L’accertamento dell’Agenzia delle Entrate vincola la stazione appaltante
Il T.A.R. Veneto, nella sentenza n. 152/2014, chiarisce inoltre che la causa di esclusione ex art. 38, c. 1, lett. g), D. Lgs. n. 16372006 (secondo cui: “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: (...)g) che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”) impone - di regola - alla stazione appaltante di considerare quanto accertato dall’Agenzia delle Entrate nell’atto di accertamento/cartella di pagamento: “Ciò premesso va evidenziata l’inconferenza sia del pagamento effettuato (tardivamente) a saldo dell’importo recato dalle tre cartelle menzionate dall’attestazione dell’Agenzia, sia degli elementi con i quali (anche qui, tardivamente, in quanto avrebbe dovuto presentarli, semmai, in occasione dell’ostensione dell’offerta) l’interessata tenta di dimostrare l’avvenuto, tempestivo pagamento di una parte del debito tributario, pagamento che avrebbe ricondotto l’esposizione debitoria sotto la soglia di “gravità”: ed infatti, mentre il pagamento effettuato in data 16.5.2012 è pacificamente intempestivo ai fini della dimostrazione della regolarità fiscale (cfr, Ap 4.5.2012 n. 8 e, da ultimo, CdS, V, 17.1.2014 n. 169), la (tentata) dimostrazione in sede giurisdizionale è, oltre che intempestiva, affatto inconferente ai fini della contestazione del debito tributario recato dalla certificazione dell’Agenzia (in ragione dell’insindacabilità di quest’ultima da parte del giudice amministrativo), senza trascurare, peraltro, che le cartelle di pagamento erano, all’epoca in cui dovevano essere posseduti i requisiti, valide, efficaci ed esecutive (talchè, non essendo state impugnate, rappresentavano inequivocabilmente un credito dell’erario eseguibile nel loro intero importo, importo che, come si è accennato, superava abbondantemente la soglia di “gravità” indicata dall’art. 38 del codice).
Ed invero, premesso che ai sensi dell’art. 38, I comma, lett. g) costituiscono causa di esclusione dalle gare di appalto le gravi violazioni, definitivamente accertate, alle norme in materia di imposte e tasse e che, a tale fine, mentre la nozione di “violazione grave” si desume dallo stesso art. 38, II comma, l’esistenza della violazione dev’essere attestata dall’Agenzia delle Entrate tramite apposita attestazione (documento che, sotto il profilo oggettivo, “si sostanza in una dichiarazione di scienza e si colloca fra gli atti di certificazione o di attestazione aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso dell'ente, assistiti da pubblica fede ex articolo 2700 c.c. e facenti pertanto prova fino a querela di falso”: cfr. CdS, IV, 12.3.2009 n. 1458; V, 3.2.2011 n. 789 e 17.5.2013 n. 2682, ancorchè in relazione al DURC, di analoga natura), ne segue che le certificazioni relative alla regolarità tributaria delle imprese partecipanti a procedure di gara per l'aggiudicazione di appalti con la Pubblica amministrazione emanate dalla predetta Agenzia si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto (cfr., in relazione all’analoga fattispecie della violazione delle norme in materia previdenziale e assistenziale, Ap, 4.5.2012 n. 8 e, da ultimo, CdS, V, 17.5.2013 n. 2682).
È appena, poi, il caso di accennare che in materia di appalti pubblici, ai fini della valutazione della definitività dell'accertamento per gli effetti di cui all'art. 38, I comma, lett. g) del DLgs n. 163/2006, rileva unicamente la circostanza che al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara sia spirato il termine per l'impugnazione dell'atto di accertamento/cartella di pagamento senza che sia stato proposto ricorso giurisdizionale (cfr., pur in relazione alla lettera “i”, CdS, V, 13.7.2010 n. 4511).
Ciò precisato, la spettanza in capo alle stazioni appaltanti di poteri istruttori nei confronti dell’attestazione di regolarità fiscale è ammissibile soltanto nel caso di incompletezza della certificazione (nel caso, cioè, in cui dalla certificazione non fosse rilevabile la effettiva portata della gravità della violazione per mancata indicazione degli importi il cui pagamento sia stato omesso), giacchè in tal caso non si tratta di trascurare il ruolo fondamentale svolto dall’attestazione stessa quanto, al contrario, di prendere atto delle sue risultanze, che appunto non consentono, per la loro incompletezza, di comprendere l’entità della violazione degli obblighi tributari perpetrata dall’impresa, e quindi la dimensione della loro gravità”.
dott. Matteo Acquasaliente
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