Il vincolo assoluto di inedificabilità sopravvenuto all’edificazione rende l’opera condonabile solo col parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela
Segnaliamo sulla questione la sentenza del TAR Veneto n. 769 del 2014: "Il ricorso principale è fondato in relazione al prospettato difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati. Infatti, sia il parere negativo espresso dalla Soprintendenza, sia il successivo diniego del Comune, si basano sulla semplice constatazione per cui le opere oggetto di domanda di sanatoria sarebbero in contrasto con la prescrizione d’ inedificabilità assoluta recata dal D.M. 29 maggio 1990, che aveva apposto sull’area interessata dai lavori un vincolo di tutela indiretta ai sensi della L. n. 1089/1939; vincolo sopravvenuto rispetto all’epoca di realizzazione delle opere ed alla conseguente domanda di sanatoria. Occorre premettere che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza sul punto, anche in caso di vincolo successivo alla realizzazione dell'opera, è comunque necessario il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo, in quanto la compatibilità dell'opera con il contesto ambientale deve essere valutata con riferimento al momento in cui deve essere esaminata la domanda di sanatoria (Cons. Stato Sez. V 22/12/94 n. 1574; Cons. Stato A.P. 22/7/99 n. 20; Cons. Stato Sez. VI 22/8/03 n. 4765; ecc.). La giurisprudenza ha, peraltro, precisato che, nel caso di vincolo assoluto di inedificabilità, lo stesso non può considerarsi del tutto inesistente per il solo fatto che sia sopravvenuto all'edificazione (e ritenere quindi che l'abuso sia sanabile solo perché l'art. 33 comma 1 della L. n. 47 del 1985 si riferisce ai vincoli di inedificabilità assoluta imposti prima dell'esecuzione delle opere), in questi casi deve essere applicato lo stesso regime indicato nella previsione generale di cui all'art. 32 comma 1 della L. n. 47 del 1985, che subordina il rilascio della concessione in sanatoria per opere sottoposte a vincolo, al parere favorevole dell'autorità preposta alla sua tutela (cfr. Cons. Stato A.P. n. 20/99). In pratica, il vincolo da assoluto diviene relativo, ed è necessario il rilascio del parere di conformità (cfr. da ultimo T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 25-02-2014, n. 2207). Occorre però rilevare che, secondo la giurisprudenza, nel compiere il giudizio di compatibilità, l'amministrazione non può non tener conto delle prescrizioni recate dal vincolo stesso, così come accade nel caso di vincolo relativo sopravvenuto (Cons. Stato Sez. V 7/10/03 n. 5918), con l'effetto, quindi, di poter ritenere non sanabile il manufatto quando contrasti con le prescrizioni recate dal provvedimento di vincolo. Ne consegue, quanto alla motivazione del provvedimento della Soprintendenza in ipotesi di vincolo successivo, che il parere negativo al rilascio della sanatoria non può ritenersi atto vincolato, da adottarsi in via automatica solo per effetto dell'esistenza del vincolo di inedificabilità, dovendo la Soprintendenza svolgere i necessari accertamenti in concreto per valutare la compatibilità del manufatto con il provvedimento di vincolo. In altre parole, in caso di vincolo sopravvenuto, l'accertamento della Soprintendenza deve essere concreto ed approfondito e nella motivazione dell'atto devono essere puntualmente indicate le ragioni per le quali la conservazione dell'intervento (conseguente al rilascio della sanatoria) sia incompatibile con i valori tutelati. Nel caso di specie, alla luce dei principi che precedono, la motivazione addotta nel parere richiamato nel provvedimento di diniego di sanatoria è palesemente generica, atteso che si limita a dedurre il contrasto delle opere con la prescrizione d’inedificabilità assoluta indicata nel D.M. 29-5-1990, senza tuttavia indicare in modo puntuale i profili concreti sulla base dei quali è stata ritenuta l'incompatibilità del manufatto abusivo con il contesto vincolato".
Dario Meneguzzo - avvocato
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