La tipologia 1 di abuso del condono edilizio può comprendere anche i casi di ristrutturazione purché non conformi agli strumenti urbanistici
E' stata presentata una domanda di condono edilizio per abusi consistenti nella realizzazione di un solaio interno intermedio nel volume preesistente, utilizzato per attività di laboratorio artigianale con permanenza di persone, ed è sorta una contestazione relativa all'inquadramento dell'abuso nella tipologia 1 o in quella 3. Il TAR Lombardia di Milano lo inquadra nella tipologia 1, precisando che la tipologia 1 di abuso del condono edilizio non coincide con la nozione legislativa di “nuova costruzione” di cui all’art. 3 succitato; infatti l’utilizzo, nell’allegato 1 al DL 269/2003, della generica locuzione “opera” non è casuale e comporta che negli abusi di cui alla tipologia 1 sono comprese anche le attività di ristrutturazione, purché non conformi alle norme urbanistiche e alla prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Si legge nella sentenza n. 2655 del 2014: "1.1 Nel primo motivo del ricorso principale, la società si duole della circostanza che il Comune, ai fini della determinazione del contributo concessorio, abbia qualificato l’opera come abuso di tipologia 1, ai sensi dell’allegato 1 al DL 269/2003, anziché come abuso di tipologia 3.
La legislazione sul terzo condono, infatti, individua sei differenti tipologie di abuso ai fini della sanatoria: la tipologia 1 riguarda le “Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”; mentre la tipologia 3 comprende le opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’art. 3 del DPR 380/2001, ovviamente realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo.
L’opera di cui è causa consiste in un solaio con permanenza di persone di circa 280 metri quadrati (cfr. il doc. 1 della ricorrente), destinato ad attività produttiva e, secondo l’esponente, dovrebbe essere correttamente qualificata come ristrutturazione edilizia, quindi quale abuso di tipologia 3.
La suindicata doglianza deve respingersi, seppure con le precisazioni che seguono.
Come già messo in luce dalla giurisprudenza di questa Sezione II, le differenti tipologie di abusi suscettibili di sanatoria di cui all’allegato 1 del DL 269/2003 non vanno confuse né sono perfettamente sovrapponibili con la classificazione degli interventi edilizi di cui all’art. 3 del DPR 380/2001 (Testo Unico dell’edilizia).
In particolare, la tipologia 1 di abuso non coincide con la nozione legislativa di “nuova costruzione” di cui all’art. 3 succitato; infatti l’utilizzo, nell’allegato 1 al DL 269/2003, della generica locuzione “opera” non è casuale e comporta che negli abusi di cui alla tipologia 1 sono comprese anche le attività di ristrutturazione, purché non conformi alle norme urbanistiche e alla prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Sul punto, sia consentito il rinvio alla sentenza della Sezione II di questo TAR n. 1297 del 17.5.2013, nella quale la Sezione ha chiaramente indicato che la tipologia 1 di abuso può comprendere anche i casi di ristrutturazione, purché non conformi agli strumenti urbanistici.
Del resto, nell’ordinanza cautelare resa nel presente giudizio (n. 1292/2013), il Collegio aveva evidenziato che il profilo dirimente per ascrivere l’abuso nella tipologia 1 era quello della non conformità alle norme urbanistiche, fermo restando che l’istanza di sospensiva era stata accolta in quanto il Comune non aveva sino ad allora dato prova della citata non conformità. In vista dell’udienza pubblica, la parte resistente ha prodotto ulteriore documentazione in data 10.4.2014, dalla quale risulta che l’intervento di cui è causa non è in ogni modo conforme alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti all’epoca della realizzazione.
Contro uno dei succitati documenti del Comune – in particolare contro la relazione del 9.1.2014, doc. 12 del resistente – sono stati proposti motivi aggiunti, che saranno in seguito esaminati in dettaglio, ma per i quali può già preannunciarsi una declaratoria di complessiva infondatezza.
Ad ogni buon conto, l’esame della documentazione dell’Amministrazione sopra indicata porta alla conclusione che l’area in cui si trova l’immobile di via Novi 5/7 era collocata, in base al Piano Regolatore Generale (PRG), in Zona di Recupero B2, nella quale erano ammessi soltanto interventi di manutenzione straordinaria e di restauro e risanamento conservativo (cfr. i documenti dal n. 11 al n. 13 del resistente).
Ciò premesso, anche a voler considerare la realizzazione di un soppalco di 280 metri quadrati con permanenza di persone quale “ristrutturazione” – secondo la definizione dell’art. 3, comma 1°, lettera d), del DPR 380/2001 – è parimenti innegabile che un simile intervento sia stato compiuto senza titolo abilitativo e in difformità dalle norme urbanistiche e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, con sua conseguente riconduzione alla tipologia 1 degli abusi di cui al DL 269/2003".
Dario Meneguzzo - avvocato
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