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Si può usare la legge Veneto 2050 (l.r. 14 del 2019) se si è già usato (in parte) il vecchio piano casa?

04 Mag 2021
4 Maggio 2021

L'articolo 3, comma 4, lettera h) della legge regionale del Veneto 4 aprile 2019, n. 14 ("Veneto 2050") stabilisce quanto segue.

"4.   Gli interventi di cui al comma 1 non trovano applicazione per gli edifici:

h)   che abbiano già usufruito delle premialità di cui alla legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 “Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 in materia di barriere architettoniche” e successive modifiche ed integrazioni, salvo che per la parte consentita e non realizzata ai sensi della predetta legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 e comunque nel rispetto di quanto previsto dalla presente legge".

La circolare regionale n. 1 del 19 aprile 2021 su questa disposizione scrive quanto segue (e non chiarisce niente):

"Lettera h) - esclude dall’applicazione degli articoli 6 e 7 gli edifici che abbiano già usufruito delle premialità di cui alla legge regionale n. 14/2009, salvo che per la parte consentita e non realizzata ai sensi della predetta legge regionale n. 14/2009 e comunque nel rispetto di quanto previsto dalla legge in rassegna. In sintesi, gli edifici che, in vigenza del c.d. Piano Casa abbiano già usufruito per intero del massimo dei benefici volumetrici o di superficie allora concessi, non possono fruire di ulteriori benefici derivanti da “Veneto 2050” mentre, per converso, ove abbiano utilizzato solo in parte i bonus volumetrici o di superficie consentiti dall’allora Piano Casa, potranno avvalersi delle previsioni di “Veneto 2050”.

Sono sorti dubbi su cosa voglia dire questa disposizione ed esaminiamo 3 ipotesi.

  1. Supponiamo che un soggetto abbia usato il vecchio piano casa (l.r. 14 del 2009)  solo in parte e adesso non voglia usare quello che gli resta del vecchio piano casa, ma usare Veneto 2050. Può farlo? Da un punto di vista letterale la legge impedisce di usare Veneto 2050 solo a chi ha già sfruttato tutti benefici del vecchio piano casa. Allora egli può passare direttamente a usare tutti i benefici di Veneto 2050 per intero? oppure deve scomputare quello che ha realizzato col vecchio piano casa da quello che oggi può fare con Veneto 2050? Oppure ancora, visto che è partito col vecchio piano casa, deve calcolare quanto gli restava col vecchio piano casa e vedere se questo può ancora essere realizzato con Veneto 2050 e può farlo solo se è ancora possibile con Veneto 2050 (vale a dire usare per il calcolo del volume la legge più restrittiva)? 
  2. Se il soggetto del punto 1 vuole usare solo Veneto 2050, l'edificio di partenza su cui calcolare gli ampliamenti è quello originario, prima dell'intervento col primo piano casa, oppure quello che risulta dopo l'ampliamento col primo piano casa?
  3. L'articolo 3, comma 4, lettera h) della legge regionale del Veneto 4 aprile 2019, n. 14 potrebbe essere interpretato in un senso del tutto diverso, vale a dire che chi è partito col vecchio piano casa ha solo la possibilità  di arrivare in ogni caso fino all'ampliamento  massimo calcolato col vecchio piano casa, senza tenere in alcun conto la misura degli ampliamenti calcolati con Veneto 2050 e che il riferimento  a Veneto 2050 vale per le disposizioni diverse  dal calcolo dei volumi? In altre parole, può arrivare a realizzare tutto quello che poteva fare col vecchio piano casa (e che ha realizzato solo in parte), ma, per esempio, non può derogare alla distanza dai confini e non può realizzare l'edificio staccato fino a 200 m, perchè Veneto 2050 non lo consente più?

Chi ha qualche idea? 

Post di Dario Meneguzzo - avvocato

Lavori pubblici e costruzioni in zone sismiche

30 Apr 2021
30 Aprile 2021

Sul Bur n. 58 del 30 aprile 2021 è stata pubblicata la legge regionale n. 7 del 28 aprile 2021, recante "Modifica dell'articolo 66 della legge regionale 7 novembre 2003, n. 27 "Disposizioni generali in materia di lavori pubblici di interesse regionale e per le costruzioni in zone classificate sismiche"

Legge regionale del Veneto n. 7 del 2021

Post di Daniele Iselle - funzionario comunale

Il progetto di aggiornamento del Piano di gestione del rischio alluvioni 2021-2027 non produce misure di salvaguardia

22 Apr 2021
22 Aprile 2021

L'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali Sede di Venezia ha emesso un comunicato nel quale chiarisce la questione.

Si legge nel comunicato: 

"A seguito di alcune richieste pervenute si specifica quanto segue.

La Conferenza Istituzionale Permanente dell’Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ha adottato con delibera n. 2 di data 29 dicembre 2020 (G.U. n. 84 di data 8 aprile 2021) il progetto di aggiornamento del Piano di gestione del rischio alluvioni ai sensi degli articoli 65 e 66 del D.lgs n. 152/2006.

Tale progetto è attualmente sottoposto a una fase di consultazione pubblica, della durata di sei mesi, funzionale a garantire la partecipazione attiva delle parti interessate.

Solo per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della delibera di adozione del Piano – venuta cioè meno la sua veste progettuale – entreranno in vigore le norme di attuazione di cui all’allegato V con contestuale cessazione di efficacia, per la parte idraulica, dei Piani per l’Assetto Idrogeologico attualmente presenti nel distretto idrografico delle Alpi Orientali, nonché delle vigenti misure di salvaguardia assunte con delibera n. 8 di data 20 dicembre 2019 (G.U. n. 78 del 24 marzo 2020).

Fino a quel momento continuano ad esprimere efficacia le conoscenze, le disposizioni e le mappature dei Piani per l’Assetto Idrogeologico, nonché le misure di salvaguardia assunte con delibera della Conferenza Istituzionale Permanente n. 8 di data 20 dicembre 2019 (G.U. n. 78 del 24 marzo 2020)".

AVVISO-EFFICACIA-DEL-PIANO-DI-GESTIONE-DEL-RISCHIO-ALLUVIONI_21_4_2021

Post di Daniele Iselle - funzionario comunale

La legge regionale Veneto n. 50/2019 è incostituzionale

21 Apr 2021
21 Aprile 2021

Pubblichiamo la sentenza della C. Cost. n. 77 del 21.04.2021, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della l.r. Veneto n. 50/2019 per incompetenza della Regione, ex art. 117, c. 3 Cost.

pronuncia_77_2021

Circolare sulla l.r. Veneto 14/2019 “Veneto 2050”

20 Apr 2021
20 Aprile 2021

Pubblichiamo la Circolare n. 1 del 19.04.2021 "Legge regionale 4 aprile 2019, n. 14 "Veneto 2050: politiche per la riqualificazione urbana e la rinaturalizzazione del territorio e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 "Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio". Disposizioni di indirizzo e applicative ai sensi dell'articolo 17, comma 8" pubblicata sul BUR Veneto n. 52 del 20.04.2021.

http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioCircolare.aspx?id=446094

Declaratoria di incostituzionalità della legge: effetti sui provvedimenti amministrativi emanati

20 Apr 2021
20 Aprile 2021

Questa sentenza risponde in modo chiaro alla domanda di quelli che ci chiedono cosa succederà se per caso la Corte Costituzionale dichiarasse costituzionalmente illegittima la legge regionale del Veneto n. 50 del 2019, il c.d. minicondono regionale. 

Il TAR Catania ha spiegato che:

- la declaratoria di incostituzionalità di una legge impedisce che questa possa essere applicata ai rapporti pendenti, anche se sorti in precedenza;

- qualora sia già stato emanato un atto amministrativo sulla base della legge incostituzionale, esso non viene automaticamente caducato, bensì è affetto da illegittimità sopravvenuta, che dovrà essere dichiarata dal G.A., anche d’ufficio, oppure da un provvedimento in autotutela della P.A.;

- gli effetti dell’incostituzionalità non si estendono ai diritti quesiti e ai rapporti ormai esauriti in modo definitivo.

Post di Alberto Antico – dottore in giurisprudenza

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Il Consiglio di Stato si esprime sulle altezze massime previste dal vecchio Piano Casa e sulla loro costituzionalità

02 Apr 2021
2 Aprile 2021

Il Consiglio di Stato ha affrontato la questione relativa alle altezze massime che potrebbero essere assentite ai sensi del cd. “Piano Casa” (l. R.V. n. 14/2009 e ss.mm.ii.), nell’ambito dell’impugnazione di una sentenza del TAR Veneto.

In particolare il G.A. ha confermato la decisione del giudice di primo grado, dichiarando l’applicabilità confinata della disciplina del Piano Casa sulle altezze massime assentibili (art. 9, co. 8-bis), che a detta della giurisprudenza trova come suo limite sia la lettera della norma – che dichiara “sino ad un massimo del 40 per cento dell’altezza dell’edificio esistente” – sia la natura eccezionale della disciplina.

Ciò posto, il Consiglio di Stato si sofferma sulla costituzionalità o meno della normativa de qua, posto che la Corte Costituzionale, a cui aveva rimesso la questione, ne aveva dichiarato l’inammissibilità: e la conclusione cui arriva il giudice di appello rispecchia la sua prima valutazione. Il Giudice conferma infatti la sussistenza di una prevalenza della disciplina dettata dal d.m. n. 1444/1968 in tema (anche) di altezze massime sulla disciplina derogatoria regionale, evidenziando che il superamento dei limiti posti dal decreto costituirebbe, di per sé, violazione di una norma statale inderogabile (in quanto il d.m. è stato adottato su delega dell’art. 41-quinquies l. n. 1150/1942).

Aggiunge il Consiglio di Stato che tale normativa statale non solo prevale sui regolamenti locali, ma sarebbe anche derogabile dal legislatore regionale solamente nei limiti e negli ambiti di quanto concesso dal decreto, limiti che sarebbero stati superati nel caso di specie.

Si segnala, peraltro, che la lettera dell’art. 2-bis, co. 1 T.U. Edilizia sembrerebbe ammettere  una deroga generalizzata alla disciplina del d.m. n. 1444/1968.

Peraltro, il Consiglio di Stato nella medesima sentenza offre anche una lettura aggiornata della disciplina: secondo il G.A., infatti, alla luce del nuovo co. 1-ter dell’art. 2-bis, la norma statale ammetterebbe ora il superamento della preesistente altezza massima del fabbricato, seppur nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti. E l’art. 9, co. 8-bis prevedrebbe un limite massimo a tale possibilità, ovverosia il 40 per cento dell’edificio preesistente: limite confinato però solo alle pratiche presentate ai sensi del Piano Casa.

Post di Alessandra Piola – avvocato

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Il recupero dei sottotetti dopo la sentenza Corte Cost. 54/2021: quale titolo abilitativo necessita?

01 Apr 2021
1 Aprile 2021

L'avv. Domenico Chinello, che sentitamente ringraziamo, ci invia la nota, che volentieri pubblichiamo, sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 54 del 2021, pubblicata ieri, riguardante la legge regionale del Veneto n. 51 del 2019, sul recupero dei sottotetti a fini abitativi

Chinello_Recupero dei sottotetti e titolo necessario

sentenza Corte Costituzionale n. 2 del 2021

sentenza Corte Costituzionale_n. 54_del 2021  

La Corte Costituzionale salva i “sottotetti” veneti, salvo che per il titolo edilizio necessario: talvolta serve la SCIA alternativa (o il permesso) e talvolta quella ordinaria

31 Mar 2021
31 Marzo 2021

Con la sentenza n. 54 del 2021, pubblicata oggi, ha ritenuto conforme alla Costituzione la legge regionale del Veneto n. 51 del 2019 sui sottotetti, tranne nella parte in cui sembra sottoporre gli interventi sempre alla SCIA ordinaria, anzichè alla SCIA alternativa o a quella ordinaria, a seconda di quello che serve in base al DPR 380/2001  (vale a dire se è ristrutturazione o no).

L’Avvocatura generale dello Stato riteneva, in primo luogo, che le disposizioni dell’art. 1, comma 1, e dell’art. 2, comma 1, della legge regionale impugnata, laddove individuano limiti minimi di altezza e di superficie di illuminazione dei locali oggetto di recupero diversi da quelli stabiliti dal decreto ministeriale 5 luglio 1975 (Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 relativamente all’altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali d’abitazione), e dal decreto interministeriale 26 giugno 2015 (Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici, fossero in contrasto con gli artt. 3 e 32 Cost., «in quanto si discostano, senza che emerga una ragionevole giustificazione, dai parametri individuati dallo Stato» in tali decreti, strumentali alla tutela della salubrità e vivibilità degli ambienti.

Sul punto la Corte afferma che: "La disciplina regionale diretta a introdurre specifici requisiti di altezza e aeroilluminazione per la sola porzione dell’unità abitativa costituita dal recupero edilizio dei sottotetti non comporta deroga agli standard uniformi fissati dal d.m. 5 luglio 1975 in attuazione del r.d. n. 1265 del 1934, i quali nulla prescrivono riguardo a una fattispecie così specifica come quella in questione. 

Ciò perché, innanzitutto, i locali oggetto delle norme regionali impugnate costituiscono solo una parte dell’unità abitativa, che deve preesistere e possedere già i prescritti requisiti di abitabilità. Inoltre, tali locali sono caratterizzati normalmente da una peculiare morfologia, tanto che la disciplina impugnata fa riferimento all’altezza media, da calcolarsi escludendo le parti del sottotetto inferiori a una certa soglia. 

D’altra parte, gli interventi di recupero perseguono interessi ambientali certamente apprezzabili, quali la riduzione del consumo di suolo e l’efficientamento energetico.

Evidentemente in considerazione del carattere di lex specialis della disciplina relativa ai requisiti di abitabilità dei sottotetti concernenti altezza e aeroilluminazione, non regolati a livello di legislazione statale, le leggi regionali hanno dettato da tempo proprie discipline (si veda la legge della Regione Lombardia 15  luglio 1996, n. 15, recante «Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti»; nonché la legge della RegioneVeneto 6 aprile 1999, n. 12, recante «Recupero dei sottotetti esistenti a fini abitativi»), le quali prevedono requisiti di altezza e aeroilluminazione a tutela delle medesime esigenze di salubrità e igiene di cui si fa carico la disciplina statale, tenendo conto delle peculiarità strutturali dei locali oggetto di recupero e del loro carattere non autonomo rispetto a unità abitative già esistenti (sentenze n. 208 del 2019, n. 282 e n. 11 del 2016)".

Post di Daniele Iselle - funzionario comunale  

S.54/2021 del 24/02/2021
Udienza Pubblica del 23/02/2021, Presidente CORAGGIO, Redattore VIGANÒ

Norme impugnate: Artt. 1, c. 1°, 2, c. 1°, 2° e 3°, e 3 della legge della Regione Veneto 23/12/2019, n. 51.

Oggetto: Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Veneto - Disposizioni per il recupero dei sottotetti a fini abitativi - Finalità - Condizioni e limiti di applicazione.
Paesaggio - Previsione che il regolamento edilizio comunale determina le tipologie di apertura delle falde e ogni altra condizione per il rispetto degli aspetti paesistici, monumentali e ambientali dell'edificio oggetto di intervento - Clausola di salvezza, con riguardo alla tutela paesaggistica, riferita agli edifici soggetti a tutela ai sensi degli artt. 13 e 17 della legge regionale n. 11 del 2004.
Titolo abitativo e contributo di costruzione - Classificazione degli interventi come ristrutturazione edilizia, soggezione al regime di segnalazione certificata di inizio di attività [SCIA].

Dispositivo: illegittimità costituzionale parziale - non fondatezza - non fondatezza nei sensi di cui in motivazione
Atti decisi: ric. 27/2020

Si legge nella sentenza:
 
"4.3.– Nel merito, la censura è fondata, nei termini di seguito precisati. L’art. 3 impugnato recita: «1. Gli interventi diretti al recupero dei sottotetti sono classificati come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”. 2. Gli interventi previsti dal comma 1 sono soggetti a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e comportano la corresponsione di un contributo commisurato agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria ed al costo di costruzione di cui all’articolo 16 del medesimo decreto, calcolati sulla volumetria resa abitativa secondo le tariffe approvate e vigenti in ciascun comune per le opere di nuova costruzione. 3. I comuni possono deliberare l’applicazione di una maggiorazione, nella misura massima del venti per cento del contributo di costruzione dovuto, da destinare preferibilmente alla realizzazione di interventi di riqualificazione urbana, di arredo urbano e di valorizzazione del patrimonio comunale di edilizia resideniale. 4. Gli interventi di recupero dei sottotetti restano subordinati al reperimento degli spazi per parcheggi pertinenziali in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione soggetta alla ristrutturazione, salvo quanto disposto dal comma 4 dell’articolo 2». Come riconosciuto da entrambe le parti, gli interventi di recupero abitativo dei sottotetti sono da ricondurre a quelli «di ristrutturazione edilizia» di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), t.u. edilizia, i quali sono assoggettati a permesso di costruire (o a SCIA alternativa) se rientrano in una delle tipologie dell’art. 10, comma 1, lettera c), del medesimo testo unico, mentre sono soggetti a semplice SCIA “ordinaria” se non vi rientrano, fatta salva la facoltà per le Regioni di stabilire ulteriori casi da sottoporre a permesso di costruire o a SCIA (art. 10, commi 2 e 3, t.u. edilizia). La disposizione dell’art. 3, comma 2, della legge reg. Veneto n. 51 del 2019, per come formulata, potrebbe facilmente indurre i destinatari del precetto a ritenere sufficiente la SCIA “ordinaria” per tutti gli interventi in questione, compresi quelli assoggettati a permesso di costruire o a SCIA “alternativa” in base al t.u. edilizia. Tale interpretazione condurrebbe a un esito contrastante con un principio fondamentale della materia «governo del territorio» stabilito dal t.u. edilizia. È pertanto necessario dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’inciso, contenuto nel comma 2, «sono soggetti a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e». L’eliminazione di tale inciso comporterà l’applicabilità anche agli interventi disciplinati dalla legge regionale impugnata dell’ordinario regime stabilito dal t.u. edilizia per gli interventi di ristrutturazione. Non è invece necessario dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’intero art. 3, come richiesto dal ricorrente, dal momento che la disciplina residua si limita in sostanza a prevedere che gli interventi in questione comportano la corresponsione del contributo di costruzione, su cui il ricorso governativo non formula alcuna censura. D’altra parte, l’art. 23, comma 01, ultima parte, del t.u. edilizia, una volta stabilito che gli interventi sottoposti a SCIA “alternativa” sono, al pari di quelli sottoposti a permesso di costruire, soggetti al contributo di costruzione, consente alle leggi regionali di individuare ulteriori ipotesi di intervento per cui è richiesto tale contributo. Ne deriva, conclusivamente, che la questione relativa all’art. 3, comma 2, della legge reg. Veneto n. 51 del 2019 è fondata limitatamente alle parole «sono soggetti a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e»."

Progetto di legge regionale n. 20/2020 [testo aggiornato al 4 marzo 2021] – Osservazioni

25 Mar 2021
25 Marzo 2021

Pubblichiamo una nota dell'architetto Fiorenza Dal Zotto, dirigente del Comune di Spinea, contenente osservazioni sul progetto di legge "Veneto cantiere veloce", all'esame del Consiglio Regionale del Veneto

DalZotto Osservazioni Al Pdl 20-2020 25-3-2021 Per Italiaius

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