del piano di rischio in questione.

Non possono essere accolte neanche le censure avverso il provvedimento sub b), atteso che – come correttamente eccepito dall’ENAC - in mancanza del piano di rischio, e quale che sia la causa della mancata approvazione dello stesso, le attività edilizie non possono essere autorizzate.

Per questo motivo, non può essere accolta neanche la domanda finalizzata ad ottenere la condanna del Comune di Napoli al rilascio del permesso di costruire; fermo restando l’obbligo delle autorità amministrative competenti ad adottare il predetto piano” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 27.02.2014, n. 1215).

 Per completezza espositiva si sottolinea che, con riferimento agli artt. 714 e ss. del Codice della Navigazione ante la riforma del D. Lgs. n. 96/2005, la giurisprudenza ha affermato che spetti al Comune verificare il rispetto del vincolo aeroportuale: “Non può certamente condividersi quanto affermato dalla ricorrente e cioè che il Comune non fosse tenuto a considerare la sussistenza del vincolo aeroportuale: l'art. 715 ter cod. nav. attribuisce, difatti, proprio al Comune la custodia delle mappe ministeriali e, quindi, certamente, anche il compito di assicurarne il rispetto” (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 17.01.2011, n. 89).

Nella medesima sentenza i Giudici statuiscono che vi è l’onere per il privato di impugnare immediatamente il vincolo di inedificabilità assoluta previsto dalla mappe aeroportuali atteso che: “Il Collegio non condivide neppure le conclusioni che la ricorrente trae dai precedenti giurisprudenziali richiamati circa il valore unicamente ricognitivo del vincolo derivante dalla legge e, dunque, non costitutivo. Tutte le sentenze citate dalla ricorrente hanno ad oggetto fattispecie nelle quali, a fronte della pretesa di ricondurre unicamente alle mappe aeroportuali previste il sorgere del vincolo aeroportuale, hanno affermato l'irrilevanza della mancata emanazione del decreto ministeriale di approvazione ed esecutività delle mappe contenenti le zone soggette a limitazione, ex art. 715 quater cod.nav., in quanto le limitazioni e i vincoli alla proprietà privata nelle fasce circostanti gli aeroporti, stabilite dagli articoli 714 e 715 cod.nav., hanno come unico presupposto di operatività l'esistenza di un aeroporto, sicché la mancata emanazione di un nuovo decreto ministeriale di approvazione delle mappe non può condizionare l'esistenza del vincolo (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 15 maggio 1998, n. 995; Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 12 marzo 1992, n. 76; Tar Aosta, 12 febbraio 2006, n. 12). In nessuna pronuncia viene però affermata l'irrilevanza di un vincolo risultante dalle mappe. Né dal principio, accolto nelle pronunce richiamate dalla ricorrente - secondo cui la mancata emanazione del decreto ministeriale di approvazione delle mappe non condiziona l'esistenza del vincolo, derivando tale vincolo già dalla legge - può certo inferirsi la natura meramente dichiarativa dei vincoli previsti dalle mappe ministeriali. Le mappe ministeriali sono, al contrario, indubbiamente lesive, in quanto con esse vengono concretamente apposti i vincoli aeroportuali previsti dagli artt. 714 e ss. cod. nav., tant'è che la legge prevedeva una serie di garanzie procedimentali per la loro adozione. Alle medesime conclusioni era già giunto il Consiglio di Stato, con la sentenza sez. VI, n. 35/1994, richiamata dalla stessa ricorrente. Questa pronuncia precisa, invero, che il d.m. con il quale vengono determinate la direzione e la lunghezza di atterraggio ai sensi dell'art. 714 bis, in quanto atto meramente prodromico, non è immediatamente impugnabile per la sua attuale mancanza di lesività (Cons. Stato, sez. IV, 18.10.1967 nn. 485 e 487) in quanto gli elementi che deve determinare non consentono di individuare in concreto i vincoli, le limitazioni ed i divieti cui le zone che circondano gli aeroporti debbono essere sottoposte ai fini della sicurezza del traffico aereo. Del resto - prosegue il Consiglio di Stato - "la concreta individuazione dei vincoli, delle limitazioni e dei divieti in argomento è disciplinata dal seguito procedimentale, che prevede la redazione di una mappa provvisoria, il deposito della mappa stessa presso il Comune interessato, il decorso di un termine dilatorio per la presentazione di osservazioni ed opposizioni e, infine, l'assunzione del d.m. conclusivo della procedura. Quest'ultimo vincolo, immediatamente impugnabile per la sua attuale lesività, costituisce le limitazioni, i vincoli ed i divieti in argomenti, prevede il diritto dei proprietari di essere indennizzati in caso di demolizione di costruzioni preesistenti e prevede la sanzione dell'abbattimento senza indennizzo per i manufatti successivamente realizzati in contrasto con le sue statuizioni". Laddove nell'approntare le mappe dell'aeroporto di Linate - ponendo l'area in questione in zona rossa - il Ministero per i trasporti non avesse applicato correttamente le previsioni di cui agli artt. 714 e ss. cod. nav. era onere della ricorrente proporre opposizione, nelle forme previste nell'avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 22 settembre 1976, oppure ricorso giurisdizionale avverso tale atto. Ciò comporta che le censure volte ad affermare, in questa sede, l'insussistenza del vincolo aeroportuale - e, in particolare, la circostanza che l'area sarebbe esterna alle direzioni di atterraggio e di decollo e che dunque ricadrebbe non nel vincolo di cui all'art. 715 bis ma in quello previsto dall'art. 715 c. 4 - sono inammissibili, non avendo la ricorrente proposto impugnazione avverso l'atto di apposizione del vincolo di inedificabilità assoluta sull'area di sua proprietà, adottato ai sensi dell'art. 715 ter cod. nav. È, difatti, pacificamente inammissibile l'impugnazione giurisdizionale di un provvedimento amministrativo che rimetta in discussione la legittimità del provvedimento definitivo presupposto, divenuto inoppugnabile”.

In considerazione di ciò il T.A.R. Lombardia ritiene legittimo l’annullamento d’ufficio della concessione edilizia rilasciata dal Comune in un’area soggetta al vincolo aeroportuale di inedificabilità assoluta: “L'intervento di questi organi comunali è da ritenersi sufficiente a garantire il rispetto delle forme procedimentali in considerazione delle ragioni di ordine esclusivamente giuridico per le quali l'amministrazione ha deciso di annullare l'ufficio il titolo edilizio e comunque - per quanto riguarda il principale motivo di annullamento, legato alla esistenza del vincolo aeroportuale - della non necessità di un coinvolgimento dell'E.n.a.c., attesa la competenza del solo Comune a valutare il rispetto delle mappe ministeriali adottate ai sensi dell'art. 715 ter ed il carattere assoluto del vincolo aeroportuale esistente sull'area, quale risultante dalla mappa dei vincoli relativa all'aeroporto di Linate, approvata con d.m. 28 luglio 1976, e come accertato in sede penale”.  

dott. Matteo Acquasaliente

Regolamento per la costruzione e l'esercizio degli aeroporti

TAR Milano n. 89 del 2011

TAR Bolzano n. 312 del 2011

TAR Napoli n. 1215 del 2014

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