Anche gli impianti fotovoltaici sono soggetti alla compatibilità ambientale

29 Lug 2014
29 Luglio 2014

Il Consiglio di Stato, sez. IV, nella sentenza del 14 luglio 2014 n. 3645 conferma che anche gli impianti di produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica devono ottenere la compatibilità paesaggistico-ambientale: “Il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n.387 di attuazione della direttiva CEE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili all’art.12 stabilisce espressamente (comma 3) che “la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili … nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi sono soggetti ad un’autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o da altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico- artistico” ed inoltre al successivo comma 4 della predetta legge è altresì contemplato che “l’autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nei principi del rispetto della semplificazione …”.

In attuazione di tali previsioni legislative la chiesta progettazione e realizzazione di impianti per essere autorizzati vanno esaminati e assentiti o meno anche in relazione alla loro compatibilità paesaggistico- ambientale e questo perché, ferma restando la valenza delle iniziative volte alla produzione e utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili è indispensabile contemperare la salvaguardia delle esigenze poste dai valori paesaggistici del territorio su cui detti impianti vanno ad inserirsi, in ossequio peraltro ad un più vasto e moderno concetto di governo del territorio volto ad assicurare una tutela delle aree che tenga presente sia dei valori ambientali e paesaggistici, sia delle esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti sia delle esigenze economico -sociali, unitamente al modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi in considerazione della loro storia, della tradizione e della conformazione morfologica (vedi, per tutte, Cons. Stato Sez. IV 10/5/2012 n. 2710)”.

Per quanto concerne il momento in cui la V.A.S. deve intervenire: “La Valutazione Ambientale Strategica, volta a garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente sì da rendere compatibile l’attività antropica con le condizioni di sviluppo sostenibile va ad integrare le scelte discrezionali tipiche dei piani e dei programmi e l’art.11 del dlgs n.152 del 2006 al comma 3 a proposito della effettuazione i tale procedura così recita: “… la fase di valutazione è effettuata anteriormente all’approvazione del piano o programma … e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso. Essa è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione dei detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione”.

Dalla lettura della norma de qua non si evince affatto che la procedura VAS quale passaggio endoprocedimentale (Cons. Stato Sez. IV 12/1/2011 n.133 ; idem 17/9/2012 n.4926) debba avvenire al momento dell’adozione e neppure prima e d’altra parte appare del tutto ragionevole che la valutazione in questione venga esperita prima del varo finale del Piano (l’approvazione) proprio per far sì che la verifica dell’incidenza delle scelte urbanistiche sugli aspetti di vivibilità ambientale del territorio avvenga nel momento in cui tali scelte stiano per divenire definitive”, mentre con riferimento alla V.I.A. si legge che: “Quanto alle ragioni di cui al suindicato punto b) con cui si invoca una sorta di affidamento alla compatibilità ambientale sulla scorta dei pareri resi in precedenza in senso favorevole al progetto, la circostanza dedotta non vale ad inficiare gli atti di segno diverso,successivamente posti essere atteso che il rapporto giuridico in rilievo poteva e doveva essere definito secondo il criterio del tempus regit actum, con riferimento cioè alle disposizioni sopravvenute durante la gestione della varie fasi del procedimento e sussistenti al momento di conclusione dello stesso (Cons. Stato Sez. IV 22/1/2013 n.359).

Col terzo mezzo d’impugnazione parte appellante imputa in sostanza alla Regione di aver ingiustificatamente “baipassato” il parere favorevole reso dal Comune di Brindisi in sede di VIA, disattendendo così la valenza di detto parere valido anche ai fini paesaggistici.

La doglianza non ha pregio.

Invero, è noto che la verifica ambientale di VIA è procedura che viene esperita a monte della pianificazione e attiene appunto agli aspetti squisitamente ambientali della progettazione e su ciò il Comune di Brindisi si è debitamente pronunciato; altra cosa invece è il recepimento da parte dello stesso Ente in sede di variante al PRG delle previsioni recate dalla Carta Idrogeomorfolica, prescrizioni che incidono precipuamente sugli aspetti paesaggistici dei siti posti nelle vicinanze dei corsi d’acqua.

A parte la differenza ontologica esistente tra l’adempimento procedurale previsto dall’art.26 del dlgs n.152/06 e la natura normativa delle prescrizioni della Carta, gli ambiti di applicazione e le finalità perseguite dalle due fasi procedimentali in rilievo sono del tutto diverse, per cui ben può accadere come peraltro correttamente evidenziato dal TAR procedente che un progetto sia compatibile per alcuni aspetti e sotto altri no e questo al di là dell’obbligo , pure sussistente, di definire la richiesta di autorizzazione sulla base dello ius superveniens rappresentato dalla sopraggiunta adozione della Carta Idrogeomorfologica”.  

dott. Matteo Acquasaliente

CdS n. 3645 del 2014

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