La natura del c.d. preavviso di impugnazione in materia di appalti

09 Mag 2013
9 Maggio 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. III, nella sentenza del 22 aprile 2013 n. 593, si occupa di numerose questioni attinenti le gare pubbliche.

La prima concerne il c.d. preavviso di impugnazione previsto dall’art. 243 bis del D. Lgs. 163/2006 che recita: “1. Nelle materie di cui all'articolo 244, comma 1, i soggetti che intendono proporre un ricorso giurisdizionale informano le stazioni appaltanti della presunta violazione e della intenzione di proporre un ricorso giurisdizionale.

2. L'informazione di cui al comma 1 è fatta mediante comunicazione scritta e sottoscritta dall'interessato, o da un suo rappresentante, che reca una sintetica e sommaria indicazione dei presunti vizi di illegittimità e dei motivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio, salva in ogni caso la facoltà di proporre in giudizio motivi diversi o ulteriori. L'interessato può avvalersi dell'assistenza di un difensore. La comunicazione può essere presentata fino a quando l'interessato non abbia notificato un ricorso giurisdizionale. L'informazione è diretta al responsabile del procedimento. La comunicazione prevista dal presente comma può essere effettuata anche oralmente nel corso di una seduta pubblica della commissione di gara ed è inserita nel verbale della seduta e comunicata immediatamente al responsabile del procedimento a cura della commissione di gara.

3. L'informativa di cui al presente articolo non impedisce l'ulteriore corso del procedimento di gara, né il decorso del termine dilatorio per la stipulazione del contratto, fissato dall'articolo 11, comma 10, né il decorso del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale.

4. La stazione appaltante, entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, comunica le proprie determinazioni in ordine ai motivi indicati dall'interessato, stabilendo se intervenire o meno in autotutela. L'inerzia equivale a diniego di autotutela.

5. L'omissione della comunicazione di cui al comma 1 e l'inerzia della stazione appaltante costituiscono comportamenti valutabili, ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell'articolo 1227 del codice civile.

6. Il diniego totale o parziale di autotutela, espresso o tacito, è impugnabile solo unitamente all'atto cui si riferisce, ovvero, se quest'ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti”.

Con riferimento alla mancata (tempestiva) impugnazione del diniego di autotutela della stazione appaltante da parte dell’ATI ricorrente, il Collegio ritiene che: “secondo l’orientamento che il collegio condivide, l’istituto del preavviso di impugnazione previsto dall’art. 243 bis del Dlgs. n. 163 del 2006, costituisce uno strumento che si limita a sollecitare l’annullamento in autotutela da parte della stazione appaltante al fine di ottenere una risoluzione anticipata della lite, ed in ciò si esaurisce la sua funzione deflattiva del contenzioso.

In base ai commi 5 e 6 dell’art. 243 bis, la comunicazione da parte del ricorrente e la risposta da parte della stazione appaltante hanno infatti carattere solo eventuale (è previsto che l’omissione di tali adempimenti costituisce unicamente un comportamento valutabile ai fini della regolazione delle spese di giudizio tra le parti o ai fini della quantificazione dei danni risarcibili) e il diniego di autotutela se si sostanzia in un atto meramente confermativo del provvedimento originario per il quale viene invocata l’autotutela è atto privo di autonoma lesività che non è necessario impugnare, mentre se si sostanzia in un atto confermativo adottato all’esito di una nuova valutazione degli interessi in gioco, è impugnabile solo unitamente all’atto al quale si riferisce (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 maggio 2012, n. 2774; Tar Umbria, 1 aprile 2011, n. 103), perché il citato comma 6 contiene una norma che ha una valenza di carattere processuale volta ad assicurare la trattazione unitaria dell’impugnazione dell’aggiudicazione e del diniego di autotutela ove questo sia impugnabile secondo i principi generali (cfr. Tar Calabria, Catanzaro, 10 settembre 2012, n. 914; Tar Valle d’Aosta, 17 febbraio 2012, n. 16, Tar Lombardia, Brescia, Sez. II, 2 marzo 2011, n. 372)”.

Alla luce di ciò il Collegio ritiene che: “il diniego non costituisce un provvedimento pienamente sostitutivo dell’aggiudicazione, avendo un contenuto parziale e limitato rispetto a questa che è l’esito del complesso ed articolato procedimento di gara”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 593 del 2013

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