Il cambio d’uso dopo la cd. riforma Salva casa

22 Lug 2025
22 Luglio 2025

Nel caso di specie, il Comune inibiva la SCIA di una società, nella parte in cui segnalava il cambio d’uso di un’unità immobiliare da commerciale a residenziale, in quanto avrebbe alterato le previsioni del PEEP, disciplinato dalle NTA allegate ad una variante al PRG che attribuiva valore vincolante alla destinazione d’uso dei fabbricati da edificare, con conseguenze negative sui rapporti tra servizi e abitazioni.

Il TAR Bari ha dichiarato illegittimo l’operato comunale.

Il Comune, prima dell’intervento condotto dalla società, non aveva ancora approvato specifiche condizioni regolamentari per disciplinare, alla luce della legislazione sopravvenuta, i mutamenti di destinazione d’uso, ma riteneva di poter comunque fare riferimento a quelle convenzionali vigenti.

Il TAR ha invece statuito che le regolamentazioni urbanistiche previgenti, anche quelle di origine convenzionale, volte a disciplinare i mutamenti di destinazione d’uso, diventano recessive rispetto alle previsioni contenute all’art. 23-ter d.P.R. 380/2001, come integrate ed innovate dalla cd. riforma Salva casa, tanto più se presentano elementi di contrasto rispetto a queste ultime.

Il mutamento di destinazione d’uso da ufficio ad abitazione è di carattere “verticale” e non “orizzontale”, intervenendo tra categorie funzionali distinte e tra loro non assimilabili.

Il cambio d’uso in parola adempie alle condizioni richieste dall’art. 23, co. 1-quater T.U. edilizia, posto che l’unità immobiliare interessata è ubicata in un contesto edilizio nel quale la maggiore parte delle altre unità è a destinazione residenziale.

Post di Alberto Antico – avvocato

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1 reply
  1. Anonimo says:

    Per capire: per cui anche nei piani di recupero, se non è previsto ad esempio di potere ampliare la parte commerciale/direzionale esistente, oggi tale norma è recessiva?

    Rispondi

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