Per gli atti vincolati ammissibile l’integrazione della motivazione del provvedimento nel corso del giudizio
Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 23 del 2014.
Scrive il TAR: "3.4 Costituisce dato acquisito che, dall’esame dei provvedimenti impugnati, era comunque possibile desumere le circostanze ostative all’accoglimento della domanda.
4. Ne consegue come siano applicabili quei principi giurisprudenziali, peraltro confermati da una recente pronuncia (per tutti si veda Consiglio di Stato sez. V 20/08/2013) che, seppur in una fattispecie differente, hanno sancito che “il divieto di integrazione giudiziale della motivazione non ha carattere assoluto, in quanto non sempre i chiarimenti resi nel corso del giudizio valgono quale inammissibile integrazione postuma della motivazione: è il caso degli atti di natura vincolata di cui all'art. 21 octies l. n. 241- 1990, nei quali l'amministrazione può dare anche successivamente l'effettiva dimostrazione in giudizio dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell'atto, oppure quello concernente la possibilità di una successiva indicazione di una fonte normativa non prima menzionata nel provvedimento, quando questa, per la sua notorietà, ben avrebbe potuto e dovuto essere conosciuta da un operatore professionale”.
4.1 Se, infatti, il divieto di integrazione postuma, costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, rappresenta un presidio
essenziale dell'onere stesso di motivazione dei provvedimenti, l’applicazione di detto principio all’attività vincolata va opportunamente contemperato in presenza di un vizio formale, quale è il difetto di motivazione e, ancor di più nella fattispecie in esame, laddove era comunque possibile evincere gli elementi ostativi alla realizzazione del manufatto di cui si tratta. La censura è, pertanto, non accoglibile".
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