Appunti critici dell’urbanista Fernando Lucato sul seminario “La Perequazione: problematiche di diritto civile, amministrativo, costituzionale e tributario”
Durante il seminario del 14 marzo 2014 a Vicenza, l'avv. Dario Meneguzzo ha esposto la (non nuova) tesi secondo la quale la perequazione (nella forma del contributo imposto) sarebbe illegittima, per violazione del'articolo 23 della Costituzione.
L'urbanista Fernando Lucato risponde sul punto e volentieri pubblichiamo il suo intervento: "Prima Dario, con qualche ironia, mi ha additato alla vasta platea come “inventore” di procedure sostanzialmente illegali, mettendo in guardia i comuni ad attuarle; poi Roberto ha elencato, in rigoroso ordine alfabetico, qualche luogo del delitto che incidentalmente (dato il pochissimo tempo a disposizione) coincideva con piani dei quali ero stato progettista. Ne è risultata una rappresentazione divertente ma, temo, da un lato non sufficientemente articolata per accennare, almeno, alle diverse problematiche coinvolte; dall’altro ingiustamente riduttiva sul mio ruolo professionale. Per quanto mi riguarda, il percorso di sperimentazione e ricerca sulla “perequazione” ha preso avvio nei primi anni ’90 cercando di formalizzare (con il decisivo contributo dello studio legale Dal Prà di Padova) nel PRG di Altavilla vic.na, quella che fino ad allora era una prassi della concertazione (c.fr. Urbanistica Dossier n. 76- Esperienze venete di perequazione urbanistica- 2005). Un’importante aggiornamento è stato introdotto nella variante al PRG di Montecchio Maggiore, nei primi anni 2000, con la formalizzazione dell’atto unilaterale d’obbligo preventivo (in questo caso con il decisivo apporto dello studio Domenichelli di Padova). Poi ha preso avvio la stagione dei PAT e dei PI generati dalla riforma urbanistica del Veneto, con l’esplosione di procedure, comportamenti e contenuti di piano i più diversi. Si tratta, dunque, di un percorso pluridecennale che si è evoluto all’interno di un quadro normativo in continua trasformazione e tuttora incompleto, transitato dall’urbanistica al governo del territorio, dalla stagione dell’espansione a quella della crisi, costantemente confrontato con le più interessanti esperienze in ambito non soltanto regionale nella consapevolezza delle criticità ma anche dei punti di forza. Tra questi segnalo la ricerca costante nella costruzione di un quadro coerente per il rigore dei contenuti e delle procedure adottate, trasparente e verificabile: caratteristiche, queste, che invece sono spesso mancate nelle moltissime (brutte) copie generate dal “copia incolla” nei confronti delle quali mi sono talora inutilmente battuto. Per questo mi ha infastidito l’essere stato confuso tra i tanti volenterosi copisti, perché nella mia attività non ho mai fatto un uso approssimativo di termini quali: tornaconto, edilizia di speculazione e di necessità…; e negli elaborati da me prodotti non si troverà mai il passaggio disinvolto dal contributo integrativo misurato sulla plusvalenza del Piano, al prelievo di quota parte del costo di costruzione che rappresenta, invece, un’evidente contraddizione; come non si troverà l’applicazione estemporanea di contributi in relazione alle diverse modalità attuative di piano… Insomma un crescendo di approssimazione, confusione e contraddizioni determinate dall’esigenza di far cassa dei comuni, dall’incompletezza del quadro normativo e, talora, dall’impreparazione tecnico/professionale che si rispecchia anche nella forma e nei contenuti dei piani (come ben denunciato da F. Oliva) e dei quali non mi sento, francamente, il principale responsabile. Se non viene colta nella sua interezza la complessità del processo di Piano all’interno del quale si colloca anche lo strumento perequativo, si rischia di sbagliare obiettivo: non è affatto secondario che la possibilità di monetizzare la plusvalenza sia soltanto una delle modalità previste dal “mio modello perequativo”; il superamento del baratto risponde, infatti, all’esigenza della trasparenza e dell’equità nel concorso alla costruzione della città pubblica (vogliamo confrontarci sugli “abusi” possibili invece dalla spalmatura delle potenzialità edificatorie in ambiti improbabili?). Siete veramente convinti che la recente sentenza del C.di S. su Oderzo, metta in crisi il modello perequativo (oltretutto non quello dei valori ma, piuttosto il modello “Micelli” per ambiti non contigui) o, piuttosto, non si soffermi sul significato degli spazi pubblici (standard) ribadendone il carattere di “rapporto” tra potenzialità edificatoria e corrispondente dotazione pubblica (istruttivo sul tema, andarsi a rileggere la puntuale relazione illustrativa del PRG di Bassano della fine anni ’60, di Mancuso e De Luca). Se è così , finalmente, diventa urgente approfondire, ad esempio, il significato dell’atto di indirizzo di cui all’ art.50lett_h della LR 11/2004 in relazione al dimensionamento dei piani e alla “flessibilità” nella monetizzazione degli standard: temi tutt’altro che nuovi nel quadro legislativo nazionale ma che potrebbero risultare dirompenti per le successive “interpretazioni” regionali e conseguenti contradditorie applicazioni. In conclusione, cari Dario e Roberto, il seminario sulla perequazione mi è parsa un’occasione persa per far chiarezza sul tema: poco tempo, punto di vista parziale, nessun confronto. L’urbanistica è troppo importante per farla fare agli avvocati. La prossima volta con le gambe sotto il tavolo?
dott. urbanista Fernando Lucato"
Leggo con molto piacere e interesse l’intervento dell’urbanista Lucato perchè ha perfettamente colto alcune osservazioni che rivolgevo ad alcuni presenti appena si è concluso l’incontro di venerdì scorso: non si può parlare di perequazione affrontando il tema dal punto di vista meramente giuridico. Se ne svilisce importanza, finalità e senso complessivo. L’urbanistca è affascinante proprio per la sua complessità, per essere il risultato e l’esito di processi complessi (sociali, geografici, economici, politici, ecc.). Ridurla a un fatto meramente giuridico è davvero riduttivo. Per chi ha voglia e tempo, suggerirei la lettura de “La città dei ricchi e la città dei poveri” di Bernardo Secchi non tanto perchè affronta la questione della perequazione, ma perchè consente di allargare la visione al tema della città. Fiorenza Dal Zotto
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