Il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in materia pagamento dell’indennità di occupazione “sine titulo”

22 Apr 2013
22 Aprile 2013

Premesso che: “la giurisdizione, come noto, si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il "petitum" sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della "causa petendi", ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr., ex pluribus, SS.UU. 16.11.2010 n. 23109; CdS, IV, 2.3.2011 n. 1360)”, il T.A.R. Veneto, sez. I, con la sentenza del 15 aprile 2013 n. 571 - concernente il pagamento dei canoni per l’occupazione “sine titulo” di alcuni beni demaniali a causa della scadenza/mancanza della relativa concessione –, si sofferma sul possibile difetto di giurisdizione del giudice adito: “Nel caso di specie il difetto di giurisdizione va dichiarato non già in relazione alla circostanza che viene in questione la determinazione e la corresponsione di canoni di concessione di beni pubblici, riservate alla giurisdizione ordinaria ai sensi dell’art. 5, II comma della legge 1034/71, ed ora dell’art. 133, I comma, lett. “b” del c.p.a. (è noto, a tal proposito, che le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale: quando, invece, la controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della PA sull'intera economia del rapporto concessorio, la medesima è attratta nella sfera di competenza del giudice amministrativo in quanto la controversia ha come oggetto principale la qualificazione giuridica dell'atto concessorio, sicché le conseguenze patrimoniali - e cioè la misura del canone - sono meramente accessorie: cfr, per tutte, CdS, VI, 12.1.2011, n.99), ma per il preliminare ed assorbente rilievo che la pretesa di pagamento dell’Amministrazione finanziaria, oggetto del ricorso, non può essere ricondotta all’originario rapporto concessorio, ma deve qualificarsi come richiesta di pagamento dell’indennità di occupazione “sine titulo”.

 Scaduta la concessione demaniale, il concessionario che rimanga nella detenzione del bene è un occupante abusivo: il mancato spossessamento o la mancata diffida a restituire il bene, così come la riscossione dei canoni, non comportano, infatti, un rinnovo tacito della concessione, essendo sempre e comunque necessario, per il rinnovo, un espresso atto formale di concessione (cfr. CdS, IV, 12.6.2012 n. 3456), atteso che “la demanialità è indisponibile e non si può rinunciare ad essa in via di fatto” (CdS, VI, 17.3.2010 n. 1566).

 Conclusivamente, dunque, i provvedimenti con cui, non sussistendo un rapporto concessorio, l'Amministrazione ingiunge il pagamento delle somme dovute per l’occupazione abusiva di beni demaniali riguardano esclusivamente questioni di diritto soggettivo che, non comportando apprezzamenti discrezionali, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario (CdS, VI, 16.2.2010 n. 874)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 571 del 2013

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