Chi inquina (e chi è proprietario) paga

04 Mar 2014
4 Marzo 2014

Nella  sentenza n. 255/2014 il T.A.R. Veneto chiarisce che, se una società responsabile dell’inquinamento di un’area di sua proprietà viene incorporata per fusione in un’altra società, è quest’ultima – essendo proprietaria del terreno – che deve adempiere all’obbligo di bonifica e ciò a prescindere che la fusione sia avvenuta prima o dopo la modifica dell’art. 2504 bis c. 1, c.c. che attualmente prevede che: “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”.

A riguardo si legge che: “Infatti quanto al primo rilievo, va osservato che anche nel regime precedente alla modifica dell'art. 2504 bis c.c. ad opera del Dlgs. 17 gennaio 2003 n. 6, la fusione di una società determinava una situazione giuridica corrispondente alla successione universale con la contestuale sostituzione nella titolarità di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi (ex pluribus cfr. Cass. Sez. lav., 22 marzo 2010, n. 6845; Cass. Sez. Un., 28 dicembre 2007, n. 27183; Cass. Sez. 3, 13 marzo 2009, n. 6167; Cass. 6 maggio 2005, n. 9432; Cass. 25 novembre 2004, n. 22236; Cass. 3 agosto 2005, n. 16194; Cass. 24 giugno 2005, n. 13695), come si evince dalla precedente formulazione dell'art. 2504 bis c.c., comma 1, la quale statuiva che "la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte" (è proprio il riferimento testuale alle "società estinte" che ha indotto giurisprudenza e dottrina a ritenere che si tratti di successione a titolo universale).

Quanto al secondo rilievo, va osservato, aderendo alle conclusioni cui è giunta altra e più persuasiva giurisprudenza (cfr. con riguardo ad una fattispecie di fusione Tar Toscana, Sez. II, 1 aprile 2011, n. 573), che l’inquinamento è una situazione permanente, in quanto perdura fino a quando non ne siano rimosse le cause ed i parametri ambientali siano riportati entro limiti accettabili, con la conseguenza che le disposizioni di cui al Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, vanno applicate a qualunque sito risulti inquinato a prescindere dal momento nel quale possa essere avvenuto il fatto o i fatti generatori della contaminazione.

Infatti, secondo la ricostruzione effettuata dalla giurisprudenza amministrativa, anche le norme di carattere penale che sanzionano il mancato adempimento degli obblighi di bonifica, collegano la pena non al momento in cui viene cagionato l’inquinamento o il relativo pericolo, ma alla mancata realizzazione della bonifica, che è l’attività necessaria a far cessare gli effetti di una condotta omissiva a carattere permanente (cfr. ex pluribus Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 ottobre 2007, n. 5283; Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 21 gennaio 2013, n. 50), e la sanzione colpisce non l’inquinamento prodotto in epoca precedente, ma la mancata eliminazione degli effetti che permangono nonostante il decorso del tempo (alle medesime conclusioni giunge quell’orientamento della giurisprudenza penale secondo il quale l’art. 51 bis del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, si configura quale reato omissivo di pericolo presunto, che si consuma ove il soggetto non proceda ad adempiere l’obbligo di bonifica secondo le cadenze procedimentali normativamente definite: cfr. Cass. pen., Sez. III, 28 aprile 2000, n. 1783; va dato atto che un diverso orientamento è stato espresso da Cass. civ. 21 ottobre 2011, n. 21887).

Poste tali premesse, deve pertanto concludersi che la Società ricorrente, essendo succeduta a titolo universale alla Società Cledca Spa a seguito della sua incorporazione per fusione, è subentrata in tutti gli obblighi a questa spettanti e quindi anche negli obblighi di facere che sono connessi alla posizione di garanzia dalla stessa assunta a causa della sua pregressa condotta commissiva, con la conseguenza che è pertanto riscontrabile in capo ad essa un obbligo di bonifica e ripristino ambientale di contenuto corrispondente a quello che sarebbe spettato alla Società incorporata se non si fosse estinta.

Infatti, seguendo la teoria dell'illecito permanente sulla quale concorda la giurisprudenza, rispetto agli inquinamenti che, come nel caso di specie, si siano verificati ed esauriti prima dell’entrata in vigore del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, non ha senso differenziare la posizione dell'autore materiale dell'inquinamento, sulla cui responsabilità concorda la giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 ottobre 2007, n. 5283), da quella del suo successore universale.

Altrimenti opinando, dato che rispetto alla normativa sopravvenuta successivamente all’evento generatore dell’inquinamento l’autore materiale dello stesso ed il suo successore versano entrambi nell’identica condizione (in ambedue i casi l’inquinamento è stato realizzato ed è cessato in data antecedente al Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22), in nome della preoccupazione di non rendere di fatto retroattive le disposizioni di cui al Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, si giungerebbe all’assurda conclusione di dover lasciare senza rimedio tutte le contaminazioni storiche che necessitano maggiormente di interventi di bonifica a causa del carattere diffuso ed esteso delle aree inquinate e della pericolosità degli inquinanti presenti, quando invece, secondo una corretta ricostruzione, non si pone il problema di riconoscere o meno alle norme sopravvenute una portata retroattiva, ma di applicarle ratione temporis alle situazioni che necessitino di interventi volti ad evitare pregiudizi ambientali derivanti da una condotta omissiva a carattere permanente che solo la bonifica può rimuovere.

Pertanto, così come l’ordine di bonifica può essere legittimamente rivolto all’autore dell’inquinamento per condotte che sono state poste in essere e sono cessate prima dell’entrata in vigore del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, allo stesso modo il medesimo ordine può essere rivolto al suo successore universale che sia subentrato a tutti gli obblighi a questo spettanti, e quindi anche agli obblighi di facere connessi alla posizione di garanzia assunta dall’autore dell’inquinamento a causa della sua pregressa condotta commissiva”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 255 del 2014

 

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