Si può attestare un requisito tecnico-professionale con una dichiarazione sostitutiva?
Il T.A.R. Trieste si occupa della possibilità di attestare il possesso dei requisiti tecnici-professionali necessari per poter ottenere l’aggiudicazione di una gara. A tal dine distingue tra i requisiti connessi alla fase di presentazione delle offerte - per i quali si applica l’istituto delle autocertificazioni - e quelli collegati alla fase di verifica, per i quali è preclusa tale possibilità di prova.
Nella sentenza n. 511 del 2014 si legge che: “Il Collegio, infatti, non trova ragione per discostarsi dal consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr., da ultimo, T.A.R. Lazio, Sez. I, sentenza n. 361/2014) per cui all’interno della procedura di gara occorre tenere distinta la fase di presentazione delle offerte da quella di verifica del possesso da parte degli offerenti dei requisiti di partecipazione. La prima fase è caratterizzata da esigenze di speditezza e di semplificazione degli incombenti in capo ai partecipanti, cosicché risulta del tutto logica la possibilità per gli interessati di avvalersi delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 D.P.R. n. 445/2000.
Di contro, nella successiva fase di verifica del possesso dei requisiti prevale l’interesse della stazione appaltante a contrarre con soggetto che sia in grado di rendere la prestazione, e di renderla secondo quello standard che integra l’adempimento del contratto. Ne consegue che il possesso dei requisiti di partecipazione, in quanto, per l’appunto, volto a garantire il suvvisto interesse pubblico, non può più essere comprovato con autodichiarazione da parte dell’interessato, ma è necessario che risulti da documentazione probatoria vera e propria, prodotta in originale ovvero in copia sì autenticata, ma non dall’offerente medesimo, bensì da un pubblico ufficiale autorizzato a conferire pubblica fede.
D’altro canto, se così non fosse il subprocedimento di verifica del possesso dei requisiti risulterebbe del tutto inutile, in violazione del principio generale di non aggravamento dei procedimenti amministrativi, risolvendosi nella duplicazione di un controllo, quello sulle dichiarazioni sostitutive, che già viene svolto in sede di ammissione delle offerte. Ed, infatti, il disciplinare di gara, all’articolo 12, prevede espressamente che non si facesse luogo a verifica dei requisiti di capacità, laddove alla domanda di partecipazione fosse allegata, nella documentazione amministrativa, documenti in originale o in copia autentica ex articolo 18 D.P.R. n. 445/2000, in luogo della autocertificazione.
Il che consente anche di affermare l’infondatezza non solo in punto di diritto, come si è visto, ma anche in punto di fatto delle tesi di parte ricorrente, così come illustrate nel primo motivo di impugnazione. Non è affatto vero che la lex specialis di gara non prevedesse le modalità di comprova dei requisiti: dalla lettura del precitato articolo 12 del disciplinare di gara risulta, infatti, chiaro che era necessario produrre documenti in originale o in copia autenticata da pubblico ufficiale in grado di renderla fidefacente, e che non poteva essere sostituita tale documentazione da autodichiarazioni da parte dell’interessato.
Parimenti, non risulta condivisibile la distinzione che la difesa della ricorrente opera fra l’ipotesi disciplinata al comma 1 e quella regolata al comma 2 dell’articolo 48 del cd. Codice dei contratti, per cui solo ai concorrenti sorteggiati ai sensi del comma 1 sarebbe precluso l’utilizzo delle dichiarazioni sostitutive, non incontrando il medesimo limite l’aggiudicatario provvisorio e il secondo classificato, di cui parla il comma 2.
Anche a non voler considerare che di una simile distinzione non vi è traccia nel testo della disposizione, resta indubitabile come essa si opporrebbe alla ratio dell’istituto, che, come spiegato, è quella di tutelare l’interesse della stazione appaltante a contrarre con soggetto in grado di adempiere. D’altro canto, che il controllo sia il medesimo risulta evidente dalla previsione del comma 2 dell’articolo 48 del D.Lgs. n. 163/2006, laddove stabilisce che non si faccia luogo a verifica nei confronti del primo e/o del secondo classificato se questi rientrano tra i soggetti sorteggiati ai sensi del comma 1. Il che si giustifica solo se si ritiene che il tipo di prova a cui sono assoggettati i partecipanti sia il medesimo, di talché, ancora una volta, reiterare l’incombente si tradurrebbe in un inutile appesantimento procedurale.
Nemmeno risulta condivisibile la tesi di parte ricorrente per cui difetterebbe nel caso di specie uno degli elementi costitutivi dell’illecito sanzionato con i provvedimenti impugnati, posto che nel caso di specie non si avrebbe né un’omissione, né un rifiuto, né un ritardo nella presentazione della documentazione, bensì la presentazione documentazione non idonea. La presentazione di documentazione non idonea equivale alla mancata presentazione di documentazione (cfr., C.d.S., Sez. IV^, sentenza n. 810/2012): o l’interessata adempie all’incombente o non vi adempie. E la società Gemas S.c. a r.l. non ha adempiuto, non avendo prodotto dichiarazioni di terzi o documentazione contabile in originale ovvero in copia autenticata da pubblico ufficiale.
Né può ritenersi non imputabile alla stessa la condotta sanzionata, dato che la stazione appaltante aveva provveduto a segnalare le criticità e ad indicare le modalità corrette per comprovare il possesso dei requisiti, concedendo tempo all’interessata per rimediare, nonostante la ritenuta perentorietà del termine normativamente fissato a carico dell’offerente per lo svolgimento dell’incombente”.
dott. Matteo Acquasaliente
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