Il decorso del tempo non esclude l’obbligo di sanzionare un abuso edilizio

27 Ott 2014
27 Ottobre 2014

Nota a TAR CAMPANIA – Napoli, sezione IV, sentenza n. 5033 del 25.09.2014

Il TAR Campania è tornato a trattare, con la decisone in oggetto, il tema dell’influenza del passaggio del tempo sul contenuto dell’obbligo di motivazione delle sanzioni demolitorie di opere abusive. Essa compie una puntuale disamina sui diversi orientamenti giurisprudenziali in materia, per aderire, infine, alla tesi più restrittiva, secondo cui il decorso anche di un notevole lasso di tempo tra l’abuso e la sua repressione o tra la sua scoperta e la sua repressione non può mai ingenerare un legittimo affidamento del privato.  Il Giudice campano indica tuttavia un’unica eccezione a questo principio: si può parlare affidamento meritevole di tutela solo ove il privato, il quale abbia correttamente ed in senso compiuto reso nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato non già nel caso, come quello di specie, in cui si commetta un illecito a tutta insaputa della stessa.

Si legge nella sentenza del TAR Napoli, sezione IV, sentenza n. 5033 del 25.09.2014: “In materia di misure demolitorie il principio generale è che non sia necessaria alcuna specifica motivazione sull’esistenza di un interesse pubblico in quanto è pacificamente riconosciuto che l'abusività di un'opera edilizia, costituisce già di per sé presupposto per l'applicazione della prescritta sanzione demolitoria.  Per costante giurisprudenza, infatti, la diffida a demolire manufatti abusivi è atto vincolato (ex multis Cons. Stato, VI, 28 /06/ 2004, n. 4743; id., sez. V, 10 /07/ 2003, n. 4107; T.A.R. Napoli, Sez. IV, 4 /02/ 2003, n. 617; 15 /07/ 2003, n. 8246) e come tale non necessita di una puntuale valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né di un bilanciamento di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né di una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione (Cons. Stato Sez. VI, 28 /01/ 2013, n. 496; id. Sez. IV, 28 /12/ 2012, n. 6702).

Stante questo principio generale, è stata in giurisprudenza dibattuta la particolare ipotesi in cui sia trascorso un notevole lasso di tempo tra la commissione dell’abuso, il suo accertamento e l’adozione della misura sanzionatoria, in quanto alcune pronunce hanno ritenuto di poter fare una eccezione al suindicato principio generale richiedendo, a tutela dell’affidamento del privato, una specifica motivazione sulla sussistenza ragioni di interesse pubblico che giustifichino la misura demolitoria, tanto che il provvedimento che non specifichi tali ragioni risulta affetto dal vizio di difetto di motivazione.

Sul punto sono emersi diversi orientamenti giurisprudenziali.

Un primo indirizzo giurisprudenziale valorizza il rilievo dato anche nel diritto amministrativo alla tutela dell’affidamento del privato a discapito delle esigenze di mera legalità e ritiene che la repressione dell'abuso edilizio, disposta a distanza di tempo ragguardevole dalla commissione dell’illecito, richieda una puntuale motivazione sull'interesse pubblico al ripristino dei luoghi.  In tal caso, infatti, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso e il protrarsi dell'inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza, si ritiene che si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, in relazione alla quale l'esercizio del potere repressivo è subordinato ad un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche all'entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (T.A.R. Veneto, Sez. II, 8 /02/ 2012, n. 203; TAR Napoli, Sez. IV, 28 /12/ 2009 n. 9620; TAR Napoli, Sez. IV, 5 maggio 2009, n. 2357; Cons. Stato, Sez. V, 4 /03/ 2008, n. 883; id., sez. V, 29 maggio 2006, n. 3270; id., Sez. V, 25 /06/ 2002, n. 3443,). In queste ipotesi l’elemento temporale fungerebbe da elemento ostativo all’adozione di una misura repressiva che potrebbe risultare, senza uno specifico accertamento e relativa valutazione al riguardo, addirittura controproducente per un ordinato assetto edilizio, che si sia nel frattempo consolidato (Cons. Stato, Sez. II – parere 10 /12/ 2003 n. 2420/2002). Inoltre, si evidenziato che l'attivazione del potere repressivo a tale distanza di tempo rende oltremodo difficoltoso l'esercizio del diritto di difesa da parte degli attuale proprietari, e improba ogni iniziativa di rivalsa, da parte loro, nei riguardi degli effettivi responsabili dell'abuso. In sostanza in certi casi l'onere della motivazione dell'iniziativa sanzionatoria si imporrebbe quale contrappeso proprio alla mancanza di termini di prescrizione e decadenza per l'esercizio del potere repressivo (T.A.R. Salerno, Sez. I, 27 /09/ 2013 n. 1987).

(…) In riferimento poi al passaggio di un notevole lasso di tempo tra l’accertamento dell’abuso e la sua repressione (nel caso di specie tra il rigetto dell’istanza di condono edilizio e l’ordine di demolizione sono passati diversi anni), si è affacciata in giurisprudenza una tesi (Cons. Stato, Sez. V, 9 /09/ 2013 n. 4470; T.A.R. Umbria, 1 /06/ 2010, n. 349; id., 31 maggio 2010, n. 342-343-344) che opera un distinguo proprio tra il tempo trascorso tra il compimento dell’abuso e il provvedimento sanzionatorio e quello che intercorre tra la conoscenza da parte dell’Amministrazione dell’abuso e il provvedimento sanzionatorio. In particolare, secondo questa interpretazione, a fronte della motivazione in re ipsa che caratterizza l’ordine di demolizione all’esito dell’accertamento dell’abuso, il notevole lasso temporale che fa sorgere l’onere di una motivazione rafforzata in capo all’Amministrazione è quello (e solo quello) che intercorre tra la conoscenza da parte dell’Amministrazione dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio adottato. Avvenuta la conoscenza dell’illecito da parte dell’Amministrazione può consolidarsi in capo al privato un affidamento giuridicamente apprezzabile, il cui sacrificio meriti di essere adeguatamente apprezzato in sede motivazionale. In sostanza, quindi, secondo quest’ultima tesi, quello che ingenererebbe un legittimo affidamento del privato, richiedendo una specifica motivazione, è l’inerzia colpevole dell’amministrazione ovverosia il ritardo con cui la stessa, dopo essere venuta a conoscenza dell’abuso, eserciterebbe il suo potere repressivo.

Il Collegio però ritiene di aderire alla diversa e prevalente tesi che non richiede alcuna specifica motivazione sull’interesse pubblico indipendentemente dal passaggio del tempo dall’abuso o dal suo accertamento e il provvedimento sanzionatorio. La giurisprudenza si è, infatti, più volte espressa, anche in tempi recenti (Cons. Stato, Sez. VI, 21 /10/ 2013, n. 5088; id., Sez. VI, 4 /10/ 2013, n. 4907), nel senso che il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato Sez. VI, 28 /01/ 2013, n. 496; id., Sez. IV, 16 /04/ 2012, n. 2185; id. Sez. IV, 28 /12/ 2012, n. 6702, id., Sez. VI, 27 /03/ 2012, n. 1813; id., Sez. IV, 27 /10/ 2011, n. 5758; id., Sez. IV, 20 /07/ 2011, n. 4403; id., Sez. V, 27 /04/ 2011, dalla n. 2497 alla n. 2527; id., Sez. V, 11 /01/ 2011, n. 79; id., Sez. V, 9 /02/ 2010, n. 628; T.A.R. Milano Sez. II, 8 /09/ 2011, n. 2183; T.A.R. Lazio Sez. I quater, 23 /06/ 2011, n. 5582; T.A.R. Napoli Sez. III, 16 /06/ 2011, n. 3211; id., Sez. VIII, 9 /06/ 2011, n. 3029) e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato, VI, 31 maggio 2013, n. 3010; id., VI, 11 maggio 2011, n. 2781).

In particolare, nel caso di abusi edilizi vi è un soggetto che pone in essere un comportamento contrastante con le prescrizioni dell’ordinamento, che confida nell’omissione dei controlli o comunque nella persistente inerzia dell’amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza. In queste ipotesi il fattore tempo non agisce in sinergia con l’apparente legittimità dell’azione amministrativa favorevole, a tutela di un’aspettativa conforme alle statuizioni amministrative pregresse (Cons. Stato, Sez. VI, 21 /10/ 2013, n. 5088; id.,, Sez. VI, 4 /10/ 2013, n. 4907; id., IV, 4 maggio 2012, n. 2592).

Al riguardo, il Collegio rileva come di affidamento meritevole di tutela si possa parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente ed in senso compiuto reso nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato non già nel caso, come quello di specie, in cui si commetta un illecito a tutta insaputa della stessa (Cons. Stato, Sez. IV, 15 /09/ 2009, n. 5509).

Inoltre, l’abuso edilizio rappresenta un illecito permanente integrato dalla violazione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare in conformità a diritto lo stato dei luoghi, di talché ogni provvedimento repressivo dell’Amministrazione non è emanato a distanza di tempo da un illecito ormai esaurito, bensì interviene su una situazione antigiuridica che perdura sino a quel momento (T.A.R. Brescia, Sez. I, 22 /02/ 2010, n. 860).

Si rileva infine che, da un lato, consentire la possibilità di non sanzionare gli abusi edilizi per effetto del mero decorso di un notevole lasso di tempo, non determinato con precisione, significherebbe introdurre nel sistema un pericoloso elemento di indeterminatezza, perché la repressione di un dato abuso nel caso concreto sarebbe rimessa all’apprezzamento del singolo funzionario, oltretutto pressoché impossibile da sindacare nella presente sede giurisdizionale, con intuibile possibilità di strumentalizzazioni (T.A.R. Napoli, Sez. IV, 22 maggio 2013, n. 2679).

Dall’altro, a fronte dalla serie di condoni edilizi concessi negli ultimi decenni, ammettere la sostanziale estinzione di un abuso per il mero decorso del tempo significherebbe costruire una sorta di sanatoria di fatto che opererebbe anche quando l’interessato non abbia ritenuto di avvalersi del corrispondente istituto previsto dalla citata normativa premiale, e quindi senza nemmeno la necessità di versare le oblazioni da essa previste.”

 avv. Marta Bassanese

TAR Napoli 5033_del 2014

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