L’audio del seminario di Italiaius del 2 luglio 2021 sulla l.r. 19 del 2021

05 Lug 2021
5 Luglio 2021

https://drive.google.com/file/d/1tALQ0UxTY3ceMfDVnQ8_z-n76DpzGQtR/view?usp=sharing

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15 replies
  1. Anonimo says:

    Per fare una nota di chiusura sugli art. 2 e 4,- la Regione prima si approvare i predetti articoli, non doveva prima recepire il Dpr 380/2001???

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  2. Anonimo says:

    rif: art. 2 –

    la questione del fatto che la scia alternativa, sarebbe consentita in presenza di normazione urbanistica “ di dettaglio “, sarebbe superata:

    – dall’ esistenza o meno, nel Comune dove viene realizzato l’intervento, di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche, e sia prevista una normazione urbanistica ‘di dettaglio’».

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  3. Anonimo says:

    Note all’art. 2 –

    Disposizioni attuative dell’articolo 23 del Testo unico dell’edilizia.
    1. In attuazione dell’articolo 23, comma 01, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, fermo restando quanto previsto dall’articolo 23-bis, comma 4, del medesimo decreto, si considerano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche, gli interventi di nuova costruzione per i quali lo strumento urbanistico generale definisca tutti i seguenti parametri:
    a) volume o superficie coperta;
    b) altezza massima o numero dei piani;
    c) distanza minima dai confini;
    d) distanza minima dai fabbricati.

    Si è trascurato di spiegare se si ritiene che l’espressione “strumentato urbanistico generale”, sia riferito ai soli parametri a, b,c,d, o se siano INCLUSE anche le prescrizioni urbanistiche dettagliate
    visto che da ciò deriverebbe l’obbligo per la legislazione regionale di adeguarsi al principio fondamentale, secondo cui la « Scia edilizia, alternativa al permesso di costruire, è consentita solo qualora sia prevista una normazione urbanistica ‘di dettaglio’», al cui interno rientrerebbero i diversi strumenti urbanistici regolati dalle Regioni;

    che, in ogni caso, anche se la regione avrebbe trascurato di spiegare per quale ragione ritiene che l’espressione “strumentazione urbanistica generale”, alla cui presenza è subordinata la realizzazione con Scia alternativa di nuove costruzioni, non si debba necessariamente escludere le prescrizioni urbanistiche dettagliate.

    Ma allora si manterrebbe ferma la necessità, per le ipotesi in cui si preveda la Scia alternativa al permesso di costruire, della esistenza di pianificazione urbanistica di dettaglio, la quale sarebbe «l’unica a giustificare detta estensione della Scia alternativa nell’ambito dei principi generali che regolano detto istituto in via normale ex lege n. 241 del 1990»;

    che, pertanto, la disposizione regionale nella parte in cui rende le opere edilizie di nuove costruzioni, realizzabili mediante Scia alternativa al permesso di costruire, pur in assenza di pianificazioni di dettaglio, contrasterebbe con l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in quanto determinerebbe la depenalizzazione degli interventi di nuova costruzione a Scia anche in assenza di pianificazione di dettaglio, dal momento che ad essi non potrebbe riferirsi la previsione dell’art. 44, comma 2-bis, del TUED.

    che, peraltro, una generale liberalizzazione dei titoli abilitativi, in mancanza della individuazione di principî fondamentali, determinerebbe una irragionevole differenziazione dei regimi giuridici nelle varie Regioni e consentirebbe alla legislazione regionale di depenalizzare interventi che per la legge statale sono realizzabili solo con permesso di costruire;

    che la disposizione violerebbe, oltre agli artt. 25 e 117, anche l’art. 97 della Costituzione per inosservanza del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, dal momento che l’estensione della Scia alternativa anche ad interventi di maggior rilievo “in cui gli interessi pubblici primari sono prevalenti”, senza neppure il limite della preesistenza di una pianificazione di dettaglio, determinerebbe una “privatizzazione dell’istruttoria” con lesione della “razionalità procedimentale”;

    La regione Veneto ha una legge che nel testo risulti che subordini la facoltà di realizzare con Scia alternativa gli interventi, facendo riferimento ad una delibera della Giunta regionale??? alla conformità dei medesimi alla “vigente strumentazione urbanistica”, rispettoso dei principî posti dalla legge statale?????

    che, ancora, si dispone che dalla entrata in vigore della eventuale legge di cui sopra, cessa di avere diretta applicazione in ambito regionale la disciplina di dettaglio prevista dal d.P.R. n. 380 del 2001???

    La presente normativa regionale incide sul regime penale creando una minor tutela per gli interventi edilizi di maggior rilievo?????.

    che l’art. 2, della legge violerebbe, inoltre, il principio della necessaria compresenza di titoli abilitativi espressi e taciti, dal momento che determinerebbe la sostanziale esclusione del titolo edilizio espresso, sia pure in via facoltativa???;

    La locuzione “ strumentazione urbanistico generale” contenuta nella norma , sarebbe sinonimo anche di quei piani attuativi contenenti precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive??????.

    che, la disposizione regionale finirebbe per incidere sul sistema sanzionatorio penale, in quanto sottrarrebbe taluni interventi al regime penale in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, ed inoltre contrasterebbe con il principio di legalità e tassatività dei precetti penali, dal momento che, ampliando l’ambito degli interventi soggetti a Scia alternativa, farebbe sì che questi siano sforniti di sanzione penale ovvero siano comunque puniti, “sicché sarebbe inutile la previsione di alternatività” dei titoli abilitativi, la quale rileverebbe solo sotto il profilo amministrativo e civile????;

    Le leggi Regionali n. 61/85 e n. 11/2004, la quale contiene una nuova disciplina organica del governo del territorio, parla della esistenza di pianificazione urbanistica di dettaglio???? dispone che dalla entrata in vigore della legge cessa di avere diretta applicazione in ambito regionale la disciplina di dettaglio prevista dal d.P.R. n. 380 del 2001???.

    che, in particolare, tali leggi, oltre a regolare ex novo la pianificazione territoriale, nell’ambito della gestione del territorio, disciplina i titoli abilitativi, individuati nel permesso di costruire e nella Scia alternativa???;

    che tali leggi, nell’individuare gli interventi realizzabili mediante Scia alternativa, configura tale strumento come del tutto alternativo al permesso di costruire e richiede, quale unico requisito per la sua utilizzazione, che l’intervento da realizzare sia conforme agli strumenti di pianificazione vigenti ed adottati, nonché ai regolamenti edilizi vigenti ?????;

    che, inoltre, la legge regionale, in tema di sanzioni, estende anche agli interventi realizzati con Scia Alternativa in mancanza dei requisiti richiesti, ovvero “in contrasto con la normativa di legge o con le previsioni degli strumenti di pianificazione vigenti o adottati” le sanzioni previste dalla normativa statale per gli interventi eseguiti in assenza ovvero in difformità dal titolo abilitativo???;

    che, pertanto, la normativa regionale incide direttamente sulle disposizioni sopra richiamate, abrogandole e dettando una nuova disciplina della Scia alternativa, nonché delle sanzioni anche penali????;

    Infine, per le considerazioni di cui sopra, il presente art. 2 introdotto dalla Regione Veneto, così come articolato, è sufficiente a dire che si considerano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche, gli interventi di nuova costruzione per i quali lo strumento urbanistico generale definisca tutti i seguenti parametri:
    a) volume o superficie coperta;
    b) altezza massima o numero dei piani;
    c) distanza minima dai confini;
    d) distanza minima dai fabbricati;

    Visto che la Scia edilizia, alternativa al permesso di costruire è consentita solo qualora sia prevista una normazione urbanistica ‘di dettaglio’», specificamente disciplinata. Tali categorie aggiuntive e i differenti presupposti urbanistici devono pur sempre inquadrarsi nell’ambito di una pianificazione urbanistica di dettaglio; sicché in questo caso i poteri delle Regioni sarebbero limitati, visto il rimando alla disciplina pianificatoria di dettaglio;

    In tale ultimo caso si manterrebbe ferma la necessità, per le ipotesi in cui si preveda la Scia alternativa al permesso di costruire, della esistenza di pianificazione urbanistica di dettaglio, la quale sarebbe «l’unica a giustificare detta estensione della Scia alternativa nell’ambito dei principi generali che regolano detto istituto in via normale ex lege n. 241 del 1990»;

    Siamo sicuri che, si sia equiparato del tutto la disciplina sostanziale di questi interventi con quelli assoggettati a permesso di costruire, che stabilisce per gli interventi edilizi maggiori, l’applicazione delle sanzioni penali (art. 44, comma 2-bis) se eseguiti in assenza o in totale difformità dalla Scia alternativa, nonché delle sanzioni amministrative e del potere di annullamento, di sospensione dei lavori e di demolizione, e dell’accertamento di conformità;

    Dalla normativa statale emergerebbe il principio fondamentale – della necessaria compresenza di titoli abilitativi preventivi ed espressi (permesso di costruire) e taciti (Scia);

    che da ciò deriverebbe l’obbligo per la legislazione regionale di adeguarsi al principio fondamentale, secondo cui la «scia edilizia, alternativa al permesso di costruire, è consentita solo qualora sia prevista una normazione urbanistica ‘di dettaglio’», al cui interno rientrerebbero i diversi strumenti urbanistici regolati dalle Regioni;

    Per concludere, siamo sicuri che dopo avere realizzato un capannone, con Scia alternativa, non incorro in sanzioni penali, se poi viene accertato che occorreva il permesso di costruire????;

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  4. Anonimo says:

    rif.: art. 5 –
    Una generale liberalizzazione dei titoli abilitativi, in mancanza della individuazione di principî fondamentali, determinerebbe una irragionevole differenziazione dei regimi giuridici nelle varie Regioni e consentirebbe alla legislazione regionale di depenalizzare interventi che per la legge statale sono realizzabili solo con permesso di costruire;

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  5. Anonimo says:

    Nota all’art. 5 – comma 3 let. b –
    Art. 22 (Dpr 380/2001) – Interventi subordinati a segnalazione certificata di inizio attività
    il comma 4, cita: 4. Le regioni a statuto ordinario con legge possono ampliare o ridurre l’ambito applicativo delle disposizioni di cui ai commi precedenti. Restano, comunque, ferme le sanzioni penali previste all’articolo 44. La Regione nell’ applicare la Scia all’art. 5 comma 3 let. b), rispetta la citata norma??? o prima occorreva un legge per poi poterlo fare-

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  6. Anonimo says:

    Commento art. 5 comma 3 let. c)-
    L’avere inserito come intervento soggetto a CILA questa tipologia di intervento, senza prima avere esteso l’applicabilità della Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA), ai sensi dell’art.6 bis c.4 lett. a) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, come era stato previsto all’art. 2 del PDL 513, è corretto???

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  7. Anonimo says:

    Scusate. Va bene tutto , ma qualcuno mi spiega, cosa cambia dire che fino a mq 250 senza opere è manutenzione straordinaria( quindi Cila), mentre da mq 251 se opere di manutenzione straordinaria è sempre Cila.

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  8. Anonimo says:

    Penso che il comma 3 dell art 5, si applica cosi: con opere il titolo che serve. Senza opere: Scia sempre, tranne cila fino a 250 mq, quindi mq 251 è Scia .

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  9. Anonimo says:

    Art 5- In effetti se realizzo opere non posso applica re le lett. b e c, cosa mi rimane il Pdc o scia art 23??? Si vuole dire questo, visto che la lett. a), dice che serve il titolo adatto per le opere da fare… Allora oltre i 250mq con opere, cosa faccio????visto che anche la scia mi è preclusa,

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  10. Anonimo says:

    Commento art 5 parte che parla di Cila fino a 250 mq
    Se io ho una cambio d uso unabisticamente rilevante che non si traduca in maggiore carico urbinistico di mq 300, non posso applicare l art 3 comma 1 lett b??? Oggi con la norma attuale posso farlo e in questo caso NO??? Non capisco che semplificazione è stata fatta. Allora si potrà dire: fai una scia, ma se ci sono opere da fare non posso fare nemmeno questo. Quindi cosa mi rimane, che questa legge invece non prevede???? Quello che prevede l attività n. 39 della Madia- quindi devo applicare la legge nazionale. Quindi per assurdo le norme oggi in vigore permettono di fare più cose…

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  11. Anonimo says:

    Alla c.a., dell’Avvocato Acquasaliente, che ha commentato questo articolo, con la preghiera di farlo girare, cosa che io faccio in mattinata, con informativa alla Regione.

    Commento all’art. 5 – approfondimento delle norme in vigore e cosa cambia ora-

    Premesso che,
    come riportato nella relazione allegata al PDL n. 20, presentata in aula si dice: “beneficeranno della nuova normativa anche i comuni, per i quali si prefigurano strumenti volti a rendere più semplici e agevoli le attività di loro competenza”.

    L’art. 10 dpr 380/2001 – Interventi subordinati a permesso di costruire, al comma 2 cita:
    2. Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinate a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività. Quindi la Regione ha un ritardo storico di 18 anni.

    In materia edilizia, l’art. 32, comma 1, let. a) del D.P.R. n. 380 del 2001, qualifica come variazione essenziale il mutamento di destinazione d’uso, comunque realizzato, anche senza opere edilizie, che implichi una variazione degli standard previsti dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444.

    Art. 23-ter. Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante, Dpr 380/2001 ;

    Secondo quanto stabilisce l’art. 23-ter del Dpr 380/2001- al comma 3 ultimo periodo: il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito.

    Il D.Lgs. n. 222/2016 (c.d. legge Madia), disciplina già alla tabella A – Sezione II – edilizia- attività n. 39- il cambio d’uso rilevante, e che lo assoggetta a regime amministrativo di autorizzazione.

    Il Dpr n. 380/2001 – già disciplina il caso del cambio d’uso all’art. 3 comma 1, let. c, tra le tipologie di restauro e risanamento conservativo;

    il PDL n. 513 già presentato nel mese di maggio del 2020, inseriva tra i cambi d’uso fino a mq 250, nel novero dell’attività edilizia libera; quanto il cambio d’uso è da considerare “ristrutturazione edilizia “, e che l’allora art. 3 comma 1 let. b, non prevedeva il cambio d’uso addirittura neanche come “manutenzione straordinaria (ante DL n. 76/2020); infatti: la manutenzione straordinaria non poteva comportare mutamento della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, in quanto ciò non era ammesso dalla definizione di questa tipologia di intervento, in recepimento dell’art. 3, comma 1, lett. b), del dPR n. 380 del 2001);

    – il DL n. 76/2020, convertito in legge n. 120/2020, che ha modificato il citato art. 3 comma 1 let. b, dicendo che : “…erano da considerare interventi di manutenzione straordinaria anche quelli che non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico….”

    Quindi ad oggi il quadro legislativo sui cambi d’uso, è fermo a queste norme-

    il che significava che: ogni mutamento rilevante della destinazione d’uso, elencato all’art. 23-ter del Dpr 380/2001, doveva soggiacere al permesso di costruire-
    Salvo i casi elencati all’art. 3 comma 1 , lett. b e c, con i limiti applicativi previsti-

    Nel frattempo alcune regioni, ai sensi dell’art. 10 comma 2 del Dpr 380, avevano già legiferato sui cambi d’uso, ed erano ricorsi al riparo già dopo l’inserimento dell’ art. 23-ter. – Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante, su alcune lacune emerse sull’ assegnazione degli immobili alle categorie funzionali, tipo al comma 1, let. b), produttiva e direzionale, stabilendo che:
    1. in caso di mutamento d’uso vi è aumento del carico urbanistico in due ipotesi:
    – qualora sia previsto il passaggio da una categoria funzionale ad un’altra che preveda maggiori oneri o maggiori dotazioni territoriali;
    – nella ipotesi di mutamento tra usi compresi nella stessa categoria funzionale, qualora tali nuovi usi presentino, per espressa previsione di legge o di un atto regolamentare, maggiori dotazioni territoriali e parcheggi pertinenziali.

    Dove lavoro io, abbiamo stabilito,

    – E’ sempre consentita, con le limitazioni di cui al presente articolo relativamente ai beni di cui alle categorie A) e B), la modifica delle destinazioni d’uso in atto, tra quelle previste dal presente articolo, purché venga assicurata la necessaria dotazione di aree a parcheggio come indicato all’ art. 9 bis; tale modifica è ammessa solo nei casi in cui non vi sia la necessità di opere o strutture in contrasto con la tipologia delle classi di appartenenza e l’indotto, in termini di accessibilità e sosta, non comporti modifiche strutturali alle aree libere di pertinenza, in contrasto con le norme di tutela;

    1. modifica delle destinazioni d’uso anche senza opere, nei seguenti casi:
    – insediamento di destinazioni d’uso non originariamente considerate nel dimensionamento urbanistico dei piani urbanistici attuativi o negli interventi diretti convenzionati;
    – insediamento di destinazioni d’uso, nelle zone con intervento in diretta attuazione del PI, diverse dalla destinazione urbanistica principale di zona.

    Nella ipotesi che :
    – il carico urbanistico (CU) è costituito dalla quota delle dotazioni territoriali e dalla quota del contributo per oneri di urbanizzazione;

    – si ha pertanto aumento di CU se la misura di una delle due voci (dotazioni o oneri) richiesta per la nuova destinazione risulta maggiore rispetto alla corrispondente misura della destinazione in atto;

    Ora esaminiamo l’art. 5 della legge regionale n. 19-2021, in vigore dal 03-07-2021, cosa dice e che riporto sotto come punti di domanda alcune considerazioni, non sapendo se sono superate da questo articolo, visto che vanno rispettati i principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico, Dpr 380/2001;

    Il comma 1 e il comma 2, sono rimasti gli stessi del Dpr 380/2001, nonostante la regione aveva la possibilità di modificare le categorie funzionali ( infatti si dice: salva diversa previsione da parte delle leggi regionali ).

    Il comma 3, dice: 3. …. il mutamento di destinazione d’uso da una all’altra delle categorie di cui al comma 1, realizzato nel rispetto della disciplina dello strumento urbanistico:

    a) se connesso ad opere edilizie, è soggetto al titolo edilizio richiesto per le opere;

    – fondamentalmente è sbagliato dire che il titolo è legato alle opere da fare ma è sempre una ristrutturazione edilizia il cambio d’uso. Quindi mai una CILA, salvo i casi del Dpr 380/2001 art. 3 comma 1, lett. b e c, a prescindere dall’effettuazione o meno di opere edilizie che al più potrebbero essere unicamente valutate quale elemento sintomatico dell’intervenuto mutamento di destinazione. Pertanto se l’intervento edilizio sarebbe di manutenzione straordinaria, non posso mai fare la CILA, se ho maggiore carico urbanistico (quota delle dotazioni territoriali e quota del contributo per oneri di urbanizzazione); Pertanto, nel caso di intervento che si concreta in opere interne (che sarebbero di manutenzione straordinaria), si deve qualificare come intervento di ristrutturazione edilizia;

    Il semplice cambiamento di destinazione d’uso senza realizzazione di opere edilizie non costituisce attività del tutto libera e priva di vincoli, non potendo comportare la vanificazione di ogni previsione urbanistica che disciplini l’uso del territorio nel singolo comune.
    Le opere che determinano la modifica di destinazione d’uso ovvero un aumento di superficie dell’immobile vanno qualificate quale intervento di ristrutturazione edilizia.
    Quando il Dpr 380/2001 all’art. 10 comma 2, dice che le regioni stabiliscono quale titolo serve, Permesso o Scia, è perché il cambio d’uso è una ristrutturazione edilizia, quindi mai intervento soggetto a CILA. (salvo quanto indicato all’art. 3 comma 1, lett. b e c ).

    b) se realizzato senza opere edilizie è soggetto a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) di cui all’articolo 22 del decreto del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;

    – Secondo il D.Lgs. n. 222/2016 (c.d. legge Madia), disciplina già alla tabella A – Sezione II edilizia- attività n. 39- il cambio d’uso rilevante, e che lo assoggetta a regime amministrativo di autorizzazione.
    il che significava che: ogni mutamento rilevante della destinazione d’uso, elencato all’art. 23-ter del Dpr 380/2001, doveva soggiacere al permesso di costruire
    Salvo i casi elencati all’art. 3 comma 1 , lett. b e c, con i limiti applicativi previsti-

    – Quindi non c’entra nulla il fatto che se realizzato senza opere edilizie è soggetto a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) di cui all’articolo 22 del decreto del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;

    – perchè se io ho un caso di passaggio da una funzione produttiva a una commerciale all’ingrosso che, secondo quanto stabilito dal PI, non prevede incremento delle dotazioni territoriali, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici e che, in base alla delibera consiliare prevede i medesimi importi di U1 e U2 per le due categorie funzionali oggetto di mutamento, costituisce mutamento della destinazione d’uso con opere, urbanisticamente rilevante, che non comporta incremento di carico urbanistico. art- 3 comma 1, let. b del dpr 380/2001; oppure in caso di passaggio da una funzione direzionale a commerciale che, secondo quanto stabilito dal PI, non prevede incremento delle dotazioni territoriali, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici e che, in base alla delibera consiliare prevede che gli importi del commerciale di U1 e U2 sono più basse della categorie funzionali oggetto di mutamento, costituisce mutamento della destinazione d’uso con opere, urbanisticamente rilevante, che non comporta incremento di carico urbanistico. art- 3 comma 1, let. b del dpr 380/2001; infatti, non si è verificato un mutamento urbanistico – edilizio del territorio comunale e quindi nessun stravolgimento o carico urbanistico dell’assetto dell’area in cui l’intervento ricade.
    La destinazione d’uso edilizia, relativa al singolo edificio, esprime l’impiego funzionale del singolo immobile compatibile con la destinazione urbanistica e con la dotazione di servizi e infrastrutture previsti ciascuna zona omogenea.
    Nel caso di mutamento di destinazione d’uso senza opere, è necessario fornire adeguate prove in ordine all’esistenza pregressa di tutti gli impianti, in specie idrosanitari, necessari a far acquisire all’immobile il requisito dell’agibilità, perché solo in tal modo può perfezionarsi un effettivo mutamento di destinazione.

    c) se realizzato senza opere edilizie, all’interno della stessa unità immobiliare e per una superficie lorda di pavimento fino a 250 mq, è soggetto a comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) ai sensi dell’articolo 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.

    Sostanzialmente anche questa fattispecie pecca del fatto che ci si occupa solamente della realizzazione delle opere edilizie e non del mutamento rilevante della destinazione d’uso, che si traduca anche in un differente carico urbanistico.

    Lo stesso avrebbe un senso se il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante essendo solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, tenuto conto che nell’ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistici, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici. Quindi nell’ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma l’art. 5 non dice questo, parla solamente degli interventi urbanisticamente rilevanti e mai a che regime sono sottoposti i mutamenti della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale.

    Premesso questo,

    andare a dire che fino a mq 250 posso fare il mutamento con la CILA senza tenere conto del differente carico urbanistico, sarebbe contro quanto previsto dal regime amministrativo stabilito dalla Legge Madia – attività n. 39- e contro anche l’art. 3 (DPR 380/2001) – Definizioni degli interventi edilizi, che al comma 1 let.b) “ interventi di manutenzione straordinaria” annovera anche i cambi d’uso, ma solo quelli, “ che non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. Si vuole veramente dire che un intervento urbanisticamente rilevante e con differente carico urbanistico sia “ manutenzione straordinaria “, anche se senza opere, – a nulla rileva il fatto che al comma 4 let. b) si dica : a condizione che sia garantito il rispetto degli standard previsti dallo strumento urbanistico, perché questo vuol dire solamente che servono, e non a che tipo di atto amministrativo sia sottoposto l‘intervento-
    Immagino che questa confusione si trascini fin dal PDL n 513, in cui si diceva addirittura che questi interventi erano da considerare attività edilizia libera- rif.: art. 5 comma 4-

    Questa fattispecie, se il presenza di carico urbanistico o meno e senza aggiunta della quota del contributo per oneri di urbanizzazione, potrebbe rientrare quindi l’art. 3 comma 1, let. b, ma solo nel caso che sarebbe all’interno della stessa unità, tipo da commerciale a direzionale (stessa quota delle dotazioni territoriali e degli oneri) e da commerciale / direzionale ad artigianale ( meno quota di dotazioni territoriali e degli oneri).

    Potrebbe rientrare nei casi in cui magari all’interno di un Pdl, in cui erano già previsti standard in più e stessi parcheggi privati (cambio d’uso da residenziale a direzionale) nel Pdl era prevista un a quota adeguata del 30% degli standard pubblici, che copriva appunto quelli del cambio d’uso-

    Quindi al di fuori del caso previsto all’art. 3 let. b) del dpr 380/2001, la manutenzione straordinaria non è contemplata; vi vuole dire che si applica al risanamento conservativo??? è già previsto il caso all’art- 3 comma 1 let. c; si vuole dire che si tratta di cambio d’uso nella stessa categoria funzionale??? l’art. 5 parla solo di diverse categorie funzionali con mutamento rilevante della destinazione d’uso, e mai di mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale, visto che è sempre consentito (salvo il fatto che i nuovi usi presentino maggiori dotazioni territoriali e parcheggi pertinenziali).

    Si vuole veramente che un cambio d‘uso rilevante da artigianale (uffici al piano terra di mq 250) a commerciale, sia fatto con una CILA???? avendo lo stesso intervento da ricavare standard pubblici (parcheggi da vincolare) e oneri da pagare.

    Per capire anche come funziona negli uffici, è capitato un caso in cui il proprietario ha voluto che si rilasciasse un Permesso al posto della presentazione della CILA, da me suggerita, visto che si rientrava tra le opere di manutenzione straordinaria (cambio d’uso da direzionale a commerciale, quindi stessi standard, già previsti per Piano di Recupero, e oneri in meno), con perdita di tempo di 2 mesi. Se l’intenzione della regione è quella di accorciare i tempi, sono d‘accordo, ma nel rispetto della Legge.

    Per concludere questo art. 5, così come come scritto, è poco applicabile e da vedere se rispetta i principi del Dpr 380/2001- tranne che per le parti già previste dall’art. 3 lett. b e c, dello stesso Dpr e dell’attività n. 39 della legge madia-

    Cordialmente geom. giglio

    Rispondi
  12. Anonimo says:

    Art. 6 – comma 4- let. b)
    -si cita che l’interessato può chiedere di eliminare le opere abusive, in uno dei contesti di cui all’art. 3 lettere d, e -vuol dire: interventi di ristrutturazione edilizia e nuova costruzione, ma detta norma non contempla la demolizione- quindi devo applicare un titolo atipico per demolire???
    -poi quanto si dice: a condizione che l’intervento (immagino di demolizione) sia conforme agli strumenti urbanistici, vuol dire che non posso demolire se la norma di zona non lo permette??? ma se si tratta di opere abusive di cui all’art. 34 comma 1, perché non posso demolire anche se la norma di zona non lo permette??? in questo caso ripristino lo stato legale – potrei capire il comma 2, in cui andrebbe demolito l’intero fabbricato, e poi tipo in zona agricola per un capannone non potrei ricostruire la parte legittima- ricordo che l’art. 34, parla solo di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire

    Rispondi
  13. Anonimo says:

    Commento all’art, 5-
    Premesso che l’art. 10 dpr 380/2001 – Interventi subordinati a permesso di costruire

    al comma 2 cita:

    2. Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinate a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività.

    E che l’art. 5 della LR 19-2021 – che disciplina il mutamento delle destinazioni d’uso –

    prevede anche la CILA per certi interventi, sarebbe in contrasto con detto art. 10 che parla solo di PDC e Scia

    ora all’art- 5 comma 4, let.b) si parla che vanno rispettati gli standard e che in assenza possono essere monetizzati.

    I punti critici sono:
    1) la monetizzazione nelle varie NTO del PI, è prevista solo per quelli pubblici (parcheggi e verde) e non anche per quelli privati;
    2) in caso di non reperibilità degli standard, e nelle aree sature è sempre così, salvo il parere del Comune cioè della giunta vuol dire, vanno monetizzati, con vincolo di realizzarli su aree idonei esistenti vicine o comunque di facile accesso alla zona dove quei parcheggi sono mancanti – quindi vuol dire che il Comune deve ricavare queste aree successivamente, – orbene questo discorso è valido se intervengo solo su una zona, tipo in zona D, ricavo i parcheggi in zona e consento di arrivare sul posto; ma se ho interventi sparsi su tutto il territorio, come faccio a ricavare tali aree, magari si tratta di piccoli interventi con pochi standard da ricavare??? le cose sono due; o la giunta mi dice NO, o mi lascia monetizzare e non farà mai quei parcheggi / verde;

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  14. Anonimo says:

    Riflessione:

    Art, 7 comma 1-

    Caso concreto- viene presentata una sanatoria art. 36 , doppia conformità , capannone in difformità da licenza edilizia del 74’, prima dell’85 e quindi ante vincolo paesaggistico- la Soprintendenza si esprime con parere favorevole, ritenendo che l’innalzamento del capannone non era percettibile quindi sanabile con una postuma-

    applicando l’art. 7 comma 1 – quel capannone che aveva 50cm di altezza in più rispetto al licenziato, oggi sarebbe legittimo;

    – quindi si andrebbero a regolarizzare volumi superiori per potere applicare poi un eventuale piano casa “ Veneto 2050” applicando l’art, 7 comma 7, della LR 14/2019- nel mentre su quello sanato questo risulta impossibile, visto che la legge lo vieta- ancora oggi allora su quel capannone posso applicare l’art. 3 della LR 55/2012 o art. 6 della LR 14/2019??

    art. 6 comma 1, 2 –

    Caso concreto- viene presentata una sanatoria per un capannone, opere realizzate in difformità da licenze del 71 e del 73, art. 34 comma 2 , quindi non era possibile demolirlo, è stato motivato che essendo abuso ante vincolo paesaggistico, non doveva avere la compatibilità paesaggistica, in quel periodo vi era questo orientamento- è state richiesta la quantificazione del valore venale- poi stabilità in euro 25.200,00 dalla Provincia-

    – quindi oggi quel capannone andrebbe demolito senza accertamento di compatibilità e senza sanzione???

    quanto la norma dice che quei fabbricati di cui all’art. 34 del dpr 34/2001, fa riferimento al comma 1 e comma 2, perché se si applica sul comma 2 , vuol dire che devo demolire l’intero fabbricato, ma posso demolirlo se la norma di zona non mi permette di ricostruire?? in questo caso NO visto che la norma di zona non lo permette?? quindi la norma vale solo per quei capannoni di cui al comma 1 e comma 2 limitatamente alle zone proprie- zone D per intenderci- per cui io posso avere un capannone con un abuso fatto da anni, oggi chiedo di demolire e ricostruire solo la parte conforme???, lo spirito della norma è questo ??

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  15. Anonimo says:

    Ma i fabbricati di cui all art 7 comma 1, possono essere compravenduti??? Se Si cosa si dichiara nel rogito

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