In materia paesaggistica l’espressione “per tipologia e materiali alterano negativamente il sito” non è una motivazione sufficiente per un diniego
E bisognava proprio farselo dire dal TAR?
Comunque, se qualcuno avesse avuto dei dubbi, adesso non ha più alibi, dopo la sentenza del TAR Veneto n. 1438 del 2012.
Scrive il TAR: "la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza, è diretta a consentire al destinatario di ricostruire l'iter logico-giuridico in base al quale l'amministrazione è pervenuta all'adozione di tale atto nonché le ragioni ad esso sottese; e ciò allo scopo di verificare la correttezza del potere in concreto esercitato, nel rispetto di un obbligo da valutarsi, invero, caso per caso in relazione alla tipologia dell'atto considerato (Cons. Stato, sez. V, 4 aprile 2006, n. 1750; sez. IV, 22 febbraio 2001 n. 938, sez. V, 25 settembre 2000 n. 5069).
Ciò che deve ritenersi necessario perché l'atto non risulti inficiato da censure nella sua parte motiva è che in esso siano sempre esternate le ragioni che giustificano la determinazione assunta, non potendo la motivazione espressa in essa esaurirsi in semplici, generiche locuzioni di stile".
Del resto, sono 22 anni che l'articolo 3, comma 1, della L. 241/90 stabilisce che: "1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria".
Qualche volta basterebbe leggere le disposizioni di legge e avere voglia di applicarle.
D. M.
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