La chiusura di un terrazzo con una veranda può costituire una pertinenza
La sentenza del Consiglio di Stato n. 1953 del 2014 conferma la sentenza del TAR Umbria n. 611 del 2002.
La ricorrente ha realizzato sul terrazzo di un appartamento di sua proprietà una veranda costituita da pannelli di vetro e plastica. Al termine di una complessa vicenda procedimentale è stata intimata la demolizione del manufatto (18 gennaio 2001) e, successivamente, denegata la concessione edilizia in sanatoria (30 maggio 2001).
L'interessata ho proposto in base alle leggi dell'epoca, sostenendo, in sintesi, che l'opera non costituisce un volume abitabile, ma una semplice pertinenza per cui, essendo soggetta ad autorizzazione e non a concessione, l'infrazione eventualmente commessa dalla ricorrente avrebbe comportato una sanzione pecuniaria e non demolitoria. (Art. 10 L. 28 febbraio 1985 n. 47).
Il TAR ha disposto accertamenti istruttori con ordinanza 7 febbraio 2002 n. 8. Dall'istruttoria è emerso che, effettivamente, le caratteristiche tecniche della veranda non sono tali da renderla abitabile. Essa si connota piuttosto come un ripostiglio, o un balcone protetto dalle intemperie, ma non come un vero e proprio vano. Pertanto, dal punto di vista urbanistico la struttura stessa è definibile come pertinenza, con le inerenti conseguenze sul piano autorizzatorio e sanzionatorio. 3- Infine, il Collegio osserva come, ai fini che qui interessano, non abbia rilevanza il mancato assenso del condominio, diversamente da quanto sostenuto dal Comune e dal condominio stesso, giacché la tutela degli interessi condominiali deve essere articolata nelle competenti Sedi Giudiziarie Ordinarie e non di fronte agli organi della pubblica amministrazione. Ciò è tanto vero che le concessioni edilizie vengono sempre rilasciate, è noto, con salvezza dei diritti dei terzi. Diversamente opinando, la Pubblica Amministrazione verrebbe di fatto ad essere coinvolta in vicende privatistiche che le sono estranee e che sovente vedono le parti fronteggiarsi con ogni sorta di cavilli, funzionali agli obiettivi più disparati. Liti, queste, che possono anche coinvolgere interessi rilevanti e meritevoli di tutela ma in ordine alle quali l’Amministrazione non ha alcuna competenza, essendo suo compito solo quello di verificare la compatibilità delle opere con la disciplina pubblicistica.”. Il TAR ha quindi accolto il ricorso e ha statuito che l'Amministrazione avrebbe dovuto valutare nuovamente l'istanza presentata dalla ricorrente al fine di ottenere l'autorizzazione, provvedendo sulla medesima e compiutamente motivando.
Il Comune ha appellato e il Consiglio di Stato ha respinto l'appello, con le seguenti considerazioni: "Secondo il TAR, nel caso in esame, dal punto di vista urbanistico, la struttura è definibile come pertinenza. Orbene è noto che secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica. Infatti deve trattarsi di un'opera preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato e dotata di un volume minimo. E’ stato anche rilevato che la nozione di pertinenza, rilevante ai fini dell'autorizzazione, deve essere interpretata in modo compatibile con i principi della materia e non si può, quindi, consentire la realizzazione di opere di rilevante consistenza solo perché destinate, dal proprietario, al servizio ed ornamento del bene principale. Inoltre la nozione di pertinenza va definita sia in relazione alla necessità e oggettività del rapporto pertinenziale, sia alla consistenza dell'opera, che non deve essere tale da alterare in modo significativo l'assetto del territorio. Orbene il manufatto in questione è di circa m. 12,41 di lunghezza, m. 1,55 di larghezza interna alla base, m.2,24 di altezza in gronda, m. 2,33 di altezza in corrispondenza del muro del fabbricato esistente. E’ evidente, quindi, che non si tratta di volumi modesti.
si tratta di un manufatto che altera in modo significativo l'assetto del territorio (come si evince anche dalla documentazione fotografica) comportandone una trasformazione fisica permanente. Non c’è dubbio, pertanto, che non si tratta di pertinenza e che l’intervento era assoggettato al regime concessorio".
Dario Meneguzzo - avvocato
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