Sulla pianificazione urbanistica
Il T.A.R. ricorda l’amplia discrezionalità amministrativa che sorregge le scelte comunali di pianificazione urbanistica.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Il T.A.R. ricorda l’amplia discrezionalità amministrativa che sorregge le scelte comunali di pianificazione urbanistica.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Il Consiglio di Stato ha affrontato la questione relativa alle altezze massime che potrebbero essere assentite ai sensi del cd. “Piano Casa” (l. R.V. n. 14/2009 e ss.mm.ii.), nell’ambito dell’impugnazione di una sentenza del TAR Veneto.
In particolare il G.A. ha confermato la decisione del giudice di primo grado, dichiarando l’applicabilità confinata della disciplina del Piano Casa sulle altezze massime assentibili (art. 9, co. 8-bis), che a detta della giurisprudenza trova come suo limite sia la lettera della norma – che dichiara “sino ad un massimo del 40 per cento dell’altezza dell’edificio esistente” – sia la natura eccezionale della disciplina.
Ciò posto, il Consiglio di Stato si sofferma sulla costituzionalità o meno della normativa de qua, posto che la Corte Costituzionale, a cui aveva rimesso la questione, ne aveva dichiarato l’inammissibilità: e la conclusione cui arriva il giudice di appello rispecchia la sua prima valutazione. Il Giudice conferma infatti la sussistenza di una prevalenza della disciplina dettata dal d.m. n. 1444/1968 in tema (anche) di altezze massime sulla disciplina derogatoria regionale, evidenziando che il superamento dei limiti posti dal decreto costituirebbe, di per sé, violazione di una norma statale inderogabile (in quanto il d.m. è stato adottato su delega dell’art. 41-quinquies l. n. 1150/1942).
Aggiunge il Consiglio di Stato che tale normativa statale non solo prevale sui regolamenti locali, ma sarebbe anche derogabile dal legislatore regionale solamente nei limiti e negli ambiti di quanto concesso dal decreto, limiti che sarebbero stati superati nel caso di specie.
Si segnala, peraltro, che la lettera dell’art. 2-bis, co. 1 T.U. Edilizia sembrerebbe ammettere una deroga generalizzata alla disciplina del d.m. n. 1444/1968.
Peraltro, il Consiglio di Stato nella medesima sentenza offre anche una lettura aggiornata della disciplina: secondo il G.A., infatti, alla luce del nuovo co. 1-ter dell’art. 2-bis, la norma statale ammetterebbe ora il superamento della preesistente altezza massima del fabbricato, seppur nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti. E l’art. 9, co. 8-bis prevedrebbe un limite massimo a tale possibilità, ovverosia il 40 per cento dell’edificio preesistente: limite confinato però solo alle pratiche presentate ai sensi del Piano Casa.
Post di Alessandra Piola – avvocato
E' stata pubblicata sul Bur n. 44 del 31 marzo 2021 la Deliberazione della Giunta Regionale n. 378 del 30 marzo 2021, recante "Art. 3 del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici». Approvazione delle nuove disposizioni regionali per le autorizzazioni in zona sismica e per gli abitati da consolidareprovvedimento approva le nuove disposizioni regionali per le autorizzazioni in zona sismica e per gli abitati da consolidare per l’attuazione delle nuove disposizioni in materia sismica.
L’art. 3 del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla L. 14 giugno 2019, n. 55, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici» è intervenuto con modifiche di rilevante entità sulla Parte II “Normativa tecnica per l’edilizia” del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, ed in particolare sui procedimenti autorizzativi relativi agli interventi edilizi nelle località sismiche di cui al Capo IV, articoli dall’83 al 106 del Testo Unico.
DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE N. 378 DEL 30 MARZO 2021
Post di Daniele Iselle - funzionario comunale
L'avv. Domenico Chinello, che sentitamente ringraziamo, ci invia la nota, che volentieri pubblichiamo, sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 54 del 2021, pubblicata ieri, riguardante la legge regionale del Veneto n. 51 del 2019, sul recupero dei sottotetti a fini abitativi
Chinello_Recupero dei sottotetti e titolo necessario
Il T.A.R. Milano, pur dando atto dei contrapposti orientamenti, illustra che il sequestro penale di un immobile abusive non impedisce ex se di ottemperare all’ordine demolitorio dello stesso.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Il T.A.R. ricorda che, in determinate circostanze, l’espulsione per omessa indicazione degli oneri per la sicurezza non può essere disposta sic et simpliciter, ma occorre applicare il meccanismo del cd. soccorso istruttorio.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Il TAR Veneto ha ricordato che l’azione di risarcimento del danno da provvedimento illegittimo va ricondotta allo schema generale dell’art. 2043 c.c., perciò sul danneggiato grava l’onere della prova circa la sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell’illecito.
Post di Alberto Antico – dottore in giurisprudenza
Con la sentenza n. 54 del 2021, pubblicata oggi, ha ritenuto conforme alla Costituzione la legge regionale del Veneto n. 51 del 2019 sui sottotetti, tranne nella parte in cui sembra sottoporre gli interventi sempre alla SCIA ordinaria, anzichè alla SCIA alternativa o a quella ordinaria, a seconda di quello che serve in base al DPR 380/2001 (vale a dire se è ristrutturazione o no).
L’Avvocatura generale dello Stato riteneva, in primo luogo, che le disposizioni dell’art. 1, comma 1, e dell’art. 2, comma 1, della legge regionale impugnata, laddove individuano limiti minimi di altezza e di superficie di illuminazione dei locali oggetto di recupero diversi da quelli stabiliti dal decreto ministeriale 5 luglio 1975 (Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 relativamente all’altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali d’abitazione), e dal decreto interministeriale 26 giugno 2015 (Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici, fossero in contrasto con gli artt. 3 e 32 Cost., «in quanto si discostano, senza che emerga una ragionevole giustificazione, dai parametri individuati dallo Stato» in tali decreti, strumentali alla tutela della salubrità e vivibilità degli ambienti.
Sul punto la Corte afferma che: "La disciplina regionale diretta a introdurre specifici requisiti di altezza e aeroilluminazione per la sola porzione dell’unità abitativa costituita dal recupero edilizio dei sottotetti non comporta deroga agli standard uniformi fissati dal d.m. 5 luglio 1975 in attuazione del r.d. n. 1265 del 1934, i quali nulla prescrivono riguardo a una fattispecie così specifica come quella in questione.
Ciò perché, innanzitutto, i locali oggetto delle norme regionali impugnate costituiscono solo una parte dell’unità abitativa, che deve preesistere e possedere già i prescritti requisiti di abitabilità. Inoltre, tali locali sono caratterizzati normalmente da una peculiare morfologia, tanto che la disciplina impugnata fa riferimento all’altezza media, da calcolarsi escludendo le parti del sottotetto inferiori a una certa soglia.
D’altra parte, gli interventi di recupero perseguono interessi ambientali certamente apprezzabili, quali la riduzione del consumo di suolo e l’efficientamento energetico.
Evidentemente in considerazione del carattere di lex specialis della disciplina relativa ai requisiti di abitabilità dei sottotetti concernenti altezza e aeroilluminazione, non regolati a livello di legislazione statale, le leggi regionali hanno dettato da tempo proprie discipline (si veda la legge della Regione Lombardia 15 luglio 1996, n. 15, recante «Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti»; nonché la legge della RegioneVeneto 6 aprile 1999, n. 12, recante «Recupero dei sottotetti esistenti a fini abitativi»), le quali prevedono requisiti di altezza e aeroilluminazione a tutela delle medesime esigenze di salubrità e igiene di cui si fa carico la disciplina statale, tenendo conto delle peculiarità strutturali dei locali oggetto di recupero e del loro carattere non autonomo rispetto a unità abitative già esistenti (sentenze n. 208 del 2019, n. 282 e n. 11 del 2016)".
Post di Daniele Iselle - funzionario comunale
S.54/2021 del 24/02/2021
Udienza Pubblica del 23/02/2021, Presidente CORAGGIO, Redattore VIGANÒ
Norme impugnate: Artt. 1, c. 1°, 2, c. 1°, 2° e 3°, e 3 della legge della Regione Veneto 23/12/2019, n. 51.
Oggetto: Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Veneto - Disposizioni per il recupero dei sottotetti a fini abitativi - Finalità - Condizioni e limiti di applicazione.
Paesaggio - Previsione che il regolamento edilizio comunale determina le tipologie di apertura delle falde e ogni altra condizione per il rispetto degli aspetti paesistici, monumentali e ambientali dell'edificio oggetto di intervento - Clausola di salvezza, con riguardo alla tutela paesaggistica, riferita agli edifici soggetti a tutela ai sensi degli artt. 13 e 17 della legge regionale n. 11 del 2004.
Titolo abitativo e contributo di costruzione - Classificazione degli interventi come ristrutturazione edilizia, soggezione al regime di segnalazione certificata di inizio di attività [SCIA].
Dispositivo: illegittimità costituzionale parziale - non fondatezza - non fondatezza nei sensi di cui in motivazione
Atti decisi: ric. 27/2020
Il T.A.R. ricorda che le fonti normative che impongono alla P.A. di rispondere alle istanze formulate dal privato possono essere individuate anche nei principi generali desumibili dal sistema giuridico, quali il principio di legalità, di buona andamento ed efficienza della P.A. e di giustizia.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Il Consiglio di Stato ha affermato che l’art. 9 del d.m. n. 1444/1968 non si applica solo alle nuove costruzioni, ma anche agli interventi di ristrutturazione edilizia che comportano una trasformazione radicale dell’edificio oggetto dell’intervento. Infatti, l’interpretazione letterale della norma è recessiva rispetto a quella teleologico-sistematica.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
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