In assenza di un’espressa previsione localizzativa nel PRG comunale, gli impianti fotovoltaici possono essere localizzati in tutte le zone agricole

26 Nov 2012
26 Novembre 2012

Con un provvedimento della Giunta della Regione Veneto del  marzo 2010, emessa in esito ad apposita conferenza di servizi, una società  è stata autorizzata, ex art. 12 D.lgs 387/03, alla realizzazione ed all’esercizio, su area di circa 120 ha, insistente su z.t.o. agricola E2, di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica. Avverso tale autorizzazione hanno proposto ricorso due persone fisiche rispettivamente proprietario ed affittuario di un’area agricola, coltivata a cereali, limitrofa a quella interessata dall’impianto, nonché la Federazione Coldiretti del Veneto.

Il TAR Veneto, con la sentenza 1439 del 2012, ha ritenuto inammissibile il ricorso per mancanza di legittimazione attiva di tuti i ricorrenti, che non hanno dimostrato di avere un interesse specifico all'impugnazione (ma solo interessi vari di tipo generico).

In particolare, le persone fisiche avevano prospettato un danno potenziale, costituito dalla limitazione delle possibilità di sviluppo delle loro attività, conseguente al progressivo ridimensionamento delle aree agricole destinate alle colture e al progressivo aumento dei prezzi dei terreni agricoli, causati dell’installazione degli impianti fotovoltaici.

Per quanto riguarda la Coldiretti, il TAR scrive: "Con riferimento, invece, alla posizione della Federazione Coldiretti, la difesa della parte ricorrente ha rappresentato come quest’ultima organizzazione abbia quale finalità statutaria la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione dell’attività agricola e che l’insediamento indiscriminato su aree agricole degli impianti fotovoltaici è causa di danni per tutta la categoria degli agricoltori. Tali danni sarebbero costituiti, in particolare, dal “costante ridimensionamento delle aree agricole destinate alle colture, dal progressivo aumento dei prezzi dei terreni agricoli, con conseguente delocalizzazione della stessa attività agricola ed un progressivo disincentivo allo sviluppo agricolo del territorio”.
Ritiene il Collegio che anche in tal caso vengano prospettate più delle generiche petizioni di principio che una dimostrata ed effettiva compromissione degli interessi dei coltivatori diretti.
Infatti, non vi è alcuna dimostrazione dell’aumento dei prezzi dei terreni agricoli, né alcuna indagine che attesti l’entità del denunciato fenomeno di “costante ridimensionamento delle aree destinate all’agricoltura” cagionato dall’installazione “indiscriminata” degli impianti fotovoltaici in dette aree.
Inoltre, la riduzione dei terreni destinabili alle colture agricole che si potrebbe astrattamente apprezzare, in alcuni casi, in un ristretto ambito territoriale, non è certo una conseguenza delle delibere di giunta impugnate (che peraltro dettano disposizioni solo procedurali e organizzative in materia di autorizzazione all’installazione di impianti fotovoltaici) e dei conseguenti provvedimenti autorizzatori del tipo di quello oggi impugnato, bensì, semmai, della stessa scelta di incentivare la produzione di energia pulita effettuata a livello nazionale e prima ancora europeo; potendo, difficilmente, gli impianti fotovoltaici essere collocati altrove rispetto alle aree agricole che, per la loro conformazione, presentano una naturale idoneità ad ospitare pannelli fotovoltaici (tolte le aree agricole rimarrebbero, infatti, solo le aree industriali, le cave dismesse o i siti contaminati).
Non a caso il comma 7 dell’art. 12 del Dlgs n. 387/03 prevede che gli impianti in oggetto “possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”.
Anche nelle “linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, dettate dal D.M. 10 settembre 2010 (successivo all’autorizzazione impugnata), si fa divieto alle Regioni di considerare le aree agricole, in quanto tali, non idonee all’installazione di impianti fotovoltaici, mentre, l’individuazione della non idoneità dell’area deve essere operata dalle Regioni attraverso “un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico – artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti..”.
Da tale contesto normativo emerge, dunque, una naturale compatibilità della destinazione agricola dei fondi con l’installazione e l’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Spetterà poi alle Regioni (oggi che sono state adottate le predette linee guida) ed ai Comuni, nell’esercizio della propria discrezionalità in materia di governo del territorio, rispettivamente, l’individuazione di aree c.d. non idonee, da una parte, e di quelle specificamente destinate ad impianti, dall’altra. Fermo restando, tuttavia, che, in assenza di un’espressa previsione localizzativa nel PRG comunale, com’è nel caso di specie, gli impianti fotovoltaici possono essere localizzati in tutte le zone agricole del territorio comunale".

sentenza TAR Veneto 1439 del 2012

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