Il bando e l’aggiudicazione sono atti autonomi
Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 16 settembre 2014 n. 1205 conferma l’onere di impugnare, oltre il bando di gara, anche l’aggiudicazione, stante l’autonomia di questi due atti: “Ritiene il Collegio che i rilievi attinenti la legge di gara in grado di produrre derivate conseguenze caducanti anche nei confronti degli atti conseguenti riguardano e si esauriscono nelle sole evenienze escludenti del concorrente, proprio perché la originaria esclusione, se illegittima, comporta la necessità di riammissione del candidato alla gara, per cui se questa, per qualche motivo, si è già conclusa, lo stesso deve essere posto in grado di recuperare la situazione soggettiva illegittimamente sacrificata, salva, in ogni caso, l’opposizione di terzo.
Nel caso di specie, invece, i rilievi espressi dalla ricorrente hanno, se così si può dire, natura funzionale, senza che ciò abbia impedito alla stessa di partecipare alla competizione.
In tale evenienza, pertanto, la questione sollevata si inserisce nella nota tematica dei vizi dell’atto presupposto con effetti vizianti o caducanti.
Le pregresse oscillazioni giurisprudenziali al riguardo risultano ormai composte attraverso l’individuazione dell’effetto caducante dell’atto consequenziale nella sussistenza del rapporto di presupposizione consequenziale diretta, immediata e necessaria tra i due atti ( cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 23 ottobre 2007, n.5559 e sez. V 10 maggio 2010, n.2766).
Tale relazione non si rinviene tra il bando e la conseguente aggiudicazione proprio per le evidenti ragioni di autonomia di quest’ultimo.
Infatti, anche in tema di appalti, la giurisprudenza ha ribadito che l’impugnazione di atti lesivi contenuti nel bando non esclude l’onere di impugnare l’atto finale del procedimento proprio per la sua natura di atto autoritativo, i cui effetti possono essere eliminato soltanto con un contrario atto in autotutela ovvero con una sentenza ( cfr. Cons. di Stato, sez. V, 11 febbraio 2002, n. 785; Cons. Stato, sez.V, 4 maggio 2005 n. 2168).
La circostanza che l’atto finale sia affetto da invalidità derivata dai vizi dell’atto presupposto, non esclude, pertanto, che tale invalidità debba essere oggetto di autonoma impugnazione attraverso i rimedi tipici del processo impugnatorio, per cui, in mancanza, l’atto finale si consolida e non è più impugnabile (cfr Cons. st., sez.V, n. 2168 del 2005 cit.)
Conformemente all’indicato insegnamento, il Collegio ritiene che la mancata impugnazione dell’atto finale della procedura di gara non possa essere superata dalla sola contestazione del bando proprio perché, se il primo, in disparte l’autonoma natura autoritativa, costituisce, in tesi, espressione e derivazione delle previsioni del bando, lo stesso non assume un connotato di consequenzialità necessaria di quest’ultimo potendo, tra l’altro, la relativa procedura essere affetta da vizi autonomi ed ulteriori rispetto a quelli, asseritamente, propri della legge di gara, mentre i vizi del bando, come detto, assumono una mera funzione viziante del provvedimento finale.
Né assume giuridico significato la generica censura al riguardo proposta nel ricorso, la quale, all’evidenza, rappresenta una mera clausola di stile, generica e priva di una formale esternazione dei motivi di ricorso”.
dott. Matteo Acquasaliente
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