Per riunire i ricorsi occorre un unitario interesse soggettivo

18 Nov 2014
18 Novembre 2014

Il T.A.R. Milano statuisce che, di regola, il ricorso amministrativo va proposto avverso un unico provvedimento. Tale regola, però, cede quando si tratta di provvedimenti connessi e/o collegati. In ragione di ciò il Collegio statuisce che, per riunire distinti ricorsi, occorre che dimostrare sia l’unitarietà del rapporto giuridico controverso sia l’unicità del centro di interessi.

Nella sentenza n. 2692/2014 si legge: “nel processo amministrativo vale la regola per cui il ricorso deve essere diretto contro un solo provvedimento, salvo che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale tale da giustificare un unico giudizio (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4277).

Muovendo da tale assunto, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che «…il ricorso deve essere diretto contro un solo provvedimento, id est appuntarsi su un determinato rapporto nascente dall’esercizio di una (normativamente) specifica funzione amministrativa, a meno che tra gli atti impugnati esista una connessione tale da giustificare un unico processo, costituendo essi manifestazioni provvedimentali collegate ad un unico sviluppo dello stesso episodio di concreto esercizio del potere pubblicistico, idoneo a far emergere la consistenza e la lesione di un unitario interesse soggettivo, storicamente connotato come contrapposto a quel determinato esercizio del potere…» (Cons. Stato, Sez. V, 17 settembre 2012, n. 4914).

Altra giurisprudenza ha precisato come sia necessario «…che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali, cioè che le domande giurisdizionali siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per i medesimi motivi (vedi CdS, V, 10.9.2009, n. 5425), sì da poter ragionevolmente considerare la pluralità di ricorrenti come un'unica parte processuale, seppure soggettivamente complessa…» (TAR Lazio – Roma, Sez. III, 27 febbraio 2010, n. 3119)”.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza TAR Milano 2692 del 2014

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