Il TAR Veneto ritorna sulla questione della “vicinitas”
Segnaliamo la sentenza del TAR Veneto n. 22 del 2014 relativa alla questione se il vicino sia legittimato a impugnare i titoli edilizi del vicino.
Scrive il TAR: "Conformemente all’orientamento più volte seguito dalla Sezione, difetta nella specie l’interesse e la legittimazione alla proposizione del ricorso da parte dell’odierno istante, in quanto non risulta dal medesimo comprovato il reale pregiudizio derivante dal provvedimento impugnato. Il profilo attiene ancora una volta all’idoneità del mero requisito della vicinitas ossia la condizione di soggetto confinante o comunque proprietario di terreni posti nelle vicinanze di quelli interessati dagli interventi contestati, quale elemento di per sé solo sufficiente a legittimare la proposizione del ricorso. Come più volte ritenuto al riguardo, il Collegio condivide la rilevanza del requisito della vicinitas, quale elemento sicuramente qualificante la posizione processuale e sostanziale del ricorrente, a fronte di un titolo edilizio che consente al confinante di realizzare un intervento in qualche misura pregiudizievole della proprietà altrui. Tuttavia, proprio in considerazione del fatto che detto pregiudizio deve comunque sussistere e non deve tradursi in una mera ipotesi, solo prospettata dalla parte ricorrente, si è giunti in più occasioni a ritenere, anche con l’avallo del giudice d’appello, che il requisito della vicinitas debba essere integrato dalla esternazione del pregiudizio che deriverebbe al ricorrente per effetto della realizzazione degli interventi edilizi assentiti dai provvedimenti impugnati. Se è indubbiamente corretto ritenere che la vicinitas può costituire l’elemento principale, che anche da solo può giustificare l’interesse ad agire, è tuttavia evidente che tale ipotesi è ravvisabile tutte le volte in cui sia palesemente evidente che la vicinanza della nuova costruzione costituisce oggettiva fonte di pregiudizio per le ragioni del confinante. Tuttavia, al di là di tali evidenti situazioni di fatto, il solo dato oggettivo della vicinitas non sempre costituisce sicuro elemento di individuazione dell’interesse e della legittimazione ad agire, dovendosi comprovare il reale pregiudizio che potrebbe derivare dalla realizzazione dell’intervento assentito alle ragioni del confinante. Una diversa interpretazione, che non tenga conto di una più attenta disamina della situazione di fatto, al di là della mera rappresentazione formulata dal ricorrente, finirebbe per assicurare, come già osservato in fattispecie analoghe, una sorta di azione popolare nei confronti dell’operato dell’amministrazione, per conseguire l’annullamento di ogni provvedimento che consenta interventi non graditi da parte dei vicini. Proprio per evitare simili evenienze, appare coretto ricondurre la disamina dei presupposti dell’azione entro binari più rigorosi che, senza ignorare il principale elemento che, lo si ribadisce, è la vicinitas, debbono contribuire a qualificare anche sotto il profilo del reale pregiudizio (in termini di diminuzione del valore economico del bene o della sua fruibilità) la posizione del soggetto ricorrente. Ciò premesso, nel caso di specie, l’interesse fatto valere dall’odierno istante è pacificamente basato sulla sola vicinitas, essendosi il ricorrente limitato a paventare un possibile e non comprovato futuro utilizzo del campanone per finalità diverse da quelle dichiarate nella richiesta del rilascio del permesso di costruire. In realtà trattasi, allo stato, di mere presupposizioni, che non trovano dati oggettivi di riscontro, se non nel fatto che i due mappali sui quali insiste l’edificio sono ora di proprietà di un soggetto, S. S., che non è imprenditore agricolo. Tuttavia, le controdeduzioni svolte al riguardo dalla difesa istante – che ha precisato come sui mappali in esame sarebbe proseguita l’attività agricola del signor S. A., giusto assenso del figlio S. – non consentono di condividere i timori di parte ricorrente e quindi di configurare l’interesse alla proposizione del gravame. Da ultimo, va ulteriormente sottolineato, come anche il possibile pregiudizio che parte ricorrente potrebbe lamentare dalla realizzazione dell’intervento contestato e consistente nella compromissione della preesistente servitù di passaggio, oggetto già di giudizio possessorio instaurato davanti al giudice civile, risulta superato per effetto dell’atto di conciliazione e transazione del 11.7.2012, che ha risolto anche tale profilo, a comprova dell’insussistenza di ogni residuo interesse all’annullamento del provvedimento impugnato proprio con riferimento all’esistenza di un qualche pregiudizio derivante a carico del ricorrente per la libera fruizione del proprio bene".
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