La nuova norma in tema di perequazione urbanistica

18 Nov 2014
18 Novembre 2014

L'art. 17, d.l. 133/2014, conv. l. 164/2014 disciplina la perequazione urbanistica. In vista anche del convegno di Spinea di questa mattina, l'avv. Stefano Bigolaro, che sentitamente ringraziamo, ci invia la nota allegata, nella quale afferma che l'unica conseguenza di questa norma sembra essere la conferma di una logica ripartitoria dei benefici economici derivanti dall'esercizio delle scelte pianificatorie (logica che si è già concretamente imposta).

La nuova norma in tema di perequazione

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2 replies
  1. Stupefatto says:

    Quando ho letto per la prima volta il “parto perequativo” della commissione Ambiente della Camera, infelicemente arrivato alle 4.50 del mattino dopo tre giorni di votazioni ad oltranza ed una maratona, intralciata dall’ostruzionismo del M5S, di tre giorni, mi è subito venuto alla mente l’aforisma di Tacito:”In uno stato molto corrotto, ci sono troppe leggi”.
    In realtà subito dopo il mio pensiero si è affinato: non solo ci sono troppe leggi, ma queste sono sempre più spesso raffazzonate, non si conosce nè il padre, nè la madre, ed i parlamentari le votano senza più nessun dibattito serio … sono li per votare la fiducia ad un testo imposto … o mangi la minestra, o salti la finestra.
    Qualche giorno fa percorrevo la Strada Regionale 11, da Verona a Peschiera del Garda.
    Dove fino a qualche anno fa era tutto un fiorire di attività produttive, artigianali e commerciali, ora c’è il deserto.
    Capitemi bene, non sono crollati i capannoni, non si sono rotte le vetrine.
    Non siamo nè a l’Aquila, nè a Genova.
    Semplicemente è tutto desolatamente vuoto…. L’unica cosa che appare, sono sommessi cartelli, nemmeno troppo grandi, di “vendesi” o “affittasi”; qua e là, furtivi, individui che si rifugiano sotto un tetto improvvisato ed insperato.
    E mi è venuto in mente un titolo di un passato articolo di questo Blog: “…Chiamale se vuoi perequazioni…”.
    Emozioni non di amore, ma una profonda tristezza ed un senso di inarrestabile decadenza.
    Quando leggevo che i nostri legislatori vivono in un’altra dimensione, mi turbavo; ora mi viene solo un senso di compatimento … mi sovviene l’immagine di un’amante furioso ed infuocato, ma dolorosamente impotente, di fronte ad una donna – la nostra società – che finge di godere per non dover cercare un’altro uomo ed esserne nuovamente delusa.
    Forse in un blog giuridico questo commento è un po’ troppo tristemente querulo, ma non riesco ancora a capire come, di fronte a tanta desolazione edilizia dove spesso domina il denaro di ambigua origine (ma sugli accordi urbanistico/perequativi – ancorchè milionari – non è prescritto il certificato antimafia) ed in un paese dove vengono lasciate morire le imprese sane, si possa ancora parlare di spartizione tra pubblico e privato di un plusvalore. Forse è lo stesso pensiero “debole” che ha ispirato quel legislatore che ha fatto ricomprendere nel PIL anche i proventi illeciti dell’economia sommersa. E siamo nella culla della civiltà europea.
    Per approfondire: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-09-09/istat-economia-sommersa-e-illegalita-pesano-oltre-200-miliardi-124percento-pil-164816.shtml?uuid=ABecY1rB

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  2. barnaba seraglio says:

    Anchio dico la mia, come operatore tecnico. Per non tralasciare aspetti fondamentali lasciati troppo spesso in secondo piano.
    La costruzione della città pubblica comporta la disponibilità, ma, soprattutto, la possibilità di governare risorse ingenti che ne consentano l’attuazione. Richiede l’esistenza di una visione strategica generale, riconosciuta e condivisa, e della capacità di assumere progettualità ideate dalla amministrazione stessa o soprattutto, proposte di portatori di interessi privati. Credo che il ruolo della amministrazione dovrebbe essere, in via generale, quello del catalizzatore di iniziative ed opportunità che il tessuto economico genera, a fianco della capacità, indispensabile, di inserirle all’interno di un quadro di riferimento strategico e di valorizzare le iniziative più coerenti con sua la visione generale.
    Gli strumenti esistono, pur nei loro limiti e nella loro complessità spesso non giustificabile, e sono il PAT ed il Piano degli Interventi, con tutto il corollario di possibilità di variazione, a partire dagli usati e abusati accordi procedimentali.
    La soluzione del rapporto tra risorse ed opportunità risiede, dal mio punto di vista, nella relazione che si deve instaurare tra l’attore pubblico (il comune) e l’attore privato, per cui ad essere sostenuti, soprattutto in ambiti territoriali di valenza strategica, dovrebbero essere quei progetti che contengono in se stessi elementi di rilevanza pubblica tali da portare un contributo sostanziale e generale alla collettività, e finalizzati a rendere il territorio di maggiore qualità. Tali elementi di rilevanza pubblica, evidentemente ulteriori rispetto alla dotazione di standard, possono essere quantificati e definiti in termini economici in modo del tutto trasparente, senza la necessità né di bizantinismi né di eccessive semplificazioni e superficialità e tradotti in opere realizzate nell’ambito territoriale di interesse direttamente dal promotore privato, debitamente contestualizzate ed inserite nello stesso progetto o in opere da realizzare dalla amministrazione con il c.d. contributo straordinario.
    Solo in questo contesto può essere inquadrata questa “nuova” disposizione normativa, correttamente collegata ad interventi, progetti, o, comunque ad iniziative specifiche. I progetti più importanti, in termini di impatto e dimensioni, potranno comportare più facilmente la realizzazione di opere di interesse pubblico, fermo restando la previsione delle stesse nella programmazione triennale, oltre che la correlazione progettuale con l’iniziativa, mentre gli interventi più minuti possono comportare un contributo aggiuntivo economico correlato alla realizzazione di un’opera specifica da parte delle amministrazioni, fermi restando i vincoli della finanza pubblica, sempre presenti nello sfondo. Naturalmente il riferimento è quello di una attività di programmazione del territorio basata sulla risposta a richieste della cittadinanza, possibilmente inquadrate temporalmente e contestualizzate, mentre trasformazioni urbanistiche unilaterali promosse dalla sola amministrazione non possono comportare contributi aggiuntivi straordinari, (anche solo per il fatto che il calcolo del 50% è prioritariamente suddiviso tra comune e parte privata, evidentemente individuata).
    Restano i problemi esposti, operativi e formali, ma penso che si stia delineando un quadro che confermi e consolidi la possibilità (in potenza più che in atto almeno per quanto agli effetti reali sul territorio) di azione propulsiva delle amministrazioni nel sostenere progettualità che contribuiscano realmente alla costruzione della città. Il contesto accennato qui dovrebbe anche in qualche modo scoraggiare l’abuso del ricorso indiscriminato e indifferenziato a forme di contribuzione avulse da qualsiasi logica pianificatoria, improprie e che costituiscono unicamente una occasione persa per costruzione della città.

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