Il Consiglio di Stato sulla mancata impugnazione del silenzio-diniego ex art. 243-bis del codice degli appalti pubblici

08 Gen 2013
8 Gennaio 2013

Nel post del 18 ottobre 2012 di questo blog abbiamo dato conto della sentenza del TAR Veneto n. 1278 del 2012, sulla mancata impugnazione del silenzio-diniego ex art. 243-bis del codice degli appalti pubblici (preavviso di ricorso).

In proposito il T.A.R. si era così espresso: «una volta attivata tale procedura, il ricorrente è obbligato a contestare le negative determinazioni, espresse o tacite, al riguardo assunte dalla stazione appaltante, nel termine decadenziale di trenta giorni .... è obbligo del ricorrente quello di impugnare, contestualmente al ricorso principale, ovvero con motivi aggiunti, anche la tacita manifestazione di volontà nel consueto termini di trenta giorni che decorrono dalla comunicazione della determinazione, ovvero dallo spirare dei quindici giorni previsti dal comma 4 dell'art. 243 bis .... il ricorrente, che aveva già proposto il ricorso principale in data 29 dicembre 2011, aveva l’onere di impugnare, con motivi aggiunti, il silenzio significativo entro il giorno 13 gennaio 2012 [rectius: entro trenta giorni da quest’ultima data] (....). La mancata impugnazione, come nel caso in questione, della ulteriore determinazione, rectius dell’inerzia, della stazione appaltante comporta la inammissibilità [rectius: improcedibilità] del ricorso principale».

Conclusivamente, nel dispositivo della sentenza il T.A.R. avevacosì statuito: «accoglie il ricorso incidentale [rectius: la eccezione preliminare] e, pertanto, dichiara improcedibile, per carenza di interesse, il ricorso principale».

La tesi del TAR non convince il Consiglio di Stato, che, per ragioni processuali, rinvia il processo al TAR del Veneto, scrivendo così nella sentenza n. 6712 del 2012: "il testo dell’art. 243-bis lascia intendere che il legislatore non abbia voluto dar vita ad un procedimento contenzioso o para-contenzioso a tutela di una posizione giuridica soggettiva, ma solo offrire all’ente pubblico l’opportunità di un riesame in via di autotutela. Non a caso l’atto introduttivo non viene denominato “ricorso” ovvero “reclamo” o “opposizione”, ma semplicemente: “informativa dell’intento di proporre ricorso giurisdizionale”; e il silenzio non viene denominato “rigetto” o “rifiuto” ma semplicemente “diniego di (procedere in) autotutela”. Dunque a maggior ragione (rispetto alla disciplina del silenzio-rigetto) pare quanto meno dubbio che il privato abbia l’onere di impugnare il silenzio-diniego quand’anche abbia (già) impugnato ritualmente l’atto di aggiudicazione. Anche il comma 5 dell’art. 243-bis sembra dare indicazioni nello stesso senso. Queste considerazioni vengono qui svolte non al fine di pregiudicare la decisione che su questi punti dovrà essere formulata dal T.A.R. in sede di rinvio, ma solamente per dimostrare come vi fossero molteplici elementi di discussione sui quali, invece, le parti soccombenti in primo grado non hanno avuto modo di dedurre a causa della violazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a. e dell’inerente violazione del diritto di difesa".

Dario Meneguzzo

sentenza CDS 6712 del 2012

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