Risarcimento danni da lesione di interesse pretensivo: danno emergente, lucro cessante e perdita di chances?
La sentenza del TAR Veneto n. 1073 del 2013, già allegata al post che precede, dopo avere ritenuto risarcibile il danno da lesione di interesse legittimo pretensivo (illegittimo diniego di titolo edilizio e sopravvenita normativa del PAI che ne impedisce il rilascio), si occupa della quantificazione del danno risarcibile.
Il TAR approfondisce tre questioni: danno emergente, lucro cessante e perdita di chances.
Scrive il TAR: "5. Per quanto attiene la quantificazione del “danno emergente” va rilevato come la perizia prodotta dal ricorrente contenga, allegate, le
fatture pagate dello stesso attore nei confronti del professionista che ha redatto la progettazione dell’edificio, fatture che contrariamente a quanto sostenuto nel testo del ricorso ammontano a Euro 22.520,83, danno quest’ultimo che risulta pertanto compiutamente provato e, ciò,unitamente al nesso di causalità con i provvedimenti di diniego sopra citati.
6. Per quanto attiene il “mancato guadagno” va, inoltre, precisato come parte ricorrente richieda il ristoro delle somme sostenute per la predisposizione del progetto della cantina e delle pratiche connesse e, nel contempo, il risarcimento corrispondente ai minori redditi annuali, conseguenti all’impossibilità di edificare la cantina, somma pari a Euro 660.000,00 - per i primi dieci anni successivi al momento in cui il permesso di costruire avrebbe dovuto essere rilasciato -, nonché dell’ulteriore importo relativo agli anni successivi al decimo in ragione di Euro 126.000,00 euro all’anno. 6.1 Sempre parte ricorrente sostiene, nel petitum del ricorso, il diritto ad ottenere il ristoro del danno conseguente “alla minore redditività” conseguente alla mancata edificazione della cantina. Nella successiva perizia è stato depositato un contratto di affitto, stipulato nell’eventualità in cui detta cantina fosse stata realizzata, dal quale si deduce che detto danno di “minore redditività” ammonterebbe a Euro 180.000,00. Si sostiene in ultimo, sempre nella perizia sopra citata, il venire in essere di un danno consequenziale al deprezzamento del terreno per un importo pari a Euro 500.000,00.
6.2 In relazione a quanto sopra precisato va in primo luogo rilevato come i valori sopra precisati siano stati poi modificati dalla presentazione di una successiva perizia di parte mediante la quale si è quantificata una somma considerevolmente differente e pari a Euro 1.228.609,02.
6.3 Va, inoltre, rilevato come il danno dalla “mancata vendita dei prodotti del vigneto” integri la fattispecie del danno da chance, avendo a riferimento quei profitti che il ricorrente avrebbe conseguito una volta avviata l'attività imprenditoriale cui l'edificazione della cantina era strumentale, danno in relazione al quale è stata sollecitata una liquidazione equitativa.
6.4 Al riguardo, vanno richiamati i più recenti orientamenti del Consiglio di Stato (contenuti nella decisione sopra citata) in relazione ai quali l'esame della sussistenza del danno da perdita di chance, in seguito all'emanazione di un provvedimento illegittimo, interviene:
- o attraverso la constatazione in concreto della sua esistenza, ottenuta attraverso elementi probatori;
- o attraverso un’ articolazione di argomentazioni logiche che, sulla base di un processo deduttivo rigorosamente sorvegliato, inducano a concludere per la sua sussistenza;
- ovvero ancora attraverso un processo deduttivo condotto secondo il criterio, elaborato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, del c.d. "più probabile che non", e cioè alla luce di una regola di giudizio che ben può essere integrata dai dati della comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 2012, nr. 2974).
6.5 Con riferimento al danno sopra citato, nulla di tutto ciò è presente sia, nel ricorso che nella successiva perizia, nell’ambito della quale parte ricorrente si limita ad elencare i presunti profitti relativi alla vendita dei vini prodotti dai vigneti.
6.6 Sul punto non risulta provato il nesso di causalità tra la mancata realizzazione della cantina e il danno da mancato guadagno sopra specificato, risultando del tutto eventuale la produzione e la vendita dei vini rispetto alla mancata edificazione di un manufatto. Alla mancanza di tale prova non è possibile sopperire con una valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., come nel caso di specie chiede la parte ricorrente e, ciò, in considerazione del fatto che l'applicazione di tale norma richiede che risulti provata, o comunque incontestata, l'esistenza di un danno risa(in questo senso Cons. Stato, sez. IV, 7 gennaio 2013, nr. 23). 6.7 Tutto ciò premesso, nel caso che qui occupa, pur nell'accertata spettanza della concessione edilizia a suo tempo richiesta dall'appellante al Comune, è evidente che non è stata fornita alcuna prova, delle probabilità di esito positivo dell’attività imprenditoriale che il ricorrente avrebbe voluto avviare.
E’, inoltre, del tutto evidente che a tale carenza di prova non sia possibile sopperire attraverso i processi deduttivi sopra richiamati, in considerazione dell'incertezza e dell'aleatorietà delle variabili che notoriamente possono influire sull'andamento di una nuova impresa che entra nel mercato.
7. Ad una valutazione equitativa è, al contrario, possibile accedere per quanto attiene la voce relativa al danno da “mancata redditività” e al danno da deprezzamento del terreno. In relazione a dette ultime tipologie di danno parte ricorrente esibisce un contratto di affitto sottoscritto nel 2001, con il quale la società Agricola Maine si era impegnata a cedere in locazione la cantina nei confronti della società che ha in gestione il vigneto di cui la ricorrente risulta proprietaria.
8. E’ possibile prescindere da detta quantificazione considerando come l’orientamento prevalente (Cons. Stato Sez. IV Sent., 24-12-2008, n. 6538) sancisce … “il danno subito in seguito ad illegittimo diniego di concessione edilizia può essere determinato in via equitativa sulla scorta della differenza del valore che l'area di proprietà degli appellanti aveva al momento del progetto di diniego ed al momento della delibera di approvazione del nuovo piano regolatore generale. L'ammontare del risarcimento così stabilito dovrà essere aumentato della rivalutazione monetaria degli interessi legali da calcolarsi fino alla data di notifica della domanda giudiziale”.
9. Va rilevato come parte ricorrente abbia quantificato il danno da deprezzamento del terreno, per un importo pari alla somma pari a Euro 500.000,00, risultato delle differenza tra il valore dell’area inedificabile e il valore dell’area con il fabbricato di cui si tratta.
10. Detto computo non può essere automaticamente recepito da questo Collegio e va pertanto considerato un riferimento di massima del danno subito e, ciò, considerando come non sia possibile desumere quali siano i valori di partenza e in relazione a quali presupposti di riferimento è stata effettuata detta stima.
10.1 La stessa stima non solo non risulta provata, ma a differenza della Giurisprudenza sopra citata assume a riferimento il valore che l’area avrebbe avuto qualora fosse stato realizzato il fabbricato richiesto e , quindi, un parametro parzialmente differente da quello individuato dalla pronuncia del Consiglio di Stato sopra citata. Ne consegue che in ragione delle circostanze sopra ricordate è possibile disporre una quantificazione equitativa, liquidando la una percentuale pari al 5% del valore sopra citato.
11. In considerazione di ciò la somma di Euro 500.000,00 (deprezzamento del terreno) potrà essere ridotta ad un ammontare complessivo pari a Euro 25.000,00 (venticinquemila//00) oltre interessi legali e rivalutazioni dalla data di notifica della domanda giudiziale e sino al giorno di deposito della presente sentenza".
Dario Meneguzzo
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