15 Marzo 2021
Vi ricordate il pongo, quel materiale plastico modellabile col quale giocavamo da bambini o facevamo i lavoretti a scuola?
Usavamo anche prodotti simili, come la plastilina o il DAS.
Mi è tornato in mente ragionando sulla evoluzione che il concetto di ristrutturazione ha subito nel corso del tempo.
Oggi, dopo il decreto semplificazioni (decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, in S.O. n. 24/L alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 178 del 16 luglio 2020, coordinato con la legge di conversione 11 settembre 2020, n. 120) sembra che si possa dire che il volume esistente sia diventato un oggetto che in sede di ristrutturazione edilizia si può rimodellare molto liberamente, così come se fosse il pongo.
Stabilire se un intervento edilizio su un volume esistente sia una ristrutturazione edilizia oppure una nuova costruzione comporta rilevanti differenze, per esempio in tema di calcolo del contributo di costruzione, di percentuali IVA che si pagano ai fornitori o di possibilità di accedere al superbonus del 110.
In origine il concetto di ristrutturazione correva su binari molto stretti: bisogna rispettare il sedime, la sagoma e il volume e non comprendeva la demolizione e la ricostruzione.
Quindi bastava poco perché un intervento su un edificio esistente non potesse essere qualificato come ristrutturazione e diventasse, invece, una nuova costruzione, con tutte le conseguenze del caso.
Poi il mondo è cambiato e adesso siamo arrivati molto lontani dal punto di partenza: siamo arrivati al pongovolume.
Facciamo un esempio, guardando il disegno qui sotto riportato: a sinistra c'è il lotto esistente, con un unico edificio, indicato con le linee tratteggiate, a destra c'è lo stesso lotto, diviso in due parti, ciascuna con un nuovo edificio da costruire

I due nuovi edifici a destra hanno un volume complessivo superiore a quell'edificio di partenza, in quanto l'indice del lotto lo consente.
Secondo un Comune, questo è un intervento di ristrutturazione edilizia con ampliamento.
Come fa il Comune a dire questo? Il Comune applica alla lettera quanto è scritto ora in una parte dell'articolo 3, comma 1, lettera d) del DPR 380: "Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana".
Dunque il volume edilizio è diventato una sorta di pongo che in sede di ristrutturazione si può modellare come meglio si vuole, senza più limiti di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche?
Se è così, va bene, l'importante è saperlo e tenerlo presente.
Post di Dario Meneguzzo - avvocato
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