Le cappelle gentilizie e private al di fuori dei cimiteri

20 Ago 2013
20 Agosto 2013

Segnaliamo sull'argomento la sentenza del Consiglio di Stato n. 4161 del 2013.

Scrive il Consiglio di Stato: "3.1) Com'è noto già l'art. 340 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (recante "Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie") poneva il divieto generale di seppellimento "...in luogo diverso dal cimitero" (comma 1), fatta salva la sola "... tumulazione di cadaveri nelle cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore di quella stabilita per i cimiteri" (comma 2), fattispecie da non confondere con quella di cui all'art. 341, di autorizzazione specifica del Ministro dell'Interno di "...autorizzare, di volta in volta, con apposito decreto, la tumulazione dei cadaveri in località differenti dal cimitero, quando concorrano giustificati motivi di speciali onoranze".

Per le c.d. sepolture private fuori dai cimiteri, nella duplice forma delle cappelle gentilizie in senso stretto (ossia destinate dal fondatore ad una gens, quindi a persone legate rapporti di sangue, parentela o affinitĂ ) e delle cappelle private (riferibili a enti, associazioni, fondazioni, corporazioni, anche religiose), requisito essenziale era quindi la distanza da centri abitati almeno pari a quella prescritta per i cimiteri dall'art. 338 r.d. n. 1265/1934, pari a almeno 200 ml.

L'art. 105 del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 (recante "Regolamento di polizia mortuaria"), sostanzialmente riproduttivo dell'art. 82 del previgente regolamento di analogo oggetto di cui al r.d.

21 dicembre 1942, n. 1880, ha circoscritto la possibilitĂ  di realizzare, e mantenere, cappelle private e gentilizie fuori dai cimiteri alla condizione essenziale che esse "...siano attorniate per un raggio di m 200 da fondi di proprietĂ  degli enti e delle famiglie che ne chiedono la concessione e sui quali gli stessi assumano il vincolo di inalienabilitĂ  e di inedificabilitĂ " (comma 1), stabilendo che "Venendo meno le condizioni di fatto previste dal precedente comma, i titolari della concessione decadono dal diritto di uso delle cappelle" (comma 2), e con salvezza delle sole cappelle private o gentilizie e dei cimiteri privati "....preesistenti all'entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265..." per i quali ha disposto che essi ".... sono soggetti, come i cimiteri comunali, alla vigilanza dell'autoritĂ  comunale" (comma 3).

Tali disposizioni sono state poi riprodotte e trasfuse nell'art. 104 del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, recante il nuovo regolamento di polizia mortuaria tuttora in vigore.

3.2) Orbene, è incontestato, in punto di fatto, che il Monastero non è proprietario di suoli all'intorno della sepoltura privata che esso ospita per fascia di profondità di 200 ml. sulla quale possa costituire il richiesto vincolo di asservimento e inedificabilità.

Ne consegue che se deve revocarsi in dubbio che potesse autorizzarsi la realizzazione della sepoltura -apparendo significativo che la prima istanza fosse stata respinta, e soltanto la seconda accolta su sollecitazione del Sindaco dell'epoca, e sia pure per ragioni di carattere "etico-morale" intese a garantire in qualche modo l'invocata rigida regola claustrale, prive però di consistenza giuridica-, non può confutarsi la piena legittimità del provvedimento che, in stretta applicazione dell'art. 104 del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (riproduttivo dell'art. 105 del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803) ha dichiarato la decadenza dal diritto d'uso della cappella realizzata nel complesso monasteriale.

Peraltro, per le ragioni evidenziate in modo puntuale ed efficace nella sentenza impugnata, qui condivise, può immaginarsi che le disposizioni del codice canonico possano autorizzare la conservazione della cappella.

Infatti, il canone 1240 prevede "cimiteri propri della Chiesa" solo "dove è possibile", altrimenti richiedendo solo che nei cimiteri civili vi siano "spazi...riservati ai fedeli defunti", entrambi da benedire "secondo il rito proprio", o in alternativa "se non è possibile ottenere ciò" con benedizione dei "singoli tumuli" e il successivo canone 1241 ammette che parrocchie e istituti religiosi possano avere "il cimitero proprio" e così anche "...altre persone giuridiche o le famiglie possono avere un cimitero o un sepolcro peculiare".

Tali disposizioni proprie dell'ordinamento canonico, esterno a quello statuale, non possono interferire né sovrapporsi o prevalere sulla disciplina generale che subordina la realizzazione di sepolture fuori dai cimiteri, nel caso cappelle di ordini religiosi, o anche campi di inumazione, a rigorose e specifiche condizioni finalizzate alla salvaguardia di interessi pubblici di natura igienico-sanitaria e urbanistico-edilizia.

Alla stregua dei rilievi che precedono, l'appello in epigrafe risulta quindi infondato, non meritando censura alcuna delle statuizioni della sentenza impugnata.

Il procedimento di decadenza è stato avviato e concluso in puntuale e doverosa applicazione dell'art. 104 del d.P.R. 285/1990, onde non possono assumere rilievo alcuno le vicende relative all'adozione e approvazione di variante urbanistica per realizzazione di opere pubbliche in aree adiacenti il monastero, né risulta conferente il richiamo alla distanza tra esso e il cimitero comunale, risultando infondati tutte le altri motivi, per vero confusamente dedotti".

Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4161 del 2013

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