PDL n. 170 : Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto

28 Mag 2013
28 Maggio 2013

 Turismo: legge quadro in aula - Consiglio regionale convocato dal 28 al 30 maggio

La  nuova legge del turismo (intitolata "Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto") fa sintesi di quattro diverse iniziative legislative, ha preso forma dopo una gestazione particolarmente impegnativa durata circa tre anni, che ha visto ripetuti confronti con enti locali e categorie degli operatori del settore, anche successivi alla sua approvazione in commissione, il 9 gennaio scorso.

Si prevedono numerosi emendamenti, attesi entro martedì, e un complesso lavoro d'aula prima del voto: il tempo di discussione assegnato dalla conferenza dei capigruppo è infatti di 30 ore.

 Giunta regionale (primo firmatario)

Testi disponibili:
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ll TAR Veneto esclude la VAS per il PI, ma la conferma per i piani attuativi laddove gli stessi prevedano la realizzazione di progetti o interventi soggetti a VIA

27 Mag 2013
27 Maggio 2013

Lo dice il TAR Veneto nella sentenza n. 728 del 2013.

Scrive il TAR: "28. Nell’ambito del primo motivo, riferito ai vizi propri, si sostiene che il Piano degli Interventi risulterebbe illegittimo, in quanto non sarebbe stato sottoposto al parere di Valutazione Ambientale Strategica, o quanto meno alla verifica di assoggettabilità ai sensi dell’art. 12 del D. Lgs. 152/2006. Dette argomentazioni non possono essere condivise.
28.1 Deve, infatti, evidenziarsi che il Piano degli Interventi non è sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica, in quanto non integra la fattispecie di uno strumento attuativo di cui all’art. 16 della L. n. 1150/1942.
28.2 Sul punto risulta applicabile quanto previsto dall’art. 4 della L. Reg. 11/2004 nella parte in cui assoggetta a VAS solo i Piani di Assetto del Territorio Comunali e Intercomunali. Si consideri, ancora, come anche il Legislatore regionale ha confermato, con l’introduzione dell’art. 14 della L. reg. 04/2008 - e nell’applicare una disciplina successiva al D.Lgs. 152/2006 -, il principio sopra precisato, escludendo così dalla necessità di acquisire il parere di valutazione ambientale strategica  preliminarmente all’adozione del Piano degli Interventi.
28.3 Si è così previsto l’assoggettamento in ambito comunale alla procedura di VAS solo per quanto attiene i PAT/PATI e per i piani attuativi, laddove gli  stessi prevedano la realizzazione di progetti o interventi soggetti a VIA.
28.4 Non è possibile condividere nemmeno l’ulteriore argomentazione dei ricorrenti laddove ritengono che, nel caso di specie, le previsioni meramente programmatiche contenute nel PAT di cui si tratta, determinerebbero l’inapplicabilità dell’esimente di cui all’art. 5 comma 8 del D.L. 70/2011, laddove esclude dalla necessità di acquisire la VAS per quanto concerne i piani attuativi, tutte le volte in cui il piano agli stessi sovraordinato (nel caso di specie il PAT) definisca compiutamente l’assetto localizzativo delle nuove previsioni".

PI senza VAS

Opinioni su MEPA e Università / 2

27 Mag 2013
27 Maggio 2013

Le Università sono obbligate a ricorrere al MePA per gli acquisti sotto soglia?

Per rispondere a tale quesito è utile iniziare dal dato normativo.

L’art. 1, c. 449 e 450 della legge 196/2006, modificato dal D. L. 52/2012 e dalla legge 228/2012, attualmente recita: “449. Nel  rispetto del sistema delle convenzioni di cui agli articoli 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, e 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro. Le restanti amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive  modificazioni, possono ricorrere alle convenzioni di cui al presente comma e al comma 456 del presente articolo, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità' come limiti massimi per la stipulazione dei contratti. Gli enti del Servizio sanitario  nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro stipulate da Consip S.p.A.

  450. Dal 1° luglio 2007, le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all'articolo 328, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207. Fermi restando gli obblighi e le facoltà previsti al comma 449 del presente articolo, le altre amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi del medesimo articolo 328 ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure. Per gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le università statali, tenendo conto delle rispettive specificità, sono definite, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca, linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisti di beni e servizi omogenei per natura merceologica tra più istituzioni, avvalendosi delle procedure di cui al presente comma. A decorrere dal 2014 i risultati conseguiti dalle singole istituzioni sono presi in considerazione ai fini della distribuzione delle risorse per il funzionamento”.

Appare chiaro che le Università hanno l’obbligo di ricorrere alle convenzioni-quadro per acquistare i beni/servizi - sotto e/o sovra soglia comunitaria - presenti nelle medesime: a riguardo si riportano due circolari del MIUR prot. AOODGAI/2674 del 05 marzo 2013 e prot. AOODGAI/3354 del 20 marzo 2013 che, seppur riferitesi alle Istituzioni scolastiche, permettono di comprendere meglio il meccanismo delle convenzioni-quadro e le deroghe connesse a tale istituto.

Per quanto riguarda il MePA, invece, una lettura strettamente letterale della norma supra riportata sembrerebbe escludere le istruzioni universitarie dall’obbligo di ricorrere a tale mercato digitale.

Ci si chiede, però, se tale esclusione sia stata volutamente inserita e mantenuta dal legislatore o se, invece, si tratti soltanto di una “dimenticanza”: a tal fine si ricorda che, la medesima esclusione prevista per le convenzioni-quadro ex art. 1 c, 449, l. 196/2006, sia stata eliminata dal legislatore con la legge 228/2012

D’altronde, lo stesso articolo 1, c. 450, l. 196/2006 sembra ammettere anche altre interpretazioni: innanzitutto sembra estendere a tutte le “altre amministrazioni pubblicheex art. 1 D. Lgs. 165/2001 - quindi anche alle Università - l’obbligo di ricorrere al MePA. In secondo luogo, la parte finale dell’articolo attribuisce al MIUR il compito di emanare delle linee guida per regolare l’acquisto di beni e/o servizi “avvalendosi delle procedure di cui al presente comma”, ossia avvalendosi delle procedure del MePA; in realtà, almeno allo stato attuale, tali linee guida non sembra siano state adottate.

 In tale mare magnum normativo alcune Università sembrano aver recepito l’obbligo di ricorrere al MEPA per gli acquisti sotto soglia (Università di Salerno, circolare prot. 12187 del 28.02.2013), mentre altre, pur confermando l’assenza di tale obbligo, hanno comunque sollecitato tale forma di acquisto digitale per favorire la dematerializzazione documentale e l’alleggerimento della burocrazia amministrativa (in particolare l’Università di Verona, nella circolare prot. 52275 del 22.11.2012 afferma che: “l’articolo 7, comma 2, del decreto in oggetto, ha esteso l’ambito soggettivo di applicazione per il ricorso al MEPA. Tuttavia detta norma, pur modificando la seconda parte dell’articolo 1, comma 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, non estende l’obbligo di ricorso al MEPA per gli acquisti sotto soglia comunitaria anche agli Atenei (come da nota dell’Autorità per la Vigilanza sui Contatti Pubblici prot. 0102747 del 25.10.2012), che restano quindi esclusi da tale vincolo” (...) “Tuttavia, questa Amministrazione intende comunque favorire il ricorso all’utilizzo dello strumento del Mercato Elettronico per tutte le acquisizioni di beni e servizi in esso reperibili”.

 La Consip S.p.A., d’altronde, non sembra aver dubbi a riguardo: tra i soggetti che possono abilitarsi per effettuare acquisti sul MePA ci sono anche le istituzioni universitarie.

 Inoltre, e a maggior ragione, la tabella contenente le facoltà-obblighi per gli acquisti sul MePA vigente dal 1° Gennaio 2013 – e consultabile in www.acquistinretepa.it - espressamente riconosce alle Università l’obbligo di effettuare acquisti ricorrendo alle Convenzioni-quadro e, qualora ivi non sono reperibili i beni e/o servizi di cui necessitano e si tratti di acquisti sotto soglia, l’obbligo di comperare sul MePA.

 Infine, per quanto riguarda la possibilità di acquistare nel c.d mercato esterno ed ad un prezzo più vantaggioso lo stesso bene e/o servizio presente sul MEPA, la Corte dei Conti, sez. di controllo per le Marche, nel parere assunto con deliberazione del 29 novembre 2012, n. 169 pubblicata nel post del 16.01.2013, ha già chiarito che si può ricorre a mercati diversi da quelli elettronici solamente se il bene e/o servizio non sia presente nel MePA o si tratti di un bene e/o servizio che necessiti di specifiche tecniche peculiari.

Per completezza si indica che, in ogni caso, le Amministrazioni statali possono ricorrere a tali c.d. mercati esterni qualora il bene abbia un prezzo inferiore rispetto a quello presente nel MePA, come evidenziato nel post del 29.04.2013.

Ovviamente, per dissipare i dubbi - sempre maggiori - che stanno sorgendo con riferimento alla materia de qua, è fortemente auspicabile un intervento chiarificatoro del legislatore o dell’AVCP.

dott. Matteo Acquasaliente

circolare miur prot2674_13

circolare miur prot3354_13

università Salermo

università Verona

Chi può abilitarsi al MERCATO ELETTRONICO

Tabella obbligo-facolta-1 Gennaio 2013

Opinioni su MEPA e Università / 1

27 Mag 2013
27 Maggio 2013

L’articolo 1, comma 450, della L. n. 296 del 2006, obbliga tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche ad utilizzare il MePA, escludendo espressamente gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie.

“Le altre amministrazioni”, prosegue il comma, non sono tenute ad utilizzare esclusivamente il MePA, potendo fare ricorso anche ad altri mercati elettronici o all’eventuale sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento.

In assenza, tuttavia, di un mercato elettronico interno o di un sistema telematico della centrale regionale, le stesse sono di fatto tenute all’uso del MePa.

Secondo taluni commentatori, le istituzioni scolastiche e le università andrebbero ricompresse tra le “le altre amministrazioni”, rimanendo, quindi, esentate dall’obbligo esclusivo del MePa (anche se, come evidenziato più sopra, allo stato il MePa risulterebbe l’unico mercato possibile in assenza delle altre forme).

A parere di chi scrive, il richiamo alle “altre amministrazioni” va letto con riferimento alle amministrazioni diverse da quelle statali, siano esse centrali o periferiche, al netto comunque delle scuole e delle università, espressamente esentate nel primo paragrafo del comma dall’uso del MePa.

Tale lettura, sempre a parere di chi scrive, risulterebbe confermata dalla parte finale del comma 450, aggiunta dalla legge di stabilità 2013, laddove si dice che il Ministero dell’Istruzione è tenuto a definire le linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisti di beni e servizi, “avvalendosi delle procedure di cui al presente comma”: l’utilizzo del MePa, ovvero di altri sistemi equivalenti, sarebbe, quindi, connesso e conseguente alle scelte effettuate dal Ministero.

Ad oggi risulta attivato sul sito www.acquistiinretepa.it un apposito canale dedicato alle scuole, il MePi – mercato elettronico della pubblica istruzione, il quale sembrerebbe costituire adempimento a quanto imposto dall’ultimo capoverso del comma 450, con il conseguente obbligo di utilizzo dello stesso da parte delle scuole e delle università.

Per i prodotti non ricompresi nel bando MePi, qualora si condivida la lettura che esclude l’operatività tout court del MePa anche al settore scuole e università, gli enti sarebbero liberi di rivolgersi ai canali tradizionali di fornitura.

Contrariamente, per i prodotti non presenti nel MePi, si dovrebbe fare ricorso al MePa e, in ultima battuta, ai procedimenti tradizionali.

Circa, infine, la possibilità di derogare all’obbligo di acquisto nel MePa – MePi per i prodotti ivi presenti, qualora, ricorrendo ai processi di fornitura tradizionali, sia possibile spuntare all’esterno condizioni economiche migliorative, si evidenzia quanto segue.

Le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti hanno sottolineato come la possibilità di operare fuori dal MePa “residua solo nell’ipotesi di non reperibilità dei beni o servizi necessitati” all’interno dello stesso mercato (sez. regionale di controllo per Lombardia 26.03.2013, n. 112). In caso contrario, l’impiego di modalità di acquisto differenti “varranno … ad inficiare il contratto stipulato … ed a fondare le connesse responsabilità” (sez. regionale di controllo per le Marche 29.11.2012, n. 169).

Tuttavia, l’articolo 1, comma 1, del d. L. n. 95 del 2012, il quale sanziona, in via generale, con la nullità “i contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti messi a disposizione da Consip Spa”, sembra aprire uno spiraglio circa la derogabilità dell’obbligo.

Invero, il citato comma 1 chiude precisando come i contratti stipulati dalle Amministrazioni dello Stato “ad un prezzo più basso di quello derivante dal rispetto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip Spa” non sono nulli (secondo la sez. regionale di controllo della Corte dei Conti per le Marche, parere 29.11.2012, n. 169, il MePa è ascrivibile al genus degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip Spa), “a condizione che tra l’amministrazione interessata e l’impresa non siano insorte contestazioni sulla esecuzione di eventuali contratti stipulati in precedenza”.

Ritenendo le scuole e le università “Amministrazioni dello Stato”, a parere di chi scrive, qualora sia possibile dimostrare la maggiore convenienza dell’acquisto effettuato attraverso i sistemi ordinari di acquisto ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del d. L. n. 95 del 2012, il contratto stipulato non è sanzionato da nullità.

Angelo Frigo – dottore di ricerca in diritto ed economia dell’impresa nell’Università di Verona

La proposta del nuovo piano casa del Veneto

24 Mag 2013
24 Maggio 2013

Pubblichiamo copia della deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 7 /DDL del 21 maggio 2013, contenente la proposta del nuovo piano casa, che prevede l'abrogazione della L.R. 14/2009 e un piano casa senza scadenza.

DDL 7

Meditando...

La “piena conoscenza” del permesso di costruire del vicino ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione

24 Mag 2013
24 Maggio 2013

Se ne occupa la sentenza del TAR Veneto n. 551 del 2013.

Scrive il TAR: "il ricorso va dichiarato irricevibile per tardività della sua proposizione, ai sensi dell’art. 35 comma 1 lett. a) del c.p.a., in quanto notificato oltre i termini di cui all’art. 41 del c.p.a. . A tal fine si ritiene necessario rilevare l’esistenza di un costante, e maggioritario, orientamento  giurisprudenziale che ritiene indispensabile verificare, al fine di individuare il dies a quo dal quale decorrono i termini di impugnativa di cui all’art. 41 del Codice del Processo, in quale momento il ricorrente abbia acquisito l’effettiva consapevolezza della lesione eventualmente subita. Ulteriori pronunce (si veda ad esempio Consiglio di Stato Sez. IV, 13 Giugno 2011, n. 3583) hanno avuto modo di precisare come la nozione di “piena conoscenza…non postula necessariamente la conoscenza di tutti gli elementi, essendo sufficiente quella degli elementi essenziali quindi, l’autorità emanante, la data, il contenuto dispositivo e il suo effetto lesivo”. Sempre per un altrettanto costante orientamento giurisprudenziale si è, inoltre, affermata la non utilizzabilità dello strumento dell’accesso agli atti al fine di far decorrere il termine di impugnativa di cui agli artt. 29 e 41 e, ciò, nella parte in cui si è sancito che ..” la piena conoscenza del provvedimento causativo…non può ritenersi operante oltre ogni limite temporale ed in base ad elementi puramente esteriori, formali o estemporanei, quali ad esempio, atti d’iniziativa di parte (richieste d’accesso, istanze segnalazioni, ecc) con la conseguenza inaccettabile che l’attività dell’Amministrazione e le iniziative dei controinteressati restano soggette in definitivamente o per tempi dilatati alla possibilità di impugnazione anche quando l’interessato non si renda parte diligente nel far valere la pretesa entro i limiti temporali assicuratigli dalla legge (Consiglio di Stato 05 Marzo 2010 n. 1298)”. I principi sopra ricordati affermano come la “piena” conoscenza di un provvedimento lesivo non sia necessaria, così come non è necessario che esso sia conosciuto nella sua integralità e cioè in tutti i suoi elementi. E’ al contrario sufficiente la concreta percezione di quelli essenziali, posto che la successiva completa cognizione di tutti gli aspetti del provvedimento può consentire la proposizione di motivi aggiunti (Cons. St., sez. IV, 9 novembre 2005 n. 6261; Cons. St., sez. IV, 31 gennaio 2006 n. 341). Nel caso di specie, dagli elementi risultanti dalla documentazione in atti, è possibile desumere come detta “effettiva consapevolezza”, sia della lesione che degli elementi essenziali, sia stata acquisita in un momento decisamente anteriore alla data effettiva di proposizione del ricorso. Va infatti considerato che:
a) il permesso di costruire impugnato era stato rilasciato il 25 novembre 2011;
b) già il 29 giugno 2012, il legale dei coniugi Lopezi/Ferrarese, in nome e per conto degli stessi, aveva inviato una nota agli odierni contro interessati, con la quale li diffidava “dal compiere attività di scavo e di posa di tubazioni sullo scoperto di proprietà”;
c) successivamente, il 2 luglio 2012, il sig. Lopezi Pietro, con nota prot. n. 31484, aveva chiesto al Comune: “l’immediata sospensione della concessione edilizia n. 222/11.. in quanto tale concessione è stata data senza aver tenuto conto della proprietà del terreno condominiale sul quale secondo la suddetta concessione dovrebbero passare le tubazioni”. Così manifestando di conoscere gli estremi della concessione ed il suo contenuto e di averne potuto apprezzare la potenziale lesività per i propri interessi. D’altro canto, il percorso delle acque n ere poteva essere conosciuto da parte degli odierni ricorrenti solo attraverso l’esame delle tavole grafiche allegate al progetto.
d) infine, i lavori sono iniziati il 6 luglio 2012 con la demolizione del vecchio fabbricato.
Risulta pertanto evidente come la parte ricorrente abbia acquisito la conoscenza, sia dei soggetti titolari dei permessi, sia del progetto presentato, sia della presunta lesività del permesso di costruire, in un periodo di tempo necessariamente antecedente alla proposizione del presente ricorso la cui notifica risale al 16 marzo 2013".

sentenza TAR Veneto 551 del 2013

Le c.d. note di chiarimento del bando non possono essere innovative e/o modificative

24 Mag 2013
24 Maggio 2013

Il T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, con la sentenza del 17 maggio 2013 n. 780, dichiara che il bando di gara può essere modificato solamente tramite l’istituto della revoca o dell’annullamento; di conseguenza non sono legittime le c.d. note di chiarimento che contengono disposizioni innovative e/o modificative poiché: “Va affermato il principio di diritto secondo cui la lex specialis di gara non può essere modificata in pendenza dei termini per la presentazione delle offerte, ciò comportando la violazione in primo luogo della par condicio.

Dunque, ed in conseguenza di tale principio, deve escludersi categoricamente la possibilità che, con l’istituto dei "chiarimenti" (rectius: con note di chiarimento delle prescrizioni di gara), possano introdursi previsioni innovative o modificative delle prescrizioni di gara, ad es. imponendo condizioni tecniche in precedenza non indicate.

Va parimenti affermato il principio di diritto secondo cui, laddove la stazione appaltante ritenga di innovare o modificare le previsioni di gara, deve operare in autotutela, attraverso l’istituto della revoca o dell’annullamento della lex specialis che, diversamente, resta immodificabile.

Per quanto sopra affermato devono annullarsi i "chiarimenti" impugnati (da qualificarsi, in realtà quali provvedimenti innovativi della lex specialis)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Puglia n. 780 del 2013

Non si può sconfinare neanche per 12 cm su un’area di propria proprietà gravata da servitù di uso pubblico

23 Mag 2013
23 Maggio 2013

Nella sentenza n. 547 del 2013, il TAR Veneto rileva che la presentazione di un progetto edilizio che sconfina (anche solo per 12 cm) su un'area di proprietà dell'interessato, ma gravata da servitù di uso pubblico, deve ritenersi un comportamento illegittimo, perchè inequivocabilmente diretto a riacquisire la disponibilità dell’area stessa, facendo venir meno la servitù pubblica.

Scrive il TAR: "il Comune nella comunicazione dei motivi ostativi del 01/10/2012 e nel successivo provvedimento di diniego aveva rilevato come il progetto presentato dalla ricorrente violerebbe l’art. 832 c.c. in quanto l’edificio sporge su via Ausonia per 12 cm., circostanza quest’ultima ritenuta dal ricorrente non sufficiente a fondare il rigetto dell’istanza e, ciò, anche considerando come la porzione di terreno di cui si tratta sia di proprietà della stessa New Tower Group Srl.. 5.1 Con riferimento a detto motivo va rilevato come sia stata la stessa parte ricorrente a ricordare come, in realtà, dal contratto di compravendita del Giugno 2012, la fascia di terreno di cui si tratta, sia stata gravata da una servitù di passaggio attiva e passiva e, quindi con riferimento porzione di terreno che appare essere ora occupata dal marciapiede. 5.2 A prescindere dall’entità della violazione contestata, sul punto risulta dirimente proprio l’adibizione dell’area ad uso pubblico posta in essere dal precedente proprietario, circostanza quest’ultima che determina l’insorgere di un vincolo di indisponibilità che, unitamente all’uso l'uso del bene da parte della collettività protratto per lungo tempo, ha  determinato come lo stesso bene abbia acquisito caratteristiche analoghe a quelle di un bene demaniale (Cons. Stato Sez. IV, 15-06-2012, n. 3531). 5.3 Ne consegue come deve necessariamente considerarsi illegittimo il comportamento di parte ricorrente che, nel momento ricomprende anche questa minima area nell’ambito del progetto della costruzione, deve ritenersi – inequivocabilmente - diretto a riacquisire la disponibilità dell’area stessa, facendo venir meno la servitù pubblica sopra ricordata. 5.4 Deve essere rigettata, altresì, l’eccezione diretta a rilevare la violazione dell’art. 832 del c.c. e, ciò, nella parte in cui parte ricorrente rileva come lo sconfinamento progettuale della recinzione sulle proprietà altrui limitrofe costituisca un errore grafico facilmente rimediabile. Le argomentazioni proposte dalla parte ricorrente confermano, al contrario, l’esistenza di detto “sconfinamento” e, ciò, senza che nel concreto sia stata posta in essere – a seguito della comunicazione dei motivi ostativi del 01/10/2012 -, una modifica ai grafici in precedenza allegati all’istanza di permesso di costruire".

sentenza TAR Veneto 547 del 2013

Gara con due soli concorrenti: anche il rapporto tra il ricorso principale e quello incidentale escludente è rimesso all’Adunanza Plenaria

23 Mag 2013
23 Maggio 2013

Il Consiglio di Stato, sez. VI, nella medesima ordinanza n. 2681/2013, rimette all’Adunanza Plenaria anche la questione del rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale escludente, ossia “della questione concernente, nelle gare con due soli partecipanti, i rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale c.d. escludente (volto cioè a far valere l’illegittimità dell’ammissione alla gara del ricorrente principale) o, più in generale, la questione relativa alla permanenza della legittimazione a ricorrere del ricorrente principale una volta che nel corso del giudizio sia accertato (in accoglimento del ricorso incidentale) che questi abbia partecipato illegittimamente alla gara dalla quale doveva essere escluso, oppure, a seconda dei casi concreti che possono verificarsi, che sia legittimo il provvedimento di esclusione adottato nei suoi confronti dalla stazione appaltante e che, quindi, siano infondati i motivi di ricorso dallo stesso proposti avverso tale atto di esclusione. La questione si pone laddove, come nel caso di specie, il ricorso principale sia a sua volta escludente, sia cioè diretto a dimostrare che l’amministrazione avrebbe dovuto escludere dalla gara anche l’aggiudicatario. In particolare, il problema sorge nell’ambito delle gare con due soli concorrenti (o, eventualmente, con più concorrenti, ma solo laddove sia contestata la legittimità della partecipazione di ciascuno di essi), in quanto in tale ipotesi il ricorrente principale, nonostante l’illegittimità della sua partecipazione (o, a seconda dei casi, la legittimità della sua esclusione), potrebbe avere, comunque, interesse alla decisione del ricorso principale escludente, al fine di soddisfare il suo interesse c.d. strumentale al rifacimento della gara”.

Secondo la giurisprudenza tradizionale, sancita della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 4/2011, “le questioni relative alla legittimità dell’ammissione alla gara del ricorrente principale (o, a seconda dei casi, della sua esclusione) hanno priorità logica sulle questioni relative alla legittimità della partecipazione alla gara dell’aggiudicatario, con la conseguenza che, ove nel corso del giudizio venga accertato (in accoglimento del ricorso incidentale) che si sarebbe dovuto escludere il ricorrente principale, il ricorso principale diventa improcedibile per il sopravvenuto difetto del presupposto processuale costituito dalla legittimazione a ricorrere” ed ancora: “Il principio di fondo espresso dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 4 del 2011 è quello secondo cui la legittimazione al ricorso non si acquisisce con la semplice domanda di partecipazione o con l’ammissione alla gara, ma con l’ammissione legittima, con la conseguenza che il concorrente ammesso illegittimamente perde la legittimazione nel momento in cui viene annullato (in sede giurisdizionale in seguito all’accoglimento del ricorso incidentale o, eventualmente, anche dall’Amministrazione, in via di autotutela) l’atto infraprocedimentale di ammissione.L’atto infraprocedimentale di ammissione attribuirebbe, quindi, solo una legittimazione provvisoria, destinata a venire meno una volta che esso vengo rimosso o in sede giurisdizionale o in sede di autotutela amministrativa, con l’ulteriore conseguenza che tutte le questioni relative alla legittimità dell’ammissione del ricorrente principale avrebbero priorità logica sulle altre, determinando, ove risultino fondate, l’improcedibilità del ricorso principale (o degli altri motivi del ricorso principale) diretto all’esclusione dell’aggiudicatario”.

Tale decisione, tuttavia, ha determinato contrasti giurisprudenziali e dottrinali sollevati anche dalla sentenza de qua:

·         In primo luogo, far dipendere l’ammissibilità o la procedibilità del ricorso principale dalla circostanza che la partecipazione alla gara del ricorrente principale sia "legittima" rischia di limitare fortemente, fino ad escluderla del tutto, la possibilità di tutela in sede giurisdizionale del c.d. interesse strumentale, ovvero dell’interesse del ricorrente principale ad ottenere, mediante l’estromissione dell’aggiudicatario (in ipotesi anch’egli illegittimamente ammesso), la ripetizione della gara” (...);

·         In secondo luogo, nelle fattispecie destinate ad essere regolate dai principi espressi dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 4 del 2011, vengono normalmente in rilievo due posizioni sostanziali che, almeno in ipotesi, sono perfettamente identiche e speculari: l’aggiudicatario e il ricorrente principale (unici partecipanti alla gara) contestano reciprocamente ciascuno la legittimità dell’ammissione dell’altro. Applicando i principi espressi dall’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011, questa perfetta identità sotto il profilo sostanziale viene "alterata" in sede processuale, attribuendo preferenza alla posizione dell’aggiudicatario, il quale, pertanto, anche se ha beneficiato dello stesso errore compiuto dall’Amministrazione in sede di ammissione del ricorrente principale, riesce, in tal modo, a conservare l’aggiudicazione a discapito dell’interesse, avente pari dignità sotto il profilo sostanziale, del ricorrente principale ad ottenere la rinnovazione della gara” (...);

·         In terzo luogo, la stessa nozione di legittimazione al ricorso recepita dall’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011 solleva ulteriori perplessità, nella misura presuppone un concetto di legittimazione al ricorso provvisoria e secundum eventum litis. Secondo la tesi accolta dall’Adunanza Plenaria, n. 4 del 2011, la legittimazione esisterebbe al momento della proposizione del ricorso, ma potrebbe venire meno a seconda, appunto, dell’esito del giudizio. Il ricorrente principale è legittimato ad impugnare l’aggiudicazione, ma lo è fino a quanto non si accerti, per effetto dell’accoglimento del ricorso incidentale (o del rigetto dei motivi di ricorso principale contro l’esclusione già disposta dall’Amministrazione), che non avrebbe dovuto partecipare alla gara. In questo modo, quindi, si fa dipendere la risoluzione di una questione pregiudiziale di rito (l’ammissibilità del ricorso) dall’esito del giudizio concernente pur sempre la legittimità degli atti del procedimento di gara. Il ricorrente principale è così legittimato se è infondato il ricorso incidentale "escludente" o se sono fondati i motivi di ricorso principale avverso il provvedimento che ha disposto la propria esclusione”.

 

L’ordinanza di rimessione, infine, critica anche la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 4/2011 laddove afferma che la mera partecipazione ad un gara pubblica non determina ex se la legittimazione al ricorso: “Secondo l’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011, "la situazione legittimante costituita dall’intervento nel procedimento selettivo, infatti, deriva da una qualificazione di carattere normativo, che postula il positivo esito del sindacato sulla ritualità dell’ammissione del soggetto ricorrente alla procedura selettiva". "Pertanto, la definitiva esclusione o l’accertamento della illegittimità della partecipazione alla gara impedisce di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva". In questo modo, si pongono sullo stesso piano l’impresa che alla gara non ha nemmeno partecipato, e quella che ha partecipato ma è stata legittimamente esclusa (non importa se per atto dell’Amministrazione o per atto del giudice a seguito dell’accoglimento del ricorso incidentale). Sotto tale profilo, la sentenza dell’Adunanza Plenaria richiama quell’orientamento giurisprudenziale che, a partire dalla sentenza del Consiglio di Stato, IV, 23 gennaio 1986, n. 57, dichiara inammissibile il ricorso proposto dal concorrente che, dopo aver presentato la domanda di partecipazione alla gara, sia stato escluso dall’Amministrazione con un atto non impugnato (e, quindi, divenuto inoppugnabile) ovvero impugnato senza successo”; di conseguenza il Collegio ritiene che: “Un interesse sostanziale riceve, infatti, di regola, la sua qualificazione normativa direttamente dalla legge, non dal provvedimento. Il provvedimento non può né cancellare la qualificazione normativa che un interesse ha già ricevuto dal sistema ordinamentale, né conferirla ad interessi che non ce l’hanno a prescindere da esso. In altri termini, non si può neppure ritenere sussistente l’inedito potere dell’Amministrazione di selezionare (con i provvedimenti di ammissione o di esclusione) i soggetti titolari di interessi qualificati e, quindi, di ampliare o restringere la cerchia dei soggetti legittimati ad impugnare i suoi atti. A ciò si aggiunga poi che, come è stato evidenziato in dottrina, all’affermazione che ricollega la legittimazione alla legittimità dell’ammissione, può ulteriormente opporsi la considerazione che, ove sia fondata l’impugnazione principale che contesta l’ammissione dell’aggiudicatario, verrebbe, anche quest’ultimo, a trovarsi privo della legittimazione a contestare, con ricorso incidentale, quella dell’altro concorrente”.

dott. Matteo Acquasaliente

Consiglio di Stato ordinanza n. 2681 del 2013

Sarà l’Adunanza Plenaria a chiarire se il principio di tassatività delle cause di esclusione ha carattere retroattivo

23 Mag 2013
23 Maggio 2013

Il Consiglio di Stato, sez. VI, con l’ordinanza del 17 maggio 2013 n. 2681, rimette all’Adunanza Plenaria la questione di diritto concernente la retroattività (o meno) del principio di tassatività delle cause di esclusione enucleato dal vigente art. 46, c. 1-bis, del D. Lgs. 163/2006, nonché l’ambito di applicazione del correlato c.d. dovere del soccorso istruttorio.

L’ordinanza di rimessione trae origine da una disposizione della lex specialis che, con riferimento ad una gara - indetta nel 2001 - per la concessione di uno specchio acqueo prospiciente il porto di Napoli per l’ormeggio di un bacino galleggiante di proprietà privata, dispone di allegare all’offerta economica, a pena di esclusione, anche la copia fotostatica del documento d’identità del soggetto sottoscrittore.

Il Consiglio di Stato affronta in modo molto dettagliato ed approfondito l’evoluzione normativa e giurisprudenziale concernente il c.d. dovere del soccorso istruttorio affermando che: “Come è noto, il c.d. dovere di soccorso istruttorio è sancito, nell’ambito della disciplina generale del procedimento amministrativo, dall’art. 6, comma 1, lett. b) della legge n. 241 del 1990 (in base al quale il responsabile del procedimento è tenuto a chiedere "il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete", sollecitando il privato a porre rimedio ad eventuali dimenticanze o errori) ed è richiamato, con specifico riferimento proprio alle procedure di affidamento degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, dall’art. 46, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, secondo cui, "nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documento e dichiarazioni presentati".

L’invito a regolarizzare la documentazione prodotta costituisce, quindi, un istituto di carattere generale, che, nel particolare settore delle gare pubbliche, soddisfa l’ulteriore esigenza di consentire la massima partecipazione alla gara, orientando l’azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica, attenuando la rigidità delle forme.

12. Nonostante gli interessi sostanziali che il principio del soccorso istruttorio consente di soddisfare, è frequente nella giurisprudenza amministrativa la tendenza a fornire una interpretazione piuttosto restrittiva delle disposizioni riguardanti il suddetto istituto.

Tale tendenza nasce dal timore che un’applicazione ampia del dovere di soccorso potrebbe alterare la par condicio ed incidere sul divieto di disapplicazione della lex specialis contenuta nel bando.

Da qui la tradizionale affermazione giurisprudenziale secondo cui nelle procedure di gara è preclusa qualsiasi forma di integrazione documentale, attesa la natura decadenziale dei termini cui è soggetta la procedura ad evidenza pubblica con riguardo alla presentazione delle offerte, pena la violazione non solo del canone di imparzialità e di buon andamento dell’azione della P.A., ma anche del principio della par condicio di tutti i concorrenti.

Da qui anche l’ulteriore distinzione tra i concetti di "regolarizzazione documentale" ed "integrazione documentale". Quest’ultima (l’integrazione) non sarebbe consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento; sarebbe consentita, invece, la mera regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione.

13. Il confine, tuttavia, rimane di difficile individuazione, perché spesso i termini integrazione e regolarizzazione vengono indifferentemente utilizzati e soprattutto perché la questione della distinzione tra ‘regolarizzazioni non lesive’ della par condicio ed ‘integrazioni lesive’ viene fatto dipendere dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del soccorso istruttorio si ritiene inoperante ogni volta che si tratti di omissioni documentali richieste a pena di esclusione dal bando gara.

In particolare, con specifico riferimento alla violazione formale delle clausole del bando che sanzionano con l’esclusione l’inosservanza di adempimenti documentali o procedimentali, la giurisprudenza prevalente è orientata nel senso che - in presenza di una clausola inequivoca prevista a pena di esclusione - tale sanzione scaturisca automaticamente in virtù della scelta operata a monte dall’Amministrazione, senza ammettere alcuna possibilità di regolarizzazione documentale.

Tale interpretazione rigorosa viene giustificata in nome del principio di autoresponsabilità in capo ai concorrenti, per il quale ciascuno di essi deve assumere le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione. Di conseguenza, si è affermato che l’art. 46, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006 consenta solo di completare o chiarire dichiarazioni o documenti già presentati, ma non di introdurre documenti nuovi, né tantomeno che la norma possa essere utilizzata per supplire alla violazione di adempimenti procedimentali o all’omessa allegazione dei documenti richiesti a pena di esclusione, consentendo al concorrente negligente la possibilità di completare la domanda di partecipazione successivamente al termine finale stabilito dal bando.

In base a questo orientamento, quindi, in presenza di una previsione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di una impresa concorrente, l’invito alla regolarizzazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell’Amministrazione) di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito, del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione conforme al regolamento di gara (cfr., fra le altre, Cons. Stato, sez. V, 18 febbraio 2013, n. 974; sez. V, 5 dicembre 2012, n. 6248; sez. V, 25 giugno 2007, n. 3645; sez. VI, 23 marzo 2007, n. 1423; sez. V, 20 maggio 2002, n. 2717).

In questo modo, come si accennava, viene definitivamente rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante la (auto)regolamentazione del soccorso istruttorio, atteso che la scelta discrezionale dell’Amministrazione - di inserire nel bando la previsione che un determinato adempimento formale o documentale è richiesto a pena di esclusione - consente all’Amministrazione di prescindere dall’onere di una preventiva interlocuzione e di escludere pertanto il concorrente sulla base della riscontrata carenza documentale, a prescindere anche da ogni verifica sulla valenza "sostanziale" della forma documentale omessa o mancante”.

 

Il Collegio, tuttavia, aderisce all’orientamento che valorizza il dato sostanziale rispetto a quello formale, in quanto: “il Collegio ritiene condivisibile questo secondo orientamento, il quale, per quanto allo stato minoritario, ha, dalla sua parte, l’innegabile pregio di evitare quell’eccessivo formalismo che a volte caratterizza il contenzioso in materia di contratti pubblici, con giudizi divenuti il campo di una "vera e propria caccia all’errore", in cui carenze puramente documentali (persino, appunto, la mancanza di una fotocopia) mettono a rischio investimenti importanti, creano profonda incertezza tra gli operatori e conducono alla stipula di contratti con corrispettivi di importo superiore, rispetto a quanto conseguirebbe dall’applicazione del principio del soccorso istruttorio”, e ciò nell’ottica delle recenti riforme legislative tendenti ad alleggerire gli oneri burocratici e documentali nei rapporti tra privati e Pubblica Amministrazioni.

 

Per quanto concerne la tassatività della cause di esclusione, il Collegio si interroga se tale disposizione abbia portata interpretativa (e di conseguenza sia retroattiva) o se invece abbia portata innovativa, disponendo solo per l’avvenire.

 

Assodato il carattere innovativo della previsione che sanziona con la nullità le clausole del bando che violano il principio di tassatività, il Massimo Consesso ritiene che: “In relazione a tale profilo vi sono certamente elementi per ritenere che tale previsione abbia una portata non innovativa, ma interpretativa; per ritenere, in altri termini, che il legislatore, in presenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla reale portata del dovere di soccorso istruttorio nell’ambito delle procedure di gara, abbia voluto prendere posizione a favore dell’interpretazione ispirata ad un maggiore sostanzialismo, chiarendo, a fronte di una prassi amministrativa e di una interpretazione giurisprudenziale di segno prevalentemente contrario, che alla stazione appaltante è precluso imporre nel bando prescrizioni ed adempimenti ulteriori a quelli ordinariamente previsti sulla base della legge e del regolamento.

Del resto, con specifico riferimento alle clausole del bando che, come quella in esame, prevedono a pena di esclusione adempimenti di carattere documentale o meramente formale, non può non evidenziarsi come, tramite il loro inserimento nel bando, la stazione appaltante ottenga il risultato di autoescludere (con riferimento, appunto, a quei documenti o a quelle forme imposte a pena di esclusione) la propria soggezione al dovere di soccorso istruttorio, che è, invece, imposto dall’art. 46, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006 e, più in generale, dall’art. 6 della legge n. 241 del 1990.

La sicura cogenza del principio del soccorso istruttorio - a sua volta espressione del più generale principio di leale collaborazione nei rapporti tra Amministrazione e privato, che grava sulla stazione appaltante anche nel corso del procedimento di evidenza pubblica - dovrebbe, allora, escludere la legittimità di clausole che, mediante la specifica previsione della automatica sanzione espulsiva in presenza di omissioni documentali o formali, consentano all’Amministrazione di prescindere da qualsiasi forma di preventiva interlocuzione e di preventiva collaborazione con il privato concorrente. È ancora significativa, ad avvalorare la portata interpretativa più che innovativa della nuova disposizione, la circostanza che il legislatore abbia deciso di collocarla topograficamente all’interno dell’art. 46 (appunto dedicato al principio del soccorso istruttorio), numerando il relativo comma come "1-bis", per sottolineare che la nuova regola debba essere intesa come una specificazione o un corollario del principio del "soccorso" istruttorio, in base al quale, quindi, il dovere di preventiva richiesta di regolarizzazione opera inderogabilmente tranne nei casi in cui la causa di esclusione abbia un fondamento, implicito o esplicito, in una fonte legislativa o nel regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici”.

 

Alla fine, dunque, il Consiglio di Stato rimette all’Adunanza Plenaria le seguenti questioni di diritto: “a) se, ed eventualmente in che misura, nel regime anteriore all’entrata in vigore dell’art. 4, comma 2, lett. d) del d.l. 11 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106, possa già ritenersi vigente un principio di tassatività della cause di esclusione dalle gare per l’affidamento di contratti pubblici;

b) se, in particolare, debbano ritenersi illegittime, per la violazione di tale principio, le clausole che impongono a pena di esclusione adempimenti documentali o formali privi di una base normativa espressa;

c) se, ed in che misura, ove si dovesse, al contrario, concludere per la validità di dette clausole "atipiche" di esclusione, sia comunque onere per la stazione appaltante, alla luce del generale principio del soccorso istruttorio di cui all’art. 46, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, invitare il concorrente, prima di disporne l’esclusione, ad una "regolarizzazione" documentale, consentendogli l’eventuale produzione tardiva del documento o della dichiarazione mancante o la regolarizzazione della forma omessa, nei casi in cui l’omissione formale o documentale non incida sulla sussistenza dei requisiti di partecipazione e sulla capacità tecnica ed economica del concorrente”.

dott. Matteo Acquasaliente

Consiglio di Stato ordinanza n. 2681 del 2013

 

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