Lo spunto del sabato: la vita degli altri

25 Ott 2014
25 Ottobre 2014

Scheggia è veloce di pensiero e di azione. Per questo chiamo Scheggia quel ragazzo, perchè è davvero molto veloce.

Stavo seduto, assorto nei miei pensieri e, sfogliando i quotidiani, consideravo tra me e me quanto la realtà attuale del sistema penale italiano sia divenuta diversa da quello che mi avevano insegnato all'università di Padova trenta anni fa Giuseppe Bettiol, Giuseppe Zuccalà e Alfredo Molari. I giornali parlavano di una indagine penale nella quale su alcune decine di persone inquisite almeno due terzi di queste avevano chiesto il patteggiamento. La maggior parte lo aveva fatto dopo avere trascorso alcuni mesi in carcere o agli arresti domiciliari in custodia cautelare, al dichiarato scopo di fare cessare tale dolorosa limitazione della libertà personale irrogata senza processo. All'Università insegnavano che spetta al pubblico ministero provare la colpevolezza dell'imputato, che questi deve essere giudicato nel dibattimento e in quella sede essere eventualmente condannato, se il giudice ritiene raggiunta la piena prova della sua colpevolezza.  Ma il sistema penale italiano, pur rimanendo fermi la Costituzione e il codice di procedura penale,  si è trasformato in un'altra cosa, in una macchina che produce patteggiamenti, Non c'è più bisogno che il pubblico ministero cerchi le prove e neanche che il giudice le valuti; non c'è più bisogno che un essere umano sia giudicato colpevole: basta tenerlo alcuni mesi in carcere in custodia cautelare, che poi egli chiede il patteggiamento e il pubblico ministero assurge a notorietà nazionale. E i giornalisti presentano come eroi i magistrati protagonisti di queste vicende giudiziarie.  La colpevolezza o l'innocenza sono eventualità irrilevanti.

Scheggia ha ventiquattro anni e si sta per laureare. E' di bell'aspetto, educato e rispettoso: insomma il genero ideale che le mamme vorrebbero far sposare alle proprie figlie. 

Scheggia è un bravo ragazzo.

E mentre io leggevo i giornali, mi trovai a chiedermi tra me e me: "ma quelli poi di notte riescono a dormire?"  

Scheggia si avvicinò a me, mi guardò fisso negli occhi e all'improvviso mi disse: "l'essere umano non è migliore di quello che sembra".

Allora dunque può essere peggiore.

"Io non sono sempre stato come tu ora mi conosci" - continuò Scheggia - "un tempo ero molto cattivo".

Io non parlai, ma pensai tra me e me: "sei ancora un bambino, quando sei stato cattivo?"

Scheggia aggiunse: "a tredici anni entrai a fare parte di una banda di Vicenza che coltivava e vendeva la marijuana e ogni altro tipo di droga. Guadagnavo bene e potevo permettermi parecchi lussi.  Io non usavo droghe, ma, siccome facevo palestra ed ero forte, divenni l'esattore della banda. Andavo dai clienti a riscuotere i crediti. Quando non pagavano, li costringevo a pagare con le botte. Un po' alla volta, non mi interessava più di tanto incassare i soldi, ma preferivo che non lo facessero, per avere un motivo di picchiarli e riempirli di botte. Il gusto di fare male era diventata la mia droga e il bisogno di picchiare qualcuno continuava ad aumentare man mano che lo facevo. Se vuoi capire cosa provavo io, guarda il film Mr. Brooks".

Scheggia rimase un lungo istante in silenzio e poi riprese: "avevo anche una ragazza, che trattavo molto male. Mi piaceva infliggere dolore agli altri. Mi sentivo forte e potente, Dominare le persone con la violenza è un piacere per intenditori. Poi le cose cambiarono all'improvviso: entrambi i genitori della mia ragazza morirono in un incidente in montagna e mia nonna morì suicida. Il mondo mi crollò addosso e tutto mi parve stupido e insensato. Il dolore degli altri mi divenne insopportabile. Avevo quindici anni quando divenni un altro essere umano, quello che oggi tu conosci".

Dedicato a quelli che giocano con la vita degli altri.

Solo qualcuno col tempo diventa quello che sembra.

Dario Meneguzzo

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