Ma chi lo ha detto che il Consorzio di Bonifica sia proprietario dei fossi?

29 Mag 2013
29 Maggio 2013

La stessa sentenza del TAR Veneto n. 615 del 2013, già allegata al post che precede, si occupa della questione della individuazione del soggetto proprietario di un fosso, precisando che il fatto che il Consorzio di Bonifica abbia competenze in materia di fossi non vuol dire che ne sia anche il proprietario. Da ciò discende che, se occorre un atto di assenso del proprietario, non basta una autorizzazione rilasciata dal Consorzio di Bonifica.

Scrive il TAR: "2. Ciò premesso, e per quanto attiene il merito del ricorso, è possibile accoglierlo ritenendo fondati i motivi di seguito precisati.
2.1 Dall’esame degli atti, anche successivi alla proposizione del ricorso, è emerso come il Comune di Mira, pur avendo acquisito la documentazione relativa ad una convenzione diretta alla costituzione di una servitù di passaggio dello scarico – e con riferimento ai proprietari che venivano attraversati dallo stesso scarico-, abbia omesso il compimento di quell’attività istruttoria, ulteriore, idonea ad individuare con certezza la natura giuridica e, soprattutto, la proprietà del fosso in cui si andavano a riversare gli stessi reflui e, ciò, sia al fine di individuare con certezza i ruoli e le competenze del Consorzio di Bonifica sia, più in generale, nell’intento di identificare la disciplina applicabile e, non in ultimo, circoscrivere il potenziale pregiudizio nei confronti della proprietà della ricorrente.

3. Giova ancora premettere, anche nell’intento di circoscrivere l’oggetto della controversia, come la valutazione della legittimità, o meno, del provvedimento ora impugnato – e quindi dell’intero procedimento posto in essere dal Comune di Mira precedente all’emanazione di detto provvedimento finale -, possa ragionevolmente prescindere sia, dall’accertamento di quale soggetto sia  effettivamente proprietario del fosso di cui si tratta sia, ancora, dall’accertamento del venire in essere di un aggravamento della servitù di passaggio dello scarico, circostanza quest’ultima inevitabilmente consequenziale al riconoscimento della proprietà del fosso dell’Olmo in capo alla ricorrente.
4. Ai fini dell’accoglimento del ricorso di cui si tratta deve ritenersi dirimente constatare, il venire in essere di un vizio di eccesso di potere,
riconducibile al sintomo del difetto di istruttoria, vizio reso manifesto in piĂą di una fase del procedimento di cui si tratta.

5. Un primo elemento sintomatico di detto difetto di istruttoria attiene alle mancate verifiche esperite e con riferimento alla titolarità del fosso dell’Olmo, difetto di istruttoria confermato dall’esame della nota del 27/12/2012 indirizzata a questo Tribunale, mediante la quale, il Comune di Mira ha inteso ripercorrere l’iter istruttorio posto in essere e, ciò, a seguito dell’Ordinanza cautelare n. 645/12 di questo Tribunale.
5.1 Non solo dall’istruttoria svolta dal Comune non appare con chiarezza che la proprietà del fosso dell’Olmo sia attribuibile al Consorzio di Bonifica delle Acque Sorgive, ma va rilevato come a seguito della pronuncia cautelare di questo Tribunale lo stesso Consorzio aveva precisato (al fine di riscontrare una richiesta di chiarimenti del Comune) che il fosso dall’Olmo “non è demaniale, ma consorziale”. In realtà questo Collegio, pur consapevole sul punto dell’esistenza di una riserva di giurisdizione del Giudice Ordinario, ritiene che non possano non essere condivisi i rilievi di parte ricorrente, laddove ricorda come i beni possono essere o pubblici o privati, senza possibilità di individuare l’ammissibilità di soggetti ulteriori in quanto tali, idonei a risultare astrattamente legittimati a diventare titolari di aree o beni.
5.2 Nel procedimento che ha portato sia all’atto impugnato, sia all’emanazione degli atti presupposti del Consorzio di Bonifica, non vi è traccia di un’affermazione, di un documento, dal quale sia possibile desumere l’esistenza di una verifica finalizzata ad individuare la titolarità del fosso di cui si tratta e, ciò, pur in presenza di un’area immediatamente contigua a quella dei ricorrenti. Sul punto va, altresì, evidenziato come la disciplina che il Consorzio di Bonifica Acque Sorgive ritiene di applicare al caso di specie, e quindi il R.D. 368/1904, non può essere considerata, di per sé, determinante e dirimente a qualificare la proprietà e la natura giuridica del fosso di cui si tratta. Detta normativa è principalmente finalizzata a costituire i “Consorzi per le opere di bonifica” e ha l’intento di disciplinare di varie tipologie di consorzi ammissibili (che potrebbero essere costituiti anche da soggetti privati), consorzi competenti a svolgere varie attività di bonifica, di rilascio di concessione e di imposizione di vincoli nelle sponde e sulle aree limitrofe dei fossi.
5.2 E’ del tutto evidente come si sia in presenza di una legislazione diretta a disciplinare l’attività e la gestione dei corsi d’acqua attribuiti in manutenzione ai Consorzi di cui si tratta, circostanza che nulla ha che vedere con l’attribuzione di una titolarità. Ne consegue che l’assenza di una specifica indicazione della titolarità del fosso di cui si tratta – unitamente l’altrettanto oggettiva incidenza dei reflui sulla proprietà immediatamente adiacente della ricorrente (quanto meno da un punto di vista potenziale), non avrebbe potuto – e dovuto – sfuggire all’Amministrazione comunale.
5.3 Nel caso di specie le circostanze sopra citate avrebbero dovuto obbligare il Comune allo svolgimento di un’attività istruttoria più articolata, non potendosi arrestare – come è avvenuto nel caso di specie – ad acquisire il parere idraulico per quanto riguarda lo scarico delle acque o, ancora, alla verifica dell’esistenza in capo ai soggetti controinteressati dell’avvenuta emanazione di un atto di concessione idraulica rilasciata dal Consorzio stesso in data 20/07/2011, atti amministrativi questi ultimi diretti ad ottemperare a finalità del tutto differenti.
5.4 Circoscrivere l’istruttoria all’acquisizione degli atti sopra citati determina, inoltre, un venir meno delle funzioni di vigilanza e tutela del territorio attribuite ai Comuni sia dalla Costituzione sia, dall’art. 27 del Dpr 380/2001 laddove prevede che ..” Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente, la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio
comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi”.
5.5 Una circostanza ulteriore che dimostra l’esistenza del difetto di istruttoria è riconducibile alla mancanza, negli atti propedeutici all’emanazione del provvedimento impugnato, della documentazione dell’autocertificazione, richiesta dall’art. 1 del Dpr 227/2011 e diretta ad attestare l’esistenza, nei confronti della Societa' Ri.Va di De Jacob Rocco & C, della qualificazione di piccola o media impresa, qualificazione quest’ultima che costituisce un presupposto per equiparare i reflui così prodotti ai reflui domestici, con consequenziale applicazione di detta ultima disciplina.
La mancata presentazione, da parte della Societa' Ri.Va di De Jacob Rocco & C, della dichiarazione sostitutiva sopra citata – unitamente alla contestuale mancata richiesta da parte del Comune dell’esibizione di detta documentazione ad integrazione della domanda presentata-, avrebbe dovuto impedire al Comune di Mira di applicare la disciplina dei reflui domestici allo scarico di cui si tratta".

Dario Meneguzzo

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