In sede di approvazione di un piano attuativo altrui deve astenersi anche il consigliere comunale progettista di altri piani approvati
Il TAR di Reggio Calabria aveva ritenuto che consigliere comunale che sia un professionista che operi nel settore dell'urbanistica e che abbia presentato al comune altri piani attuativi, già approvati dal comune, non può partecipare alla discussione e alla votazione di un altro piano attuativo (sebbene non lo riguardi), a pena di violazione dell’art. 78 comma 2 del Dlgs 267/2000, dovendo riconoscersi “una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione” e quegli “specifici interessi dell'amministratore”, derivanti dalla tutela della propria attività professionale. La sentenza del TAR è stata poi confermata dal Consiglio di Stato.
Si legge nella sentenza del TAR n. 385 del 2012: "II) Fondata è la censura, dedotta nel corpo del ricorso (pagg. 14 e ss.) circa la violazione dell’art. 78 del TUEL e dell’art. 97 della Costituzione per la mancata astensione del consigliere comunale Ing. F. G., presidente della II commissione consiliare, che ha istruito il dibattito circa la proposta oggetto di causa e che è progettista di altri interventi di lottizzazione favorevolmente esitati dal Consiglio Comunale nel medesimo periodo.
Più precisamente, dall’esame degli atti si evince che l’Ing. G. (cui il ricorso è stato notificato, ma non si è costituito in giudizio) in quanto presidente, ha condotto i lavori della commissione consiliare che si è espressa in merito alla proposta di lottizzazione (v. ad es. verbale del 13 settembre 2010 prodotto sub 12 dalla parte ricorrente) ed è tra i partecipanti alla discussione ed alla successiva votazione (non risultando tra i consiglieri nominalmente individuati come votanti a favore, è incluso tra quelli indicati come contrari).
Parte ricorrente ha poi allegato che lo stesso Ing. G. è progettista di altri interventi approvati dal medesimo consesso consiliare e che, nel corso del dibattito, sono intervenuti diversi consiglieri comunali, i quali hanno evidenziato l’inopportunità della sua partecipazione ai lavori.
Va dunque ritenuta comprovata la qualità che il controinteressato riveste di professionista operante nel settore dell’urbanistica nel Comune di Cittanova.
Ne deriva la violazione dell’art. 78 comma 2 del Dlgs 267/2000, dovendo riconoscersi “una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione” e quegli “specifici interessi dell'amministratore”, derivanti dalla tutela della propria attività professionale.
Quest’ultima è invero oggettivamente avvantaggiata, già solo sul piano dell’immagine, dal ruolo disimpegnato dall’Ing. Guerrisi nel consiglio comunale.
E non solo.
La posizione dell’amministratore è anche soggettivamente avvantaggiata dal rigetto di un’istanza a contenuto edilizio relativa ad una proposta di convenzione di lottizzazione avanzata da privati assistiti da un professionista concorrente, perché ciò può essere percepito come una censura nei confronti di quest’ultimo ed indurre altri proprietari a preferire i servigi professionali dell’amministratore/professionista per assicurarsi l’approvazione dei propri progetti.
Il punto necessita di essere adeguatamente precisato.
Sul piano letterale, l’art. 78 del Dlgs 267/2000, dopo aver premesso la regola generale secondo cui “il comportamento degli amministratori, nell'esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all'imparzialità e al principio di buona amministrazione” (comma 1), la specifica al secondo comma, sancendo che “Gli amministratori di cui all'art. 77, comma 2 (ovvero gli amministratori elettivi), devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado.
L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado”.
La norma precisa ai commi seguenti ulteriori aspetti che disciplinano l’incompatibilità tra gli amministratori componenti la giunta e l’attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.
La giurisprudenza ha precisato che “l'obbligo di astensione degli amministratori locali costituisce principio di carattere generale ex art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000, che non ammette deroghe o eccezioni, ricorrendo ogni qualvolta sussista una correlazione diretta fra la posizione dell'amministratore e l'oggetto della deliberazione, anche se la votazione potrebbe non avere altro apprezzabile esito e la scelta fosse in concreto la più utile e opportuna per l'interesse pubblico” e tale dovere “sussiste in tutti i casi in cui essi versino in situazioni che, avuto riguardo al particolare oggetto della decisione da assumere, appaiano - anche solo potenzialmente - idonee a minare l'imparzialità dei medesimi” (T.A.R. Campobasso Molise sez. I, 03 novembre 2011, n. 718; si confronti anche Consiglio di Stato sez. IV, 28 gennaio 2011, n. 693, secondo cui “la regola generale è che l'amministratore debba astenersi al minimo sentore di confitto di interessi, reale o potenziale che sia” ed è “da considerarsi tassativa” ed applicabile “in caso di adozione di piano attuativo qualora sussista un interesse immediato e diretto fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi del consigliere o del congiunto”).
Va ritenuto, sotto altro profilo, che la circostanza che solo ai componenti della Giunta e non anche ai consiglieri comunali è interdetta l’attività professionale in materia di edilizia non equivale ad una indistinta “autorizzazione” a che questi ultimi si occupino dei progetti edilizi di privati nel territorio amministrato senza riflessi sull’esercizio del mandato, perché la norma va correlata con l’obbligo di astensione che, dall’esercizio consentito di attività professionale, scaturisce in ordine alla partecipazione ai lavori consiliari quando questi abbiano ad oggetto materie direttamente connesse all’attività professionale. In altri termini, ai consiglieri comunali - professionisti è consentito continuare l’attività professionale in materia di edilizia, ma ciò li obbliga ad osservare senza eccezioni il disposto dell’art. 73 comma 2 del TUEL ogni qualvolta sussistano i presupposti, e nella rigorosa lettura che di tale norma offre la giurisprudenza.
Nell’esposizione di tale motivo di censura, i ricorrenti non contestano il comportamento in sé dell’amministratore o la sua onorabilità professionale, ma, in linea con la giurisprudenza appena richiamata, la sola sussistenza della “potenzialità” di un conflitto di interessi, che è tale da pregiudicare il prestigio e l’indipendenza dell’istituzione comunale, ed in questi limiti la censura è fondata e merita accoglimento, conseguendone l’annullamento della delibera impugnata, con obbligo di riesame della proposta di lottizzazione dei ricorrenti".
IL Consiglio di Stato ha confermato la sentenza impugnata con la sentenza n. 4806 del 2014: "Come già posto in evidenza, la sentenza appellata ha ritenuto che nella fattispecie esaminata si è verificata la violazione dell’art.78 comma secondo del d.lgs n.267/2000, non essendosi astenuto dalla discussione ed dalla votazione sulla proposta di lottizzazione presentata da parte appellata del cui contenuto ed esito s’è detto, il consigliere G. il quale esercita la sua professione di ingegnere, occupandosi di progetti di lottizzazione su aree edificabili del Comune di Cittanova.
Gli argomenti del primo giudice sono condivisi dalla Sezione , essendo essi pienamente in linea con l’orientamento già espresso, e dal quale non ritiene di doversi discostare, in tema di conflitto d’interessi degli amministratori locali quando sono chiamati a deliberare in materia di piani urbanistici.
Al riguardo la regola ricavata dall’esegesi della citata disposizione del T.U. sugli enti locali è nel senso che “l'astensione del Consigliere comunale dalle deliberazioni assunte dall'organo collegiale deve trovare applicazione in tutti i casi in cui, per ragioni di ordine obiettivo, egli non si trovi in posizioni di assoluta serenità rispetto alle decisioni da adottare di natura discrezionale, con la precisazione che il concetto di "interesse" del consigliere alla deliberazione comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali, comportante una tensione della volontà, verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all'adozione di una delibera” (Cons. Stato Sez. IV, 28 gennaio 2011 n..693).
Non è quindi inutile aggiungere che tale “obiettivo” interesse dell’ingegner Guerrisi , come risulta dagli atti depositati in giudizio da parte appellata, è stato prontamente rilevato all’interno del Consiglio Comunale in seno al quale è stata formalmente sollevata la questione della sua posizione di conflitto di interessi con l’oggetto all’ordine del giorno della seduta, ponendo in evidenza la possibile lesione del prestigio dell’ente.
Contrariamente a quanto assume parte appellante, non rileva quindi che il consiglio abbia proceduto in modo imparziale ovvero senza condizionamenti, essendo l'obbligo di astensione per incompatibilità,espressione del principio generale di imparzialità e di trasparenza (art. 97 Cost.), al quale ogni Pubblica amministrazione deve conformare la propria immagine, prima ancora che la propria azione.
Viene nella sostanza recepito nella norma in esame quel comune sentire che nei riguardi di coloro che amministrano la cosa pubblica si traduce nel detto secondo il quale essi non soltanto debbono essere ma anche apparire non in conflitto con l’oggetto della questione che sono chiamati a deliberare.
Né può apparire quella esposta un’esegesi della norma in esame che ne favorisce un’applicazione generalizzata contraria alla sua lettera, per la
quale il conflitto d’interessi in essa normato richiede, quando si tratta di piani urbanistici, la condizione di “ una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado”.
Del rapporto sul piano interpretativo tra la prima e la seconda parte del comma secondo dell’art.78 del T.U. in esame sopra delineato, si parlerà in seguito, essendo prima necessario , alla luce della complessa censura esposta da parte appellante, chiarirne il suo rapporto con il successivo comma terzo.
Quest’ultimo invero non ha, in tema di conflitto d’interessi, come sostiene parte appellante,il rilievo di regola generale per tutti gli amministratori della cosa pubblica, ai sensi della quale l’obbligo dell’astensione sussiste soltanto quando ciò sia espressamente previsto.
Il comma terzo si riferisce non ai consiglieri comunali ma ai componenti della giunta, i quali sono tenuti a non esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio amministrato quando sono titolari di competenze in materia urbanistica , edilizia e lavori pubblici.
Si tratta quindi di un diverso tipo di conflitto d’interessi, non solo in senso soggettivo ma anche oggettivo inerendo alla carica, la cui disciplina non opera quindi per l’attività deliberativa dei consiglieri comunali quanto alla previsione espressa di un obbligo di astensione.
Una volta chiarito ciò e tornando al comma secondo della norma in commento, va chiarito anzitutto che il dovere di astensione si impone al consigliere , per così dire, ex ante, ogniqualvolta cioè incidendo l'atto da adottare su un interesse dell'amministratore, in senso vantaggioso o svantaggioso, vi sia il pericolo che la volontà dello stesso non sia immune da condizionamenti, e che vi sia invalidità della delibera adottata con il concorso di chi avrebbe dovuto astenersi.
E ciò a prescindere dai vantaggi o svantaggi in concreto conseguiti; v’è un contrasto dunque tra due interessi facenti capo alla stessa persona, uno dei quali di tipo «istituzionale» ed un altro di tipo personale che va risolto con l’astensione dal partecipare alla discussione e alla votazione sulla deliberazione. Inoltre, dal tenore letterale dell'art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000 emerge che la deroga divisata per gli atti generali e normativi, oltre a non essere assoluta posto che se ricorre l’interesse personale si ripristina l’obbligo di astensione anche se non vengono in considerazione i detti atti, è da considerarsi tassativa e dunque se non opera in presenza di atti di natura diversa in via generale tuttavia
l’astensione diviene doverosa se sussiste la correlazione ivi descritta .
Il dovere di astensione ha quindi portata generale e dunque non possono esservi dubbi, per stare al caso in esame, sulla sua applicabilità (oltre che ai piani generali) anche con riguardo alle convenzioni aventi valore di piani esecutivi.
A tal proposito, va anzi sottolineato che se sussiste un interesse immediato e diretto in caso di adozione di piano attuativo (cosa molto più facile a verificarsi, data la maggiore determinatezza del piano di livello esecutivo o attuativo), sussiste certamente l'obbligo di astensione, né tale obbligo viene meno per la maggiore possibilità che sia l’intero piano attuativo ad essere coinvolto.
L’ attenuazione delle conseguenze che la norma dispone per la violazione del dovere di astensione, circoscrivendo gli effetti dell’illegittimità dell’approvazione della deliberazione a parti dello strumento urbanistico, connettendosi alla natura di atto generale del piano, rafforza,invero, pena la loro vanificazione, le ragioni del rigoroso rispetto di tale dovere nella ipotesi in cui, come nella fattispecie in esame, anche per le ridotte dimensioni di un progetto di piano di lottizzazione eseguibile da un solo progettista, sia ancora più evidente il concreto,diretto e immediato conflitto di posizioni tra il consigliere comunale che esercita la professione di ingegnere progettista di quest’ultimo tipo di piano ed il contenuto della deliberazione consiliare che ha ad oggetto la richiesta della sua approvazione, evidente essendo il vantaggio concorrenziale nei riguardi del progettista del piano proposto.
La condivisione, per le esposte ragioni, della sentenza impugnata nella parte riguardante la violazione dell'obbligo di astensione assume quindi carattere assorbente, in grado di inficiare la delibera di rigetto gravata".
Dario Meneguzzo - avvocato
sentenza TAR Calabria - Reggio Calabria 385 del 2012
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