A proposito della sanatoria paesaggistica
Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 22 maggio 2014 n. 705, si occupa di numerose questioni in materia di sanatoria paesaggistica: “2.1 Sul punto va, in primo luogo, evidenziato come il provvedimento che ha sancito l’applicazione dell’art. 15 della L. n. 1497/1939 aveva espressamente previsto come nel caso di specie risultasse inesistente un danno al paesaggio, circostanza che già di per sé è in contraddizione con il riferimento al “danno culturale”, presupposto per la stima così posta in essere.
2.2 E’ necessario, inoltre, evidenziare che malgrado la perizia indichi come il criterio da utilizzare doveva risultare pari alla al presunto “profitto”, in quanto risultato della differenza tra il valore dell’opera realizzata e i costi sostenuti per la sua esecuzione, nella quantificazione della sanzione il perito incaricato ha ritenuto di far riferimento al solo “costo di costruzione”.
2.3 Si consideri, ancora, come detti parametri devono considerarsi tra loro alternativi e, ciò, in ossequio ad un costante orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato Sez. V, 20-12-2013, n. 6113) nella parte in cui ha sancito che “…nella previsione normativa, il danno arrecato all'ambiente viene in considerazione solo come criterio di commisurazione della sanzione - in alternativa al profitto conseguito - e non come parametro per l'anno della sanzione medesima (Riforma della sentenza del T.a.r. Liguria, sez. I, 11 giugno 1999, n. 239)”.
2.4 Nemmeno è possibile comprendere se detto costo di costruzione sia riferito a tutte le opere realizzate o solo a quelle poste all’interno e, ciò, anche considerando come sempre nella stima di cui si tratta si affermi che il danno culturale sarebbe limitato alla sola parte interna (soprattutto per la demolizione dei solai lignei).
2.5 Non è possibile comprendere, in ultimo, sulla base di quali presupposti l’Amministrazione ha ritenuto di individuare la somma, espressa per metro quadro e pari a Lire 150.000,00, alla base del calcolo dell’importo complessivo della sanzione.
3. In presenza di detti vizi è, peraltro, evidente come non sia sufficiente a sancire la legittimità del provvedimento impugnato, l’asserito carattere “equitativo” della somma in questione e, ciò, considerando che anche laddove si ritenesse condivisibile l’esistenza del carattere sopra citato ne risulterebbero comunque lesi i principi in materia di obbligo della motivazione, il cui rispetto prescinde dalle modalità di computo utilizzate per calcolare la sanzione.
Il motivo è, pertanto, fondato e va accolto.
4. Se l’accoglimento della censura sopra citata è sufficiente a disporre l’annullamento degli atti impugnati va comunque evidenziato, anche ai fini della riedizione del potere da parte dell’Amministrazione competente, come sia opportuno evidenziare, altresì, l’infondatezza degli ulteriori motivi dedotti.
5. E’ infondato il primo motivo mediante il quale si sostiene l’incompetenza della Provincia di Verona, nell’emanare l’atto impugnato e, ciò, a seguito della delega in materia attribuita ai Comuni a seguito dell’emanazione della L. Reg. n. 63/1994.
5.1 Sul punto è possibile rilevare come il provvedimento del 31 Maggio 1993 (provvedimento rimasto inoppugnato), con il quale è stata comminata la sanzione, è stato emanato in un momento antecedente alla quantificazione di cui si tratta e, quindi, in una fase precedente all’entrata in vigore della disciplina sopra citata.
5.2 Deve inoltre rilevarsi che il successivo decreto del Presidente della Provincia di Verona di determinazione della sanzione ha un valore meramente integrativo e attuativo di una sanzione la cui applicazione era stata già disposta in precedenza.
5.3 Si consideri, ancora, che l’art.10 comma 3 della legge regionale sopra citata prevede una disciplina transitoria che consente di ritenere come sussistesse la competenza della Provincia a concludere tutti quei procedimenti nell’ambito dei quali risultasse già emesso il parere della Commissione consultiva provinciale e, ciò, conformemente a quanto in precedenza già sancito da questo Tribunale (per tutti si veda TAR Veneto n. 299/2013).
5.4 Da considerare infondato è anche il secondo motivo mediante il quale si è dedotta l’incompetenza del professionista incaricato della determinazione della stima ora annullata.
Sul punto è dirimente constatare come l’art. 82 comma 2 lett. f) del Dpr 616/1977 attribuisce alle Regioni tutti i poteri in materia di protezione delle bellezze naturali, potere quest’ultimo che deve necessariamente considerarsi diretto a ricomprendere l’emanazione e la determinazione delle relative sanzioni, legittimando il ricorso anche ad un professionista esterno.
6. Va respinto il terzo motivo mediante il quale si asserisce la violazione dell’art. 7 della L. n. 241/90 e, ciò, in applicazione di un consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude la necessità di far luogo alla comunicazione di avvio del procedimento in presenza di un procedimento ad istanza di parte.
E’ del pari evidente che nel caso di specie era stato il ricorrente ad attivare il relativo procedimento e, ciò, nel momento in cui aveva chiesto alla Provincia di Verona il rilascio dell’autorizzazione in relazione alla domanda di concessione edilizia in sanatoria in precedenza presentata.
7. Con il quarto e il quinto motivo si sostiene che gli interventi oggetto dell’istanza di sanatoria non avrebbero arrecato pregiudizio al paesaggio.
Anche qui, al fine di rilevare l’infondatezza delle censure proposte, è sufficiente ricordare quanto sancito da precedenti pronunce nella parte in cui hanno previsto che l’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici costituisce una sanzione amministrativa che prescinde dall’esistenza di un effettivo danno (Cons. Stato Sez. V, 20-12-2013, n. 6113)”.
Dott. Matteo Acquasaliente
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