Cosa penso del nuovo testo dell’art. 44, comma 5, della L.R. 11/2004

09 Mag 2013
9 Maggio 2013
L' Art. 44 – Edificabilità, della L.R. 11/2004, al comma uno stabilisce che: "1. Nella zona agricola sono ammessi, in attuazione di quanto previsto dal PAT e dal PI, esclusivamente interventi edilizi in funzione dell'attività agricola, siano essi destinati alla residenza che a strutture agricolo-produttive così come definite con provvedimento della Giunta regionale ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera d), n. 3. ".
Questa è la regola generale.
L'art. 44 prevede poi una serie di eccezioni, e al comma 5 - nel testo ora vigente - prevede:
5. Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43. Sono sempre consentiti, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria, gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale.

A mio avviso quindi le previsioni del comma 5 sono "speciali" rispetto alla regola generale del comma 1.

Il TAR Veneto nella sentenza n. 605 del 2012  aveva espresso peraltro l'orientamento:"....La derivazione di più unità immobiliari da un originario edificio è viceversa permessa dal comma 5 del predetto art.44 L.R. 11/2004, laddove consente, in zona agricola, gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d), art. 3, del D.P.R. 380/2001...".

 La Circolare Regionale n. 2 del 15 gennaio 2009 prevedeva altresì:

“....5. Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43. Sono sempre consentiti gli interventi di cui alle lettere a), b) e c) dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di case di abitazione fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria.”.

La novità di tale disposizione consiste nell’aver introdotto, tra gli interventi sempre consentiti, anche l’ampliamento fino ad 800 mc., comprensivi dell’esistente e nel rispetto della tipologia originaria. In primo luogo occorre specificare che l’ampliamento è ammesso a favore di tutti coloro che possiedono una casa di abitazione in zona agricola, a prescindere dall’essere o meno imprenditore agricolo e indipendentemente dall’esistenza di un annesso rustico e che l’intervento è possibile solamente sull’edificio oggetto di ampliamento, escludendosi quindi la possibilità di realizzare l’intervento su altri edifici ancorchè situati nella medesima corte agricola. Si fa inoltre presente che l’ampliamento citato trova applicazione esclusivamente a favore degli edifici che, alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 4 del 2008, risultano essere già case di abitazione (e quindi possedere l’agibilità).

Si evidenzia inoltre che la richiesta di ampliamento può essere presentata contemporaneamente ad altre richieste di intervento consentito dalle vigenti norme, da valutarsi da parte del comune (ad es. ristrutturazione ed ampliamento).

Infine, si conferma quanto già definito con la circolare n. 1 del 2007 “Al fine di evitare interpretazioni della norma che potrebbero vanificarne la ratio, si precisa che l’ampliamento concesso di 800 mc va riferito all’immobile/edificio considerato nella sua totalità; eventuali successivi frazionamenti del medesimo non consentono ulteriori ampliamenti di ciascuna frazione così ottenuta. Nell'ipotesi di più case aggregate in un processo avvenuto nel corso degli anni e costituenti un edificio del tipo a schiera, l'ampliamento è ammissibile per ciascuna delle "case" costituenti la schiera. Tale indirizzo risulta conforme alla disciplina fino a oggi applicata nelle zone agricole, posto che la disposizione attuale non differisce rispetto alle previgenti normative (L.R. nn. 58/78 E 24/85).

La disposizione vale esclusivamente per gli edifici non oggetto di tutela da parte dello strumento urbanistico generale. Invero, per tali edifici, individuati quali beni culturali e ambientali ai sensi dell’articolo 10 della L.R. n. 24/85 e disciplinati da specifiche norme di piano regolatore generale, sono confermate le possibilità di intervento previste nello strumento urbanistico vigente”.

Infine, in relazione al concetto di “tipologia originaria”, la scelta del legislatore è rivolta al mantenimento delle forme tradizionali locali dell’edilizia rurale, in coerenza con le scelte di piano vocate alla valorizzazione dell’assetto territoriale tipico delle zone agricole. Per tali motivi possono essere consentiti interventi che, pur se non totalmente rivolti a mantenere l’originario aspetto dell’edifico, rispettino in ogni caso le caratteristiche tipologiche della edificazione rurale e del contesto insediativo in cui tali edifici si inseriscono, componendosi armonicamente con l’edificio esistente....".

La novella normativa rafforza conseguentemente il potere di pianificazione dei comuni nel disciplinare gli interventi in zona agricola in eccezione alla previsione generale dell'art. 44, comma 1 della L.R. 11/2004, prevedendo opportunamente che è consentito: "...l’ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale...".

La norma quindi nel prevedere quasi un automatismo nella facoltà di ampliamento di edifici da destinarsi all'abitazione, detta una precisa condizione e precisamente che vi sia un'esplicita previsione nello strumento urbanistico comunale che consenta la destinazione abitativa, ovviamente in eccezione ai casi già disciplinati dal comma 1 dell'art. 44 LR 11/2004.

La norma novellata si raccorda conseguentemente sul piano logico con il primo periodo del comma 5 dell'art. 44, ove è previsto che:"Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43".

 A sua volta l'art. 43 della L.R. 11/2004 Tutela del territorio agricolo nel Piano Regolatore Comunale, prevede che:

 - il piano di assetto del territorio (PAT) individua le modalità d'intervento per il recupero degli edifici esistenti
 - il piano degli interventi (PI) individua le destinazioni d'uso delle costruzioni esistenti non più funzionali alle esigenze dell'azienda agricola.
 Il "Sono sempre consentiti..." andrebbe quindi letto unitamente alla condizione:"...purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale..."
Conclusivamente è da ritenere che spetta al Piano degli Interventi, a norma dell'art. 43 della L.R. 11/2004, consentire o meno e con quali eventuali limiti, la destinazione abitativa delle costruzioni esistenti in zona agricola.
 Il PI di Verona, ad esempio, prevede che gli interventi di ristrutturazione edilizia in zona agricola possano prevedere anche la modifica della destinazione d’uso legittimamente preesistente a destinazione residenziale nel limite massimo di 400 mq. di SUL per ogni Unità Edilizia.
Geom. Daniele Iselle
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4 replies
  1. Paolo Gollo says:

    Il Comune di Chioggia ha bloccato gli ampliamenti fino ad 800 mc in zona agricola, limitandone l’applicazione ai soli imprenditori agricoli.
    Secondo il mio parere, invece, il legislatore non ha lasciato facoltà ai Comuni di “tornare indietro”, ma di evitare che venisse edificato in zone in contrasto con la destinazione residenziale. Dividere questa opportunità tra imprenditori e non mi sembra una forzatura.

    Cosa ne pensate?

    Rispondi
  2. fiorenza dal zotto says:

    non so, ho dei dubbi sul fatto che si possa negare – stante l’attuale norma – la ristrutturazione con ampliamento e cambio d’uso di un annesso esistente in abitazione fino a 800 mc (si porrà semmai il problema dell’eventuale vincolo di destinazione d’uso dell’annesso). Nell’aver precisato, con la recente modifica, l’ammissibilità dell’ “ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente” sembrerebbe che la destinazione iniziale dell’edificio oggetto di ampliamento potrebbe essere non residenziale! Se ho un bel capannone artigianale in zona agricola (o condonato o legittimato con vecchie licenze edilizie), potrei quindi ristrutturarlo e riconvertirlo in residenziale fino agli 800 mc. Si segnala inoltre che, nelle zone agricole, la destinazione residenziale è comunque, pressochè sempre, compatibile. Diciamo che non mi sembra una buon modo per tutelare le zone agricole e il suolo inedificato, ma sono pronta a ricredermi se la mia interpretazione risulta “troppo estensiva”! Ultima considerazione che, io per prima, devo approfondire: che tale modifica sia correlata ai cambi di destinazioni d’uso di cui all’art. 5 della legge 106/2011?

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    • mirko zampieri says:

      condivido appieno le perplessità e i dubbi di F Dal Zotto: il problema storico è che i buoni propositi nel legiferare non bastano ! una norma ri-scritta in questo modo può solo mettere in difficoltà, e in nessun modo agevolare, professionisti / progettisti e tecnici “pubblici”, in quanto interpretabile sia in senso restrittivo (…della serie continuo ad applicarla come fino ad oggi) che in senso elargitivo (…tanto basta destinare a residenza l’edificio esistente, qualsiasi sia la destinazione d’uso di partenza). Purtroppo il richiamo a circolari , sentenze, abitudini e prassi, ecc non può essere sufficiente per spiegare e chiarire una legge “scritta male”, che comporterà le più disparate modalità di applicazione nei diversi comuni del veneto

      Rispondi
  3. Humor says:

    Consiglio Regionale.

    Resoconto 155a Seduta pubblica
    Giovedì, 21 marzo e Venerdì, 22 marzo 2013
    Omissis….

    La parola al consigliere Peraro.

    Stefano PERARO (Unione di Centro)

    Grazie, Presidente.

    Chiedevo, per cortesia, se adesso la votazione sugli emendamenti e subemendamenti può essere detta bene ad alta voce perché tutti i Consiglieri possano seguirla.
    Perché prima è successo un fatto che è passato in sordina: tutti erano convinti, e questa è stata la dimostrazione e la buona fede del consigliere Presidente Bassi, di avere accantonato e ritirato un emendamento.
    Tutti erano convinti di aver votato il ritiro di un tema in materia urbanistica, perché anche la disposizione del fascicolo che avevamo sotto diceva questo e alla fine, se voi vedete anche come era composto il nostro fascicolo, avevamo l’articolo 12, tutti erano convinti di continuare ad emendamenti mentre in realtà abbiamo votato l’articolo 13, che nelle intenzioni penso del presentatore dell’emendamento Bassi voleva ritirare.
    Non so se questa è la sua volontà ufficiale, ma da quello che abbiamo capito durante la discussione era questo.
    Siccome anche questo emendamento ha una portata abbastanza rilevante, se possibile adesso nella discussione della votazione che vengano dette bene le pagine e gli emendamenti che si votano, perché è passata in sordina una votazione di una rilevanza importante in zona agricola.

    PRESIDENTE

    Grazie, consigliere Peraro.

    Caro collega Peraro, se l’Aula non fa attenzione non è colpa mia, proprio su quell’articolo ho detto chiaramente “come uscito dalla Commissione”, l’ho anche ripetuto, mi dispiace.

    Rispondi

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