Un progetto di legge
Segnalo il progetto di legge (n. 1987/24) presentato in commissione ambiente della Camera dei Deputati Mattia (fdi), Cortelazzo (Fi), Zinzi (lega) e Semenzato (noi moderati) sul dm 1444/1968 e obbligo di pianificazione attuativa e sulla definizione di ristrutturazione.
leg.19.pdl.camera.1987.19PDL0102210
Post di Fiorenza Dal Zotto - architetto e funzionario comunale
La sorprendente interpretazione/implementazione della terza norma
Ma un’altra novità di cui poco si è parlato sulla stampa la troviamo al comma 3 dell’articolo 1 che, pur se ricompresa sotto il titolo di “interpretazione autentica”, pare invece essere innovativa (e non di poco conto).
Qui si dichiara che l’interpretazione autentica riguarda la definizione di ristrutturazione edilizia data dal d.l. 21.06.2013 n. 69 (convertito in legge n. 98/2013) ma è al solo fine di estenderne la retroattività interpretativa fino alla data della sua entrata in vigore (22.06.2013 essendo in G.U. n. 144 del 21.06.2013), perché poi il testo “interpretato” è quello ad oggi vigente (post 2022) come si evince dalla citazione delle esenzioni di cui al “sesto” periodo della lettera d). (Se così non fosse non tornerebbe la numerazione dei periodi).
Anche per questa norma (articolo 3, lett. d) del DPR 380/01) si afferma che la “si interpreta nel senso che ” siano ricompresi nella “ … ristrutturazione edilizia gli interventi ….. che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari ….”.
Ma questo non è il testo della ristrutturazione nella vigente formulazione perché le caratteristiche FUNZIONALI non vi sono contemplate! (v. 3° periodo). Sono un’aggiunta del Disegno di legge.
Per dare l’interpretazione autentica non si può riscrivere la norma bisogna attenersi al testo letterale originario ! Questo è un modo anomalo (molto anomalo) di dare un’interpretazione autentica.
In dettaglio possiamo dire che:
può essere coerente (e anche condivisibile) interpretare che nella prescrizione di dover rispettare il vincolo della “stessa volumetria” nella ricostruzione previa demolizione (come sinteticamente recitava il 3° periodo dell’articolo 3, lett. d) del d.l. n. 69/2013) fosse già inteso essere ricompresi anche “diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche”, per cui si giustifica la retroattività alla data del d.l. n. 69/2013
assolutamente arbitraria è invece l’aggiunta della diversa funzione.
Si tratta di un’integrazione della definizione di ristrutturazione edilizia che ascriveremo all’ennesima modifica dell’articolo 3 lett. d) del DPR 380/01 che, come tale potrà avere vigore dell’entrata in vigore della nuova legge, ma non può essere fatta risalire retroattivamente al 2013.
Certo è che questa interpretazione non è autentica.
Molto più di un’interpretazione autentica: una riscrittura concettualmente incoerente
Ma c’è un’altra questione sostanziale ben più rilevante.
Cosa significa “funzionale”?
Se per funzionale si intende la destinazione d’uso (e mi pare che non possa che essere così) l’innovazione appare sconcertante e confliggente con la logica che sorregge la definizione di ristrutturazione che è motivata dalla preesistenza non solo di un “involucro edilizio” ma anche del suo contenuto (ovvero la destinazione d’uso) per poterne proporre la ricostruzione.
Perché entrambi che incidono sulla “trasformazione del territorio” ex articolo 1 della legge n. 10/77 che sorregge il concetto di ristrutturazione.
Passare da una categoria funzionale ad un’altra è operazione “urbanisticamente rilevante” a norma dell’articolo 23-ter del DPR 380/01 non prevista nell’attuale concetto della ristrutturazione edilizia.
“Salva Milano”, sfascia il Paese. Sulla leggina ad urbem che affossa ciò che resta dell’urbanistica.
Quel che si sta compiendo è un doppio disastro nazionale. Per “salvare Milano”, il Parlamento sta decidendo che in tutte le città italiane si potranno costruire torri, condomini, grattacieli semplicemente chiedendo la più semplice delle autorizzazioni edilizie, senza un piano attuativo, senza adeguare i servizi, saltando a piè pari qualsiasi pianificazione urbanistica. E per di più la decisione parlamentare avrà pure valore retroattivo. Fatico a non mettere questa roba dentro il faldone dei “condoni”.
Il secondo disastro è culturale. Questo “Salva Milano” come volete che venga letto e capito dalle persone? Come un provvedimento per salvare il Pianeta? La miglior mossa per la transizione ecologica? Una legge per adeguare le città alla crisi climatica? Il primo di una serie di provvedimenti per avere città resilienti? Non credo proprio. Verrà visto come l’ennesimo abuso di potere politico all’italiana, dove i provvedimenti urbanistici in odor di condono e cemento che si approvano sono la normalità. Dove il cemento vince sul verde. Altro che “Salva Milano”, qui siamo in pieno “Sfascia tutto”. Benvenuti nello Sfasciocene.
Vanno addirittura anche a dire cosa si intendeva per ristrutturazione edilizia art. 3 c. 1 let.d) del dpr 380/2001, fin dal 2013, legge 98/2013(decreto del fare) – in pratica il mio volume all’interno del lotto lo sposto dove voglio.
E’ in dirittura di arrivo l’interpretazione autentica dell’art.41quinquies, sesto comma, della legge fondamentale, cambiata con la legge ponte, per cui a distanza di 82anni, si dice: cari Giudici, vi spieghiamo noi come andava interpretata la norma. In pratica sistemano Milano
Si capisce da dove nasce il caso salva milano
Trovandoci, nella fattispecie, nel territorio della Regione Lombardia, veniva in rilievo l’art. 103, co. 1-bis, L.R. 12/2005 in base al quale “Ai fini dell’adeguamento, (…), degli strumenti urbanistici vigenti, non si applicano le disposizioni del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (…)”.
In particolare, ed in sintesi, il meccanismo normativo operante in Lombardia sul punto vede, da un lato tale norma di “disapplicazione” del D.M. 1444/68 e, dall’altro, la fissazione di uno standard minimo per le aree residenziali, con rinvio, per le altre destinazioni, alla pianificazione comunale.
Il caso nasceva dal fatto che Il Consiglio di Stato, con l’ordinanza collegiale 17.03.2022, n. 1949, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2-bis del D.P.R. 380/01 (t.u. edilizia), nella parte in cui consente alle Regioni di derogare gli standard urbanistici di cui al D.M. 1444/68.
Nello scrutinare la complessa vicenda il Consiglio di Stato ha evidenziato la possibile illegittimità costituzionale dell’art. 2-bis il quale – ad attento ed approfondito esame – finisce per conferire alle Regioni (come nel caso dell’art. 103, co. 1-bis L.R. Lombardia 12/2005) una sorta di “delega in bianco”.
Così riassunta e “semplificata” la questione, vi sono talune perplessità ed osservazioni da esprimere. Le perplessità maggiori riguardano, in primo luogo, la circostanza che l’impugnativa sia stata direzionata dal giudice a quo avverso la norma statale, l’art. 2-bis del D.P.R. 380/01, anziché avverso la norma regionale, l’art. 103, co. 1-bis L.R. Lombardia 12/2005, che ha recepito tale disciplina statale.
post del 24 marzo 2022-
Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2-bis T.U. edilizia (nonché di una legge regionale della Lombardia), laddove interpretato nel senso di autorizzare le Regioni ad emanare una legislazione derogatoria rispetto al d.m. 1444/1968 in materia di dotazione delle aree a standard fino a poter arrivare ad annullarne la previsione.
«bisogna avere poco amore per la città per pensare che si possa sostituire un garage con un grattacielo senza pensare agli impatti sul contesto. Milano paradossalmente dovrebbe essere alleggerita, desaturata, avere più spazi vuoti e verdi, per reggere meglio l’urto dei cambiamenti climatici: isole di calore, inquinamento, rischio idraulico».
“Disposizioni urgenti in tema di piani particolareggiati o di lottizzazione convenzionata e ristrutturazione edilizia connessi ad interventi di rigenerazione urbana”, è l’oggetto della proposta di legge. Due sono le indicazioni fondamentali che arriveranno dal Salva-Milano.
La prima riguarda il futuro. La legge rimanda a un tempo di sei mesi dall’approvazione della norma per riscrivere la disciplina dell’urbanistica, riordinando tutto il complesso di regole che si sono susseguite negli anni. «In previsione di un riordino della disciplina di settore, entro sei mesi dall’approvazione, il governo, le Regioni, le Province, i Comuni e le Comunità montane gestiscono le loro responsabilità per determinare quando è necessario ottenere l’approvazione preliminare di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata e degli interventi di ristrutturazione edilizia», si legge nel testo.
L’altro nodo riguarda, invece, il passato e dunque anche i grattacieli sotto inchiesta e i cantieri già avviati, che la legge punta a considerare «conformi» alla normativa: «Gli interventi realizzati fino alla data di entrata in vigore della disciplina di riordino fatti salvi quelli per i quali sia stata disposta la demolizione, sono considerati conformi alla disciplina urbanistica». Non si tratterebbe però di una sanatoria a prescindere. Andrà, infatti, verificato che gli interventi rispettino determinate regole, come quella di aver costruito in zone già urbanizzate.
Caso Milano:
«La ristrutturazione edilizia lascia mano libera al costruttore. Ha un abbattimento degli oneri di urbanizzazione, può demolire e ricostruire con diversa sagoma, ha un incremento di volumetrie. La ristrutturazione urbanistica, invece, riguarda quei progetti a scala di isolato e che modificano molto l’assetto precedente e richiedono valutazione degli impatti, standard e piano particolareggiato. La legislazione a riguardo è spesso ambigua e un tecnico comunale fatica a stabilire un confine tra le due cose. Se andiamo in punta di giurisprudenza, potremmo anche arrivare a dire, come sostengono alcuni, che si poteva fare. Ma il punto è che non si doveva fare. La differenza è tutta qui».
Audizione dell’Ance presso la Commissione Ambiente della Camera (iniziata il 10 settembre) sulla proposta di legge “Disposizioni in materia di piani particolareggiati o di lottizzazione convenzionata e di interventi di ristrutturazione edilizia connessi a interventi di rigenerazione urbana” (DDL 1987/C):
Ci sono comunque dei miglioramenti che potrebbero essere apportati quali:
-riformulare il comma 6 dell’art. 1, volto a salvaguardare il regime amministrativo degli interventi di ristrutturazione edilizia (Scia e Scia alternativa al Permesso di costruire);
-rivedere i casi da qualificare come ristrutturazione edilizia in rapporto alla sola demolizione e ricostruzione (unica tipologia di intervento oggetto nuovamente di interpretazioni divergenti) e non tutta la disciplina della categoria di ristrutturazione edilizia (commi 1 e 4);
-tutelare tra gli interventi non preceduti dall’approvazione di un piano attuativo anche tutti quegli interventi che rispondono alle previsioni dei piani urbanistici comunali o comunque sono conformi a convenzioni urbanistiche o atti d’obbligo con i quali sono stati definiti i relativi adempimenti a carico dell’operatore (comma 3);
-ampliare l’ambito di intervento salvaguardando non solo gli interventi realizzati o assentiti ma anche tutte quelle situazioni per le quali il procedimento amministrativo risulti avviato e in una fase avanzata di istruttoria (commi 2 e 4).
Rigenerare non può significare solo trasformare una vecchia fabbrica in un grattacielo, ma anche restituire nuova vita e qualità urbana a un contesto che l’ha persa. Nella versione milanese, purtroppo, assistiamo a una semplificazione frequente: rigenerazione vuol dire densificare e costruire in altezza, mentre servizi, verde, spazi pubblici, commercio vengono ridotti al minimo. Lo sviluppo in verticale rende di più dal punto di vista del mercato abitativo, meno da quello sociale. Che lo scelga l’imprenditore mi sta bene, che lo avalli la politica e la cultura urbanistica è più grave».
E mentre piano piano molti soggetti interessati iniziano a rendersi conto che possono condonare poco o nulla, o sanare qualcosina con il “salva casa”, si profila all’orizzonte il possibile paradosso dei paradossi: il provvedimento “Salva Milano“.
Se fino a poco tempo fa era solo un idea, è importante sottolineare che è stato davvero depositato alla Camera il relativo Disegno di Legge n. 1987, e che lascia stupefatti, infatti sembrerebbe una norma con rilevanti effetti condonatori su scala urbanistica.
Si dovrà spiegare che molto probabilmente la veranda sul balcone al quarto piano non ha possibilità di essere regolarizzata, però se avesse costruito un grattacielo alle medesime condizioni di (presunte) irregolarità delle inchieste milanesi, si profila una possibile soluzione rapida e accattivante.
Sarebbe la strada giusta per far incavolare gli italiani per evidente disparità di trattamento (condonatorio).
Norma con rilevante effetti condonatori su scala urbanistica
Ecco il salva Milano
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