Come influisce il preavviso di ricorso sulle impugnazioni in materia di appalti (male, ovviamente)
Segnaliamo la sentenza del TAR Veneto n. 1278 del 2012, riguardante il preavviso di ricorso in materia di appalti, istituto che, visto quello che dice il TAR, sarebbe molto meglio abolire.
Scrive il TAR: "Consta dagli atti di causa che la parte ricorrente, in data 23 dicembre 2011, pervenuta alla parte resistente in data 27 dicembre 2011, ha manifestato l'intenzione – invero inizialmente solo la capo gruppo della costituita ATI - di proporre ricorso avverso l’aggiudicazione... In primo luogo deve osservarsi che l’attivazione della indicata procedura deflattiva non costituisce un requisito di procedibilità del ricorso.
Invero essa impedisce, anche per la parte ricorrente, unicamente l’adozione delle conseguenze negative di cui al 5° comma dell’art. 243 bis citato.
Ad ogni modo, però, una volta attivata tale procedura, il ricorrente è obbligato a contestare le negative determinazioni, espresse o tacite, al riguardo assunte dalla stazione appaltante, nel termine decadenziale di trenta giorni...Ciò detto, recita il 4° comma dell'articolo citato : “ La stazione appaltante. Entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, comunica le proprie determinazioni in ordine ai motivi indicati dall'interessato, stabilendo se intervenire o meno in autotutela. L'inerzia equivale a diniego di autotutela”.
Or bene, ritiene il Collegio, che l'incombente imposto alla stazione appaltante dopo l’istanza del ricorrente per la definizione della controversia, comporta la necessità, per quest’ultima, di formulare le proprie determinazioni nel termine perentorio indicato ( quindici giorni) proprio perchè tale fase procedimentale ha la precipua ed esclusiva funzione deflattiva del preannunciato conflitto e, pertanto, deve essere svolta e definita nei tempi rapidi imposti dal rito accelerato di cui al D.Lgs citato.
Consentire alla stazione appaltante di estendere, oltre i tempi normativamente previsti, l'utilizzazione di tale strumento, significherebbe snaturarne la funzione e le precipue finalità dell’istituto.
Non solo. Proprio per determinare tempi certi ed obiettivi della peculiare sub procedimento, il legislatore ha previsto che tale determinazione sia comunicata agli istanti.
Ciò significa che trascorsi i quindici giorni previsti dalla norma senza che la comunicazione sia pervenuta al richiedente l'autotutela, la stazione appaltante perde il diritto di manifestare ed assumere le determinazioni deflattive dell’instaurando conflitto, incorrendo, come detto, nelle conseguenze di cui al comma 5° dell'articolo citato. Ogni eventuale e successivo intervento sull’aggiudicazione dovrà conformarsi, pertanto, esclusivamente ai canoni formali di cui all’art. 21 quinques, 21 sexies, 21 nonies della L.241/91.
Pertanto, proprio per tali finalità di rapida definizione della controversia, il legislatore ha equiparato l'inerzia della stazione appaltante al diniego di autotutela.
Ne consegue che ogni ulteriore e tardiva espressione della stazione appaltante circa la fondatezza o meno della richiesta di autotutela è, nel contesto procedimentale già avviato dalla preannunciata intenzione di proporre ricorso avverso l'assegnazione del lavoro o del servizio, tanquam non essent.
E’, inoltre, irrilevante che la determinazione negativa assunta dalla stazione appaltante sia stata pubblicata negli organi ufficiali della stessa, perché è necessario che il provvedimento, nei termini perentori indicati dalla legge, deve essere comunicato all'interessato.
Di contro è obbligo del ricorrente quello di impugnare, contestualmente al ricorso principale, ovvero con motivi aggiunti, anche la tacita manifestazione di volontà nel consueto termini di trenta giorni che decorrono dalla comunicazione della determinazione, ovvero dallo spirare dei quindici giorni previsti dal comma 4 dell'art. 243 bis D.Lgs 163/2006".
Se il preavviso di ricorso aveva funzione deflattiva e alla fine comporta che, invece di un ricorso, bisogna farne due (pagando anche due volte il contributo unificato di 4000 euro), bisogna pregare Dio che il legislatore non si sogni più di introdurre istituti deflattivi.
Dario Meneguzzo
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