E’ valida la notifica fatta al familiare si sia trovato nella casa ed abbia preso in consegna l’atto anche se risulti residente da un’altra parte?
La sentenza del Consiglio di Stato n. 1954 del 2014 si occupa, tra l'altro, del concetto di familiare convivente, ai fini della validità delle notificazioni.
Si legge nella sentenza: "Restano da esaminare le eccezioni che riguardano la ritualità delle notifiche dell’atto comunale di riassunzione. Tali eccezioni investono due aspetti distinti.
4a Un primo profilo sollevato riguarda le notifiche dell’atto di riassunzione effettuate, a mezzo posta, ai sigg.ri Pietro e Simone Capone. Queste sarebbero nulle, poiché in entrambi i casi la copia dell’atto giudiziario sarebbe stata consegnata al fratello dei predetti, sig. Capone Giorgio, presso il suo domicilio alla via Ravenna 43. Questi, viene precisato, non conviveva neppure temporaneamente con i fratelli Pietro e Simone; né del resto una prova della detta convivenza temporanea era stata fornita.
4b In proposito la difesa di parte appellante ha tuttavia fondatamente replicato che dai pertinenti avvisi di ricevimento si desumeva che i relativi plichi erano stati consegnati proprio presso i rispettivi domicilii dei destinatari e non già al civico 43 di via Ravenna, come riferito invece ex adverso con asserto che, figurando contraddetto da risultanze documentali che la giurisprudenza reputa assistite da efficacia probatoria privilegiata (Cass.civ., Sez. I, 22 novembre 2006, n. 24852; Sez. II, 22 aprile 2005, n. 8500), non può che essere giudicato recessivo. Quanto alla circostanza che la consegna del plico sia stata effettuata in entrambi i casi nelle mani del fratello Giorgio, occorre sottolineare che i relativi avvisi di ricevimento, sottoscritti in calce dal consegnatario, definivano il medesimo in entrambi i casi quale “familiare convivente – fratello”. Ciò posto, correttamente la difesa comunale si è richiamata alla
presunzione di convivenza temporanea del familiare nell’abitazione del destinatario, che la giurisprudenza afferma operante per il sol fatto che il familiare si sia trovato nella casa ed abbia preso in consegna l’atto. La presunzione così invocata potrebbe essere vinta solo dalla prova contraria fornita dall’interessato avente ad oggetto la mancanza di alcuna pur temporanea convivenza. Non solo, però, tale prova contraria non è stata fornita; ma la parte costituita non ha nemmeno escluso che il plico sia pervenuto al destinatario. Onde anche questa eccezione risulta infondata.
4c A conferma dell’inconsistenza dell’eccezione giova riportare l’approfondito quadro della materia recentemente fornito dalla Suprema Corte con la pronuncia della Sez. I, 25 luglio 2013, n. 18085. “E' opportuno riportare, nella parte che qui rileva, la L. n. 892 del 1980, art. 7, commi 1 e 2, che, nel disciplinare le modalità di notificazione a mezzo posta, dispone: L' agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito. Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l'atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ...". Tra i due requisiti previsti dalla norma, della quale è stata rimarcata la differenza con il disposto di cui all'art. 139 c.p.c., comma 2 (che si limita ad indicare la consegna ad una persona di famiglia, senza alcun accenno al secondo requisito), la giurisprudenza ha ritenuto sussistente un vincolo presuntivo, del primo rispetto al secondo requisito, ritenendo che la notificazione mediante consegna a persona di famiglia richiede che l'atto da notificare sia consegnato a persona che, pur non avendo uno stabile rapporto di convivenza con il notificando, sia a lui legato da vincolo di parentela, che giustifichi la presunzione di sollecita consegna; presunzione superabile da parte del notificando, che assuma di non avere ricevuto l'atto, con la dimostrazione della presenza occasionale e temporanea del familiare consegnatario (così le pronunce 187/2000, 5671/1997, 7371997). Ed ancora più chiaramente, la pronuncia 9928/2001 si è espressa nel senso di ritenere che il disposto normativo, che regolamenta la dazione del piego postale a consegnatari qualificati del destinatario assente, "pone certamente l'esigenza che il familiare sia convivente, anche in termini di assoluta temporaneità, con tale espressione intendendosi un minimo di stabilità della presenza del soggetto- familiare nell' abitazione del destinatario, che faccia ritenere certa la sollecita consegna del piego. Ma se tale è la formula adottata, è anche palese che il testo non impone alcuna indicazione, nella formula notificatoria, della convivenza, posto che, come più volte da questa Corte precisato, viene instaurata la presunzione della convivenza temporanea del familiare nella abitazione del destinatario per il solo fatto che detto familiare si sia trovato nella casa ed abbia preso in consegna l'atto (Cass. 1843/98 - 7544/97 - 615/95 - 6100/94 - 2348/94), presunzione certamente superabile da prova contraria fornita dall'interessato (e ad oggetto la carenza di alcuna pur temporanea convivenza) e sulla quale il legislatore ha fondato l'ulteriore presunzione normativa, quella di consegna immediata dell'atto al suo destinatario da parte del ridetto familiare" (Cass. civ., Sez. I, n. 18085/2013; la stessa Suprema Corte poco prima, con la decisione della Sez. III, 26 ottobre 2009, n. 22607, aveva svolto considerazioni analoghe).
4d Le notifiche dell’atto di riassunzione effettuate ai sigg.ri Pietro e Simone Capone risultano pertanto immuni dal vizio testé esaminato".
Dario Meneguzzo - avvocato
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