Secondo Strasburgo se il comune è insolvente paga lo Stato

27 Set 2013
27 Settembre 2013

La condizione di dissesto dell'ente locale coincide con una situazione di crisi finanziaria particolarmente grave. Si tratta della condizione “strutturalmente deficitaria”, di cui all'art. 242, comma 1, del t.u.e.l., che ricorre quando l'ente presenta “gravi e incontrovertibili condizioni di squilibrio”, rilevabili mediante parametri obiettivi risultanti da apposita tabella allegata al certificato sul rendiconto della gestione del penultimo esercizio precedente quello di riferimento. Il t.u.e.l. prevede due possibili presupposti che determinano il dissesto finanziario, infatti, l'art. 244, comma 1, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 recita: “Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all'art. 193, nonché con le modalità di cui all'art. 194 per le fattispecie ivi previste”. Per comprendere in che cosa consistano i presupposti del dissesto si può far ricordare il testo del d.p.r. 24 agosto 1993, n. 378, adottato in esecuzione al decreto legge n. 8 del 1993, nel quale è detto che “il mancato assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili” risulta qualora l'ente, “pur riducendo tutte le spese relative a servizi non indispensabili”, non è in condizione “di assicurare il pareggio economico del bilancio di competenza”, “a causa di elementi strutturali”. La situazione di insolvenza ricorre, invece, allorché l'ente abbia debiti “liquidi ed esigibili” che “non trovino valida copertura finanziaria (…) con mezzi di finanziamento autonomi dell'ente senza compromettere lo svolgimento delle funzioni e dei servizi indispensabili”.

Rilevate tali situazioni, si esclude alcuna discrezionalità nella declaratoria del dissesto dell'ente: il quale, in presenza di dati obiettivi, è obbligato a dichiararla. In presenza di una delle condizioni indicate dall'art. 244, il Consiglio dell'ente è, dunque, tenuto a dichiarare lo stato di dissesto, con delibera irrevocabile, motivata anche con riguardo alla valutazione delle cause dello stato di dissesto. La delibera con cui si dichiara il dissesto, a cui va allegata la relazione dettagliata dell'organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto, deve essere trasmessa, entro cinque giorni, al Ministero dell'interno ed alla procura regionale della Corte dei conti ed è poi pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale a cura del Ministero dell'interno insieme al decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell'organo straordinario di liquidazione. La dichiarazione di dissesto produce tre ordini di effetti:

1)      In primo luogo, risultano interessanti le conseguenze relative agli Amministratori dell’ente locale, le quali sono limitate a quelli che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni da loro prodotti, con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario.

2)       Le conseguenze sui creditori operano fin dall'inizio riguardano i rapporti obbligatori rientranti nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione e consistono nella cristallizzazione dei debiti dell'ente, che non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria, nonché nell'estinzione delle procedure esecutive in corso, con conseguente inefficacia dei pignoramenti eventualmente eseguiti, e nell'impossibilità di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell'ente.

3)      La dichiarazione di dissesto ha effetti ,poi, sulla disciplina da applicare alla gestione durante il periodo intercorrente tra tale dichiarazione e l'approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. L'ente si trova sottoposto ad una sorta di stato di tutela e la sua autonomia non gode più delle garanzie costituzionali a causa del cattivo uso che è stato fatto di tale autonomia, cosi, le spese sono circoscritte a quelle relative ai servizi ritenuti indispensabili dallo Stato.

Il 24 settembre 2013, la Corte di Strasburgo, sezione seconda ha definito il ricorso nr. 43870/04, stabilendo che, nel caso in cui i Comuni Italiani siano insolventi, sarà lo Stato Italiano a pagare i loro debiti. Nelle sue osservazioni, il Governo ha descritto come il fallimento di un Amministrazione locale viene determinato da una “'Dichiarazione di insolvenza” (Stato di Dissesto), con la necessità di soddisfare e risanare finanziariamente la comunità colpita, al pari essenzialmente alle procedure concorsuali ordinarie ( con tanto di condicio creditorum). Tuttavia, a differenza di una società privata, - proseguiva il Governo - la comunità locale in mora non cessa di esistere e deve continuare a svolgere i suoi compiti istituzionali. Si deve pertanto disporre delle risorse necessarie, perciò il blocco delle funzioni deve essere limitato al periodo antecedente la dichiarazione di insolvenza (cioè i crediti precedenti al 31 dicembre dell'anno precedente la dichiarazione di fallimento) e non si estende alle operazioni finanziarie posteriori.La Corte ritiene, però, che la mancanza di una risorsa comune non può giustificare l’omissione di adempiere agli obblighi di una sentenza definitiva nei proprio confronti (v., mutatis mutandis, Ambruosi v Italia, no. 31227/96, § § 28-34, 19 ottobre 2000 e Burdov, citata sopra, § 41) . La Corte tiene a sottolineare che si tratta, nel caso de quo di un debito di un ente locale, quindi un organo dello Stato, in virtù di una decisione giudiziaria che condannava al pagamento dei danni. Questo aiuta a differenziare questo caso dalla precedente v. Finlandia, citata dal Governo, dove vi era stato lo sviluppo di un credito nei confronti di un individuo, e come il caso Koufari e ADEDY c. Grecia ((decisione), n 57665/12 e 57657/12, § § 31-50, 7 maggio 2013), dove vi era una questione di politica sociale per ridurre una retribuzione ed una pensione.

In conclusione la Corte ha dichiarato:

-          che vi è stata una violazione dell'articolo 1 del Protocollo n ° 1 alla Convenzione;

-          che vi è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;

-          che non vi è alcuna necessità di esaminare la denuncia ai sensi dell'articolo 13 della Convenzione

-          che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diviene definitiva in conformità con l'articolo , 44 § 2 della Convenzione, i seguenti importi:. ± 50 000 (50.000 €), più qualsiasi tassa che può essere addebitabile come tassa per il materiale e morale danni, 5 000 EUR (cinquemila euro), più qualsiasi tassa che può essere addebitabile ad imposta da parte del richiedente, costi e spese a partire dalla scadenza del termine fino al versamento, tali somme devono essere versate su un interesse semplice ad un tasso pari al il tasso di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, aumentato di tre punti percentuali;.

-          rigetta la domanda di equa soddisfazione in applicazione dell'articolo 77 § § 2 e 3 del regolamento.

dott.sa Giada Scuccato

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1 reply
  1. Stupefatto says:

    “…Ahi serva Italia, di dolore ostello,
    nave sanza nocchiere in gran tempesta,
    non donna di province, ma bordello!…”

    Purgatorio · Canto VI

    Dante Alighieri

    P.S. non era un profeta…..

    Rispondi

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