Piano Casa: nelle zone B va rispettata la norma secondo cui “l’altezza massima degli edifici non può superare l’altezza degli edifici preesistenti e circostanti”

17 Dic 2012
17 Dicembre 2012

L'art. 8 del DM 1444/68, prevede che: 2) Zone B): - l'altezza massima dei nuovi edifici non può superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti, con la eccezione di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche, sempre che rispettino i limiti di densità fondiaria di cui all'art. 7.

Il TAR Veneto, con la sentenza n. 1555 del 2012, esprime il seguente orientamento:
 
"...parte ricorrente sostenga l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto assunto in violazione dell’art. 8 del DM n. 1444/1968 e, ciò, laddove detta norma dispone che “l’altezza massima degli edifici non può superare l’altezza degli edifici preesistenti e circostanti”. Nel caso sottoposto a questo Collegio il ricorrente, al fine di giustificare un’altezza pari a m.11,75, ha preso a riferimento un lotto contraddistinto dal mappale n. 858 sul quale sorge un edificio alto 12,40 metri.

Dall’esame della documentazione agli atti è possibile verificare come i due lotti, e quindi il n. 858 e il n. 880 - quest’ultimo oggetto del permesso di costruire di cui si tratta -, non possono essere considerati “limitrofi”, così come previsto dal DM n. 1444/1968 e, ciò, in considerazione dell’esistenza di una strada pubblica.

2. La risoluzione della controversia si sposta quindi sull’esistenza o meno della connotazione di “strada pubblica” di Via Tagliamento, presupposto quest’ultimo per sancire l’applicabilità o meno del disposto di cui al Decreto Ministeriale sopra citato.

Sul punto va rilevato come questo il Collegio sia consapevole come la semplice inclusione di una strada nell'elenco delle strade comunali (o vicinali) non abbia efficacia costitutiva e, ciò, considerando come tali elenchi hanno natura meramente dichiarativa, per cui detta inclusione non è di per sé sufficiente a comprovare la natura pubblica o privata di una strada.

In tal senso si è espressa recentemente la Corte di Cassazione, secondo cui "l'iscrizione di una strada nell'elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico non ha natura costitutiva e portata assoluta, ma riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del Comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell'uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell'inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un'azione negatoria di servitù (Cass. Civ., Sez. Un., 27 gennaio 2010, n. 1624)”.

3. Stante la natura meramente dichiarativa degli elenchi in questione, la giurisprudenza ha precisato l’esistenza di ulteriori requisiti da valutarsi al fine dell'accertamento della natura “pubblica” di una strada, quali l'uso pubblico (inteso come l'utilizzo da parte di un numero indeterminato di persone), l'ubicazione della strada all'interno di luoghi abitati, nonché il comportamento tenuto dalla Pubblica Amministrazione nel settore dell'edilizia e dell'urbanistica.

Tutto ciò premesso va comunque rilevato che l’inclusione di cui si tratta, sancisce comunque un effetto quanto meno “presuntivo” e per quanto ritiene la qualificazione di una strada pubblica.

Fermo restando detto criterio presuntivo, e i criteri fatti propri dall’orientamento sopra ricordato, parte ricorrente avrebbe dovuto individuare, nel concreto, quegli elementi, quelle caratteristiche, suscettibili di connotare diversamente la strada di cui si tratta e, ciò, senza limitarsi (come in realtà è avvenuto nel ricorso) a porre in essere una generica contestazione del carattere presuntivo sopra ricordato.

4. Al contrario il Comune di Venezia ha rilevato come Via Tagliamento sia una strada aperta al pubblico; ha, altresì, precisato come essa costituisca un tratto viario che unisce le pubbliche strade di Via Rio Cimetto e Via Muggia; elementi tutti così elencati che, non solo avvalorano il carattere presuntivo sopra citato, ma consentono di ritenere insussistente la violazione dell’art. 8 del DM 1444/1968 sostenuta da parte ricorrente.

Il primo motivo deve, pertanto, ritenersi infondato.

5. E’ altrettanto infondato, il secondo motivo, in quanto riferito ad una presunta violazione dell’obbligo motivazionale a carico del Comune. L’iter logico sopra ricordato, consente di esaurire il percorso motivazionale e deduttivo posto in essere dall’Amministrazione, consentendo di considerare insussistente il vizio di violazione dell’art. 3 della L. n.241/90.

Si consideri ancora come non possa essere considerato un sintomo del difetto di motivazione il fatto (addotto da parte ricorrente) riconducibile alla presunta e eccessiva durata dell’istruttoria. Sul punto, infatti, il Comune ha dimostrato come all’istanza di parte ricorrente sia seguita una successiva richiesta di integrazione dell’Amministrazione comunale che, di fatto, ha determinato lo stesso ricorrente a presentare un progetto diverso e parzialmente differente rispetto a quello depositato in origine.

6. Deve considerarsi, in ultimo, non utile alla soluzione del caso di specie il terzo motivo a fondamento del ricorso mediante il quale parte ricorrente ripercorre le finalità della normativa sul c.d. piano casa. Va, infatti, evidenziato come l’applicazione della disciplina sul “piano casa” non sia suscettibile di sancire, di per sé e incondizionatamente, il superamento delle prescrizioni in materia di distanze disciplinate dalle norme nazionali sopra ricordate...".

sentenza TAR Veneto 1555 del 2012

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