Non è legittimo motivare un diniego di condono semplicemente affermando l’incompatibilità dei materiali impiegati e per le “rilevanti dimensioni della tettoia”

24 Mar 2014
24 Marzo 2014

Continua la serie delle sentenze del TAR Veneto che giustamente dichiarano illegittimi i provvedimenti in materia di vincolo paesaggistico motivati male.

Si legge nella sentenza n. 331 del 2014: "1. Il ricorso può essere accolto, considerando fondato il secondo motivo e con riferimento all’esistenza di un difetto di motivazione dell’atto impugnato.

2. Il Comune di Venezia, nel provvedimento di rigetto impugnato, si è limitato a sancire l’incompatibilità della tettoia per quanto concerne i materiali impiegati e la “rilevante dimensione” dello stesso manufatto, motivazione che non può non considerarsi apodittica e suscettibile di riferirsi ad una generalità indefinita di manufatti. 

3. Sul punto va ricordato che per un costante orientamento giurisprudenziale la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo è diretta a consentire al destinatario di ricostruire l’iter logico-giuridico in base al quale l’amministrazione è pervenuta
all’adozione di tale atto, nonché le ragioni ad esso sottese; e ciò allo scopo di verificare la correttezza del potere in concreto esercitato, nel rispetto di un obbligo da valutarsi, invero, caso per caso in relazione alla tipologia dell’atto considerato (Cons. Stato, sez. V, 4 aprile 2006, n. 1750; sez. IV, 22 febbraio 2001 n. 938, sez. V, 25 settembre 2000 n. 5069). 

3.1 Si è, altresì, precisato che la valutazione discrezionale dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico deve
essere strettamente riferita ai luoghi in cui il manufatto viene ad incidere con un onere dell’Amministrazione di indicare le specifiche ragioni in relazione alle quali le opere edilizie non si ritengono adeguate (si veda TAR Piemonte n. 1024/2013 e TAR Veneto 1394/2013).

3.2 E’, allora, evidente che una motivazione puntuale deve ritenersi necessaria affinchè siano sempre esternate le ragioni che giustificano la determinazione assunta, non potendo la motivazione espressa in essa esaurirsi in semplici, generiche locuzioni di stile.

4. Nel caso di specie non solo non sussiste alcun riferimento alle caratteristiche dell’ambiente circostante e alla effettiva tipologia dei
materiali utilizzati, ma nel contempo non è possibile evincere quali siano i valori di pregio connessi alla tutela paesaggistica da preservare nel caso in esame, risultando presente una valutazione di incompatibilità riconducibile ai materiali impiegati e “alle rilevanti dimensioni della tettoia”.

4.1 E’ forse utile rilevare che l’incidenza del manufatto in area vincolata non comporta automaticamente l’insanabilità dello stesso, ma obbliga l’autorità competente ad una valutazione di compatibilità ambientale strettamente correlata alle caratteristiche del manufatto e all’ambiente circostante in cui esso incide.

4.2 Si consideri, ancora, come una motivazione più pregnante era richiesta in considerazione delle particolarità della fattispecie esaminata, nell’ambito della quale sussisteva una precedente autorizzazione ambientale del 14 Luglio del 2008 che, a sua volta, legittimava la  realizzazione di alcune modifiche al manufatto, parere quest’ultimo poi confluito in un permesso di costruire le cui opere non erano state effettivamente realizzate.

4.3 Ma una motivazione più articolata sarebbe risultata necessaria anche in considerazione di due ulteriori circostanze. Una prima riconducibile al considerevole tempo decorso tra l’istanza di sanatoria e il successivo diniego (circa 27 anni); una seconda relativa al
contesto paesaggistico/ambientale nel quale si colloca il manufatto di cui si tratta e che, in quanto tale, risulta inserito in un ambito laddove sono presenti ulteriori edifici aventi le medesime caratteristiche costruttive.

4.4 E’ allora evidente che una valutazione di incompatibilità così come sopra ricordata si traduce in un giudizio apodittico e generico, di per sé, difficilmente comprensibile".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 331 del 2014

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